Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3585 del 06/11/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3585 Anno 2016
Presidente: SAVANI PIERO
Relatore: AMATORE ROBERTO

SENTENZA
sul ricorso proposto da :
Zanetti Antonio, nato a Pordenone, il 11.10.1970 ;
avverso il provvedimento di determinazione della pena residua
emesso dal PM presso il Tribunale di Pordenone e avverso la
ordinanza del Tribunale collegiale di Pordenone, quale giudice
dell’esecuzione ;
visti gli atti, i provvedimenti impugnati ed il ricorso ;
lette le conclusioni scritte della Procura generale della Corte di
Cassazione, nella persona del Dott. Mario Fraticelli, che ha
concluso per la inammissibilità della istanza di rimessione ;
RITENUTO IN FATTO
Con il provvedimento impugnato il Pm presso il predetto tribunale
determinava la pena residua a carico dell’imputato nella misura
anni 2 e mesi 7 di reclusione chiedeva al Tribunale di Pordenone,
quale giudice della esecuzione, la revoca della revoca
dell’indulto già disposta con sentenza del 19.06.2009.
Avverso il predetto provvedimento ricorre l’imputato personalmente
deducendo la assenza di notifica del provvedimento di rigetto
della ordinanza di misura alternativa alla detenzione del
Tribunale di sorveglianza del 28.10.2014 con conseguente nullità
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Data Udienza: 06/11/2015

dell’arresto ; la errata notifica del provvedimento al difensore ;
mancata concessione dei benefici della legge cd. svuota carceri ;
la illegittimità dell’arresto effettuato in data 31.10.2014 senza
la notifica del decreto di esecuzione ; la violazione del diritto
alla salute.
CONSIDERATO IN DIRITTO

Osserva la Corte che il ricorso, redatto di pugno da parte dello
Zanetti Antonio, risulta essere nel suo contenuto illeggibile per
la maggior parte delle sue allegazioni e dunque già sotto questo
preliminare e peculiare profilo del tutto irricevibile e dunque
inammissibile.
Ma anche a voler interpretare il ricorso così come presentato
dall’odierno ricorrente come una domanda di rimessione del
processo, occorre chiarire che lo scritto sembrerebbe riferirsi
apparentemente a due processi diversi ( uno dei quali avrebbe
dovuto celebrarsi in data 05/11/2014 ), ove lo Zanetti sollecita
la rimessione per «falsità dei reati penali ascritti per odio
razziale del comunisti avverso i fascisti spiati da telecamere GPS
dal ’93 ad oggi, pericolo di vita da sequestro politico di persona
da parte del Tribunale di Pordenone e Tribunale di Sorveglianza di
Trieste – comprato da Pordenone come Roma ladrona, BO, TV,
Napoli,
Livorno, Spoleto, FI, Perugia, Pisa, Terni, VE, VI, VR,
Palermo, Caltagirone, Trapani, Agrigento, Crotone, Alcamo Marina,
Positano, Caserta, Salerno, GO, UD, BZ, TN,
Genova, FI, TO;
falsità di documentazione medica in vs. atti giudiziari etc.,
falsità d’indagine condotte dalla Questura Treviso con Questura
Pordenone e Carabinieri concussi Pordenone, figa e mazzette e
L’istanza prosegue con la “autodichiarazione” che lo
carriera».
scritto – copie del quale sarebbero state trasmesse a giornali
italiani ed esteri – deve intendersi “veritiero ed attendibile”,
e con l’affermazione conclusiva che «il Tribunale di Treviso è
pagato dal colleghi mafiosi di Pordenone su ogni cosa possa
fiutare business, tratte delle schiave del sesso e droga, festini
orgiastici di Stato, Stalin e sx».
Ebbene, va osservato che – anche al di là del vizio formale
segnalato dal Procuratore generale ( che comunque costituisce ex
se motivo di inammissibilità, non avendo lo Zanetti provveduto a
notificare la richiesta alle altre parti del processo di cui
sollecita la rimessione, vale a dire al P.M. ), il tenore
complessivo dell’istanza non ne fa apprezzare un senso compiuto.
Detto altrimenti, risultano del tutto generiche e non argomentate
su fatti concreti le censure circa la disposizione dell’intero
Tribunale di Treviso – come pure dei giudici di molte altre
città, in alcune delle quali non risulta neppure vi siano sedi
giudiziarie – a rendersi complice di condotte illecite già
realizzate od in atto da parte di magistrati in servizio a
Pordenone, non meglio individuati.
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Il ricorso è inammissibile.

Alla inammissibilità consegue, ex art. 616 cpp, la condanna del
ricorrente al versamento, in favore della cassa delle ammende, di
una somma che appare equo determinare in euro 1000.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di Euro 1.000 in
favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 6.11.2015

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