Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35845 del 29/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35845 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Rudenco Oleg, nato a Chisinau (Moldavia) il 07/02/1969,

avverso l’ordinanza del 4/07/2014 del Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Como,

visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
Generale, Oscar Cedrangolo, che ha concluso chiedendo la declaratoria di
inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza del 4 luglio 2014 il Giudice per le indagini preliminari del
Tribunale di Como, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato
inammissibile per difetto delle condizioni di legge l’istanza di Rudenco Oleg, con
la quale lo stesso aveva richiesto il riconoscimento del beneficio della
sospensione condizionale della pena con riguardo alla pena di anni uno di
reclusione ed euro trentamila di multa, applicata nei suoi confronti, ex art. 444
cod. proc. pen., con sentenza del 30/11/2011 irrevocabile il 12/01/2012, per
contrabbando di tabacco lavorato estero (t.l.e.), commesso il 5 marzo 2011; tale

Data Udienza: 29/05/2015

fatto era stato riconosciuto in continuazione con analogo reato di contrabbando,
commesso il 19 marzo 2011, giusta sentenza dell’11/10/2012, anch’essa ex art.
444 cod. proc. pen., di applicazione della pena di mesi due di reclusione ed euro
cinquemila di multa, condizionalmente sospesa, a titolo di aumento per la
continuazione col precedente reato.
Il Giudice ha ritenuto che l’estensione del beneficio della sospensione
condizionale della pena di cui alla seconda pronuncia alla pena inflitta con la

sede esecutiva, incontrando il limite del giudicato; ha osservato che il
riconoscimento della continuazione tra i due fatti era avvenuto nel giudizio di
cognizione, con limitazione del beneficio alla sola pena oggetto della seconda
sentenza; ha rilevato l’inapplicabilità, nel caso di specie, dell’art. 671, comma 3,
cod. proc. pen., che demanda al giudice dell’esecuzione il potere di concedere la
sospensione condizionale della pena solo quando ciò consegua al riconoscimento,
da parte dello stesso giudice, del concorso formale o della continuazione; ha
escluso di dover procedere alla correzione di un preteso errore materiale, in
realtà insussistente, poiché l’accordo tra le parti aveva previsto la sospensione
condizionale della pena solo per il secondo reato e non anche per il primo, e, in
ogni caso, la mancata concessione del beneficio nella prima sentenza avrebbe
dovuto essere rimediata con gli ordinari mezzi di impugnazione non attivati; ha
ritenuto, infine, legittima la concessione parziale del beneficio alla sola pena
inflitta per il reato successivamente giudicato, unito nella continuazione al fatto
precedentemente giudicato per cui non era stato applicato il beneficio.

2. Avverso la predetta ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il
Rudenco tramite il difensore, avvocato Mario Gragnani, il quale denuncia
l’erronea applicazione dell’art. 671 cod. proc. pen. nonché degli artt. 163 e 164
cod. pen.
Il beneficio della sospensione condizionale, oggetto del secondo patto sulla
pena, doveva intendersi esteso alla pena applicata sulla base del primo patto,
avendo il secondo accordo rideterminato l’intera pena in applicazione della
disciplina della continuazione tra i fatti oggetto delle due sentenze emesse ai
sensi dell’art. 444 cod. proc. pen.
Tale esito del procedimento di cognizione non avrebbe bisogno di altre
pronunce giudiziali e sarebbe contrario ad ogni logica sostenere che il potere
riconosciuto al giudice dell’esecuzione, in caso di applicazione della disciplina del
concorso formale o della continuazione, di concedere i benefici di legge sebbene
non disposti in precedenza, non sarebbe invece conferito al giudice della
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prima sentenza, come da richiesta dal Rudenco, non potesse essere disposta in

cognizione che riconosca la continuazione tra un fatto già giudicato e il fatto
sottoposto al suo giudizio.
Giuridicamente errata sarebbe, poi, la tesi Elel_

itel che postula, nel

caso di reato continuato, la legittimità di un frazionamento del beneficio della
sospensione condizionale solo per alcuni dei reati unificati ai sensi dell’art. 81,
secondo comma, cod. pen., e non per tutti; e arbitrario sarebbe far dipendere
l’estensione del beneficio dalla sua previa applicazione al reato più grave cui sia

giudicato.
Il ricorrente ha chiesto, pertanto, l’annullamento dell’ordinanza impugnata.

3. Il Procuratore generale, nella requisitoria depositata il 24 settembre
2014, ha concluso chiedendo l’inammissibilità del ricorso, poiché la questione
dell’omessa concessione del beneficio avrebbe dovuto essere proposta con
l’impugnazione avverso la prima sentenza di applicazione di pena non
condizionalmente sospesa.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
La questione in diritto va correttamente posta nei seguenti termini: se sia
consentito al giudice della cognizione, il quale riconosca la continuazione tra il
fatto sottoposto al suo giudizio ed altro già definitivamente giudicato,
l’applicazione del beneficio della sospensione condizionale all’intera pena
rideterminata per il ritenuto reato continuato, pur quando il medesimo beneficio
non sia stato applicato alla pena inflitta per il reato precedentemente giudicato.
La risposta non può che essere affermativa.
L’applicazione della continuazione in sede cognitiva tra reato già giudicato e
reato sottoposto a giudizio, come il riconoscimento di essa in sede di esecuzione,
comporta la determinazione di una pena unica che spetta al giudice che
riconosce l’identità del disegno criminoso stabilire ai sensi degli artt. 132 e 133
cod. pen., nel rispetto dell’unico limite previsto dall’art. 671, comma 2, cod.
proc. pen., secondo cui la misura della pena finale non può essere superiore alla
somma di quelle inflitte con ciascuna sentenza o decreto.
Il potere di autonoma determinazione della pena per il reato continuato
comporta la facoltà del giudice della cognizione, nel caso di ritenuta
continuazione tra il fatto giudicando e quello già giudicato, di applicare i benefici
previsti dagli artt. 163 e 175 cod. pen. in presenza delle condizioni di legge,
trovando un unico limite nel rispetto del giudicato ove esso abbia espressamente
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successivamente unito, in continuazione, un reato meno grave separatamente

escluso la sospensione condizionale della pena o la non menzione della condanna
con riguardo al reato (o reati) già oggetto di sentenza irrevocabile.
Il principio enunciato è coerente con la giurisprudenza della Corte di
legittimità secondo la quale, in tema di applicazione della continuazione, sia in
sede esecutiva, sia in sede di cognizione allorché il nesso venga riconosciuto con
riferimento a reati che abbiano formato oggetto di sentenza irrevocabile, il
giudice non è vincolato dal divieto di reformatío in peius, di cui all’art. 597,

comma 3, cod. proc. pen., per cui l’unico limite è quello stabilito dall’art. 671,
comma 2, stesso codice, a norma del quale la pena complessiva non può
eccedere la somma di quelle inflitte con ciascuna sentenza o decreto di condanna
(Sez. 1, n. 12704 del 06/03/2008, D’Angelo, Rv. 239376; Sez. 2, n. 43768 del
08/10/2013, Bacio Terracino, Rv. 257664); se ne ricava che, a maggior ragione,
non può ritenersi preclusa una reformatío in melius da parte del giudice della
cognizione, così come espressamente consentito al giudice dell’esecuzione
dall’art. 671, comma 3, cod. proc. pen., con il riconoscimento del beneficio della
sospensione condizionale della pena che non sia stato già concesso nel
precedente giudicato, purché da questo non espressamente escluso;
diversamente opinando si arriverebbe all’aberrante conclusione, correttamente
denunciata dal ricorrente, di attribuire al giudice dell’esecuzione poteri maggiori
di quelli spettanti al giudice della cognizione nella medesima materia (in senso
conforme, con riguardo al potere del giudice dell’esecuzione che non può essere
superiore a quello del giudice della cognizione: Sez. 1, n. 3090 del 30/04/1997,
Improta, Rv. 207966; Sez. 1, n. 3149 del 05/05/1997, Cassarino, Rv. 207421;
Sez. 1, n. 23628 del 17/12/2013, dep. 05/06/2014, Coppedè, Rv. 262331).
Nel caso di specie, quindi, legittimamente il Giudice per le indagini
preliminari del Tribunale di Como, nella seconda sentenza di applicazione della
pena, ex art. 444 cod. proc. pen., emessa dopo il passaggio in giudicato
dell’analoga sentenza precedente, ha riconosciuto la continuazione tra il fatto da
lui giudicato e quello già giudicato con applicazione di pena non
condizionalmente sospesa, determinando un’unica pena compatibile con il
beneficio previsto dall’art. 163 cod. pen., che, pertanto, ha correttamente
applicato all’intera pena, ricorrendone i presupposti di legge.
In conclusione, la tesi propugnata nel provvedimento impugnato è erronea,
laddove vincola alla precedente determinazione sanzionatoria il giudice della
cognizione che riconosca la continuazione tra il fatto da giudicare e quello già
giudicato, attribuendogli poteri inferiori a quelli riconosciuti al giudice
dell’esecuzione dall’art. 671, comma 3, cod. proc. pen.; ed è aberrante, laddove
sostiene la possibilità di frazionare il beneficio della sospensione condizionale
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Cfr

della pena, in caso di reato continuato, riconoscendolo solo per alcune delle
violazioni unificate e non per l’intera pena, in contrasto con la struttura e la
finalità dell’istituto della continuazione, ex art. 81, secondo comma, cod. pen.,
che postula un unico trattamento sanzionatorio, a favore del condannato, in
funzione mitigatrice della pena.

2. L’ordinanza impugnata deve essere, allora, annullata senza rinvio,

della sospensione condizionale all’intera pena di anni uno, mesi due di reclusione
ed euro 35.000 (trentacinquemila) di multa, applicata in sede di riconosciuta
continuazione con il fatto oggetto della precedente sentenza del 30 novembre
2011.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata dando atto che, con la sentenza
11/10/2012 del Tribunale di Como, fu concessa la sospensione condizionale
dell’intera pena di anni uno, mesi due di reclusione ed euro 35.000
(trentacinquemila) di multa.
Si comunichi al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Como.

Così deciso il 29 maggio 2015.

dandosi atto della concessione, nella sentenza dell’Il ottobre 2012, del beneficio

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