Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35845 del 12/03/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 35845 Anno 2013
Presidente: FOTI GIACOMO
Relatore: VITELLI CASELLA LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
D’AURIA ERMANNO N. IL 27/12/1969
avverso la sentenza n. 965/2011 CORTE APPELLO di SALERNO, del
27/03/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 12/03/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCA VITELLI CASELLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. k•Ov -IF1■1– e-e/Z tV’A-4
che ha concluso per D.
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Udito, per la pa e civile, l’Avv
Uditi dife or Avv.

Data Udienza: 12/03/2013

-1- D’Auria Ermanno propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte
d’Appello di Salerno, del 27 marzo 2012, che ha confermato la sentenza del giudice
monocratico del Tribunale di Nocera Inferiore, del 1 ottobre 2009, che lo ha ritenuto
colpevole del delitto di lesioni colpose commesse, con violazione delle norme sulla
prevenzione degli infortuni sul lavoro, in pregiudizio di Tramontano Bonaventura.
Secondo l’accusa, condivisa dai giudici del merito, l’imputato, nella sua qualità di legale
rappresentante della “Teknofondazioni s.r.l.”, che aveva subappaltato i lavori di scavo per la
realizzazione di un’opera pubblica nel comune di Pagani, per colpa generica e specifica quest’ultima ricondotta alla violazione degli artt. 181 del d.p..r. n. 547/1955, 21 e 35 in
relazione all’art. 89 del d.lvo n. 626/1994- nell’utilizzazione di una trivella, avendo omesso
di curare l’utilizzazione di un’idonea imbracatura della gabbia collegata alla predetta trivella,
nonché di esporre e far rispettare le regole di circolazione per le attrezzature di lavoro in
manovra in zone di lavoro e di adottare misure dirette ad evitare che i lavoratori a piedi
subissero danni da tali attrezzature, ha cagionato al Tramontano, colpito dalla caduta della
gabbia sospesa alla trivella, lesioni gravi giudicate guaribili tra 10 e 40 giorni.
All’affermazione di responsabilità, i giudici del merito sono pervenuti, avendo privilegiato
la ricostruzione dell’incidente operata dal teste ing. Domenico Maresca (che ricopriva
l’incarico di ispettore dei lavori nella fase in cemento armato), il quale vi aveva assistito
perché, in compagnia del Tramontano, si trovava sul cantiere e si era portato nello scavo per
verificare un’anomalia nel getto di cemento, in precedenza segnalata. In tale occasione,
mentre, dopo avere eseguito il controllo, si trovava, con il Tramontano, nella rampa di
risalita, aveva visto la gabbia cadere ed investire il Tramontano.
Tale versione, riscontrata, secondo gli stessi giudici, dalle fotografie scattate nella
immediatezza del fatto, è stata ritenuta più attendibile di quella resa dall’ispettore ASL
Giuseppe D’Ambrosio che, chiamato dopo l’incidente, l’aveva ricostruito attraverso quanto
appreso dai presenti.
Il D’Auria, hanno poi sostenuto ambedue i giudici del merito, nella qualità di
rappresentante legale dell’impresa che aveva subappaltato i lavori di scavo, aveva una
posizione di garanzia con riguardo ai rischi di quanti, per qualsiasi ragione, avessero avuto
accesso al cantiere, in relazione all’obbligo, allo stesso riconducibile, di adottare le più
idonee misure di sicurezza e di controllarne il puntuale rispetto.
-2- Avverso detta sentenza ricorre per cassazione il D’Auria, che deduce:
a) Violazione degli artt. 151, 161 e 170 cod. proc. pen. in relazione alla notifica
all’imputato contumace dell’estratto della sentenza della corte d’appello, effettuata a mezzo
posta in mani di soggetto diverso dall’imputato, senza che si fosse fatto seguito alla
spedizione di lettera raccomandata per informare l’interessato dell’avvenuta notifica;
b) Violazione dell’art. 603 cod. proc. pen. con riguardo al rigetto, con motivazione ritenuta
illogica, della richiesta di rinnovazione del dibattimento al fine di procedere alla
ricostruzione dell’incidente;
c) Vizio di motivazione e violazione del principio di correlazione tra accusa contestata e
sentenza. Inesistente sarebbe, secondo il ricorrente, la colpa generica, posto che
all’imbracatura non aveva provveduto l’imputato bensì l’addetto alla trivellatrice; mentre,
con riguardo alla colpa specifica, non sarebbe stato accertato il rapporto di causalità tra le
violazioni contestate e l’evento.
Considerato in diritto.
Il ricorso è infondato.

Ritenuto in fatto.

-2- Generico ed aspecifico, rispetto alle argomentazioni svolte dai giudici del merito circa
l’inutilità di procedere alla rinnovazione del dibattimento, è il secondo motivo di ricorso.
A tale proposito, invero, la corte territoriale, con motivazione assolutamente congrua e
coerente sotto il profilo logico, ha legittimamente ritenuto non necessario procedere ad
ulteriori approfondimenti istruttori, posto che gli elementi probatori acquisiti consentivano
una completa valutazione dei fatti e l’individuazione delle relative responsabilità.
Più specificamente, la stessa corte, approfondendo i temi sottoposti dall’imputato con l’atto
di appello, ha rilevato le ragioni per le quali:
a) ha ritenuto più credibile la ricostruzione dei fatti proposta dal teste ing. Domenico
Maresca, rispetto a quella proveniente dall’ispettore della Sipsal dell’azienda sanitaria di
Nocera Inferiore, dott. Giuseppe D’Ambrosio; ragioni già individuate dal giudice di primo
grado:
-nelle specifiche competenze tecniche del Maresca che, a differenza del D’Ambrosio, è un
ingegnere, presente in cantiere sul luogo ed al momento dell’incidente, in compagnia della
persona offesa, Tramontano Bonaventura;
-nell’essere stato, lo stesso Maresca, testimone oculare dell’incidente, del quale aveva
avuto, quindi, diretta visione, diversamente dal D’Ambrosio che, giunto sul cantiere a
distanza di qualche ora dal fatto, ha ricostruito gli avvenimenti attraverso le dichiarazioni
rese da altre persone presenti in cantiere, neanche nominativamente indicate;
-nelle incertezze manifestate dallo stesso D’Ambrosio in ordine all’esistenza in cantiere di
divieti di accesso e di cartelli segnalatori di pericolo; esistenza dapprima negata ed in seguito
ammessa; incertezze evidentemente significative in punto di credibilità del teste;
-nel riscontro della ricostruzione proposta dal Maresca costituito dalla documentazione
fotografica in atti, che ha consentito di conoscere in tempo reale le varie fasi dell’attività
lavorativa;
b) ha ritenuto non necessaria l’audizione del m.11o Matarrese, intervenuto sul cantiere dopo
l’incidente ed indicato nella lista testimoniale del PM; lista, peraltro, giustamente ritenuta
dalla corte d’appello implicitamente revocata per la parte relativa a detto teste, alla cui
audizione, fissata in udienze successive, il primo giudice non aveva potuto procedere;
nessuno, peraltro, ha opportunamente soggiunto la stessa corte, ha insistito per l’audizione
del sottufficiale, né ha sollevato obiezioni di sorta in ordine alle decisioni adottate in
proposito dal giudice di primo grado;
c) ha ritenuto non necessaria l’audizione di altri testi, in particolare di quelli dai quali il
teste D’Ambrosio aveva acquisito le informazioni per la ricostruzione dell’incidente; a tale
proposito è stata dalla stessa corte rilevata l’irrilevanza della richiesta prova testimoniale, sia
perché già assunta attraverso il D’Ambrosio, sia perché avente ad oggetto fatti sui quali erano
state già acquisite anche la testimonianza del Maresca e la documentazione fotografica sopra
indicata;

3

-1- Quanto al primo dei motivi proposti, osserva la Corte che dagli atti, ai quali si è ritenuto
di accedere per verificare la fondatezza della dedotta doglianza, emerge: a) che il luogo di
notifica all’imputato contumace dell’estratto della sentenza di appello è stato individuato nel
luogo di residenza dello stesso, cioè in Teverola (CE), via Roma 2 traversa n. 1 (tale indicato
dallo stesso imputato anche nell’atto di appello) ove, è stato specificato nell’intestazione
della sentenza di primo grado, il D’Auria ha eletto domicilio; b) che la ricezione presso il
predetto domicilio del plico contenente il citato documento è stata rifiutata; c) che lo stesso
plico è stato depositato presso l’ufficio postale ed è stato poi ritirato dal destinatario per il
tramite della segretaria, a ciò incaricata.
La notifica, quindi, deve ritenersi regolarmente avvenuta.

-3- Manifestamente infondato è il terzo motivo di ricorso.
I giudici del merito, dopo attento esame degli atti, hanno correttamente ritenuto,
richiamando la testimonianza resa dall’ing. Maresca, che l’infortunio è stato causato dalla
errata ed improvvida manovra eseguita dall’addetto alla trivellatrice, Russo Michele, che
aveva estratto, dallo scavo di fondazione praticato nel terreno, la parte più lunga della gabbia
(armatura) in ferro -al cui interno, dopo essere stata posizionata nello scavo, doveva essere
gettato il cemento- composta da due elementi che, malamente legati tra loro da una
imbracatura che si era poi rotta, erano precipitati al suolo colpendo il Tramontano.
Tale operazione, hanno aggiunto gli stessi giudici, era stata eseguita in maniera, oltre che
maldestra, anche imprudente, perché indifferente rispetto alla presenza sul posto del
Tramontano e dello stesso ing. Maresca, scesi nello scavo per talune verifiche tecniche;
presenza che era stata accompagnata dell’avviso di sospensione di lavori, per consentire dette
verifiche, e seguita, al termine delle stesse, dalla tempestiva, e pure inascoltata, segnalazione
di risalita dei due tecnici dallo scavo.
Alla stregua della puntuale ricostruzione dei fatti, giustamente è stata affermata la
responsabilità dell’odierno ricorrente al quale, in quanto legale rappresentante della ditta che
aveva subappaltato i lavori di scavo, dovevano essere ricondotte le maldestre ed imprudenti
operazioni poste in essere dall’addetto alla macchina trivellatrice, appena assunto. Così come
a lui è stato correttamente addebitata l’omessa vigilanza del lavoratore e la mancata verifica
dell’esatta osservanza, da parte dello stesso, delle disposizioni concernenti le mansioni
attribuitegli, nonché la mancata formazione dello stesso lavoratore che, dimostrando di
ignorare le più elementari norme di sicurezza, ha eseguito una manovra azzardata malgrado
la presenza dei due tecnici che stavano risalendo dallo scavo.
Inesistenti sono, quindi, i vizi denunciati e vani i tentativi del D’Auria di addossare ad altri
le proprie responsabilità che, d’altra parte, ove anche ulteriormente esistenti e ad altri
ascrivibili, certamente non eliminerebbero quelle attribuite all’odierno ricorrente, nulla
rilevando, peraltro, come hanno correttamente sostenuto i giudici del merito, l’assenza dello
stesso dal cantiere al momento dell’incidente.
Quanto al riferimento, nell’articolazione del motivo di ricorso in esame, alla persona di
Russo Michele, manovratore della trivella, ed in particolare all’indicazione dello stesso quale
“proprietario della trivellatrice noleggiata”: riferimento che sembra diretto a sostenere la
insussistenza di condotte colpose attribuibili all’imputato, rileva la Corte la non rispondenza
al vero di tale indicazione. Ciò non solo perché i giudici del merito hanno sempre sostenuto
che alla trivella noleggiata erano stati addetti due dipendenti della ditta: il manovratore
(Russo Michele), assunto il giorno prima, ed un operaio di supporto, né solo perché tali
affermazioni non sono mai state smentite dall’imputato, ma anche perché nello stesso atto di
appello costui aveva sostenuto, a fronte dell’addebito di avere affidato la macchina
trivellatrice ad un operaio appena assunto, che la preparazione tecnica dell’operatore non
poteva esser dedotta dalla data dell’assunzione, bensì dalle effettive capacità professionali
dello stesso; capacità che, nel caso del Russo, sarebbero indiscutibili, donde la richiesta di
acquisizione agli atti, sul punto, della necessaria documentazione, peraltro mai prodotta.
Affermazione e richiesta che implicano il riconoscimento, da parte del ricorrente, della
posizione del Russo di semplice manovratore, non anche di proprietario della trivella
noleggiata.
-4- In conclusione, il ricorso deve essere rigettato ed il ricorrente condannato al pagamento
delle spese processuali.

d) ha rilevato la genericità della richiesta di produzione documentale concernente la
qualifica professionale dell’addetto alla macchina trivellatrice, solo preannunciata
dall’imputato e mai effettivamente prodotta;

P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 12 marzo 2013.

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