Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35842 del 29/05/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35842 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: MAZZEI ANTONELLA PATRIZIA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
Donati Lorenzo, nato a Massa il 4/02/1978,
avverso l’ordinanza del 4/06/2014 del Tribunale di Massa,
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Antonella Patrizia Mazzei;
lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale, Giulio Romano, che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio
del provvedimento impugnato.
RITENUTO IN FATTO
1. Con l’ordinanza in epigrafe indicata il Tribunale di Massa, giudice
dell’esecuzione, a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 32 del
2014, ha rideterminato la pena applicata a Donati Lorenzo, già giudicato con due
sentenze rese ai sensi dell’art. 444 cod. proc. pen., entrambe per reato
qualificato a norma dell’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990: la prima del
13/10/2011 recante applicazione della pena finale (condizionalmente sospesa) di
anni due di reclusione ed euro cinquemila di multa, e la seconda del 10/10/2013
di applicazione della pena di anni uno e mesi tre di reclusione a titolo di aumento
di quella irrogata con la prima sentenza, previo riconoscimento del vincolo della
continuazione tra i due fatti.

Data Udienza: 29/05/2015

Nel rideterminare la pena, il Tribunale ha applicato, in conformità della
richiesta difensiva non contrastata dal pubblico ministero pur informato e
convocato per l’udienza camerale, la pena complessiva di anni uno e mesi dieci
di reclusione ed euro cinquemila di multa per i due reati già unificati nella
continuazione, reputata più grave la pena inflitta con la prima sentenza; ha,
però, negato la richiesta sospensione condizionale di tale pena sulla base della
seguente motivazione: peso complessivo dello stupefacente, emergente dalle

sentenze, apprezzato come non trascurabile; stile di vita del Donati, assuntore di
stupefacenti in agiate condizioni economiche, con la conseguente prognosi di non
astensione dello stesso da condotte di compulsivo accumulo di quantità rilevanti
di droghe.

2. Ricorre per cassazione il Donati tramite i suoi difensori per denunciare
violazione ed errata applicazione degli artt. 163 e 164, comma primo, cod. pen.;
671 cod. proc. pen.; 186 disp. att. cod. proc. pen.
Il giudice dell’esecuzione avrebbe violato il giudicato per aver formulato la
prognosi di non astensione del condannato dalla commissione di altri reati sulla
base di elementi fattuali diversi da quelli considerati dal giudice della cognizione
nelle due sentenze suddette, il quale aveva sottolineato la destinazione della
droga ad uso personale del Donati ravvisando, in entrambi i giudizi, l’ipotesi di
lieve entità e concedendo il beneficio della sospensione condizionale con riguardo
alla prima condanna.
Il giudice dell’esecuzione avrebbe, inoltre, violato i parametri normativi che
disciplinano il beneficio della sospensione condizionale della pena, avendolo
negato per ragioni non integranti una prognosi penalmente negativa, sulla base
del solo presunto pericolo di prolungato uso personale di droghe da parte del
Donati, favorito dalle sue non modeste condizioni economiche.

3. Il Procuratore generale, nella requisitoria depositata il 18 settembre
2014, ha concluso a favore dell’accoglimento del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
La Corte di cassazione, nella sua più autorevole composizione, con sentenza
del 26 febbraio 2015, di cui è stata diramata l’informazione provvisoria non
risultando ancora depositata la motivazione, ha risposto in senso affermativo, a
norma degli artt. 444 e 673 cod. proc. pen. e 188 disp. att. cod. proc. pen., al
quesito se la pena applicata su richiesta delle parti per i delitti previsti dall’art.
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cifr

73 d.P.R. n. 309 del 1990 in relazione alle droghe cosiddette leggere, con
pronuncia divenuta irrevocabile prima della sentenza della Corte costituzionale n.
32 del 2014, debba essere necessariamente rideterminata in sede di esecuzione,
con la precisazione che tale rideterminazione postula la rinegoziazione
dell’accordo tra le parti, ratificato dal giudice dell’esecuzione, che viene
interessato attraverso l’incidente di esecuzione attivato dal condannato o dal
pubblico ministero; e che, solo in caso di mancato accordo, il giudice

agli artt. 132 e 133 cod. pen.
Alla luce della lezione che precede il giudice dell’esecuzione è incorso, nel
caso di specie, in due errori di diritto cui va anteposta la premessa che segue.
La nuova richiesta di pena formulata dal destinatario di sentenza a norma
dell’art. 444 cod. proc. pen., per fatto in tema di droghe cosiddette leggere
punito dall’art. 73 d.P.R. n. 309 del 1990 con sanzione dichiarata
costituzionalmente illegittima, giusta sentenza della Corte costituzionale n. 32
del 2014 determinante la reviviscenza
della più mite norma antecedente, deve
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ritenersi accettata dal pubblico ministero, ai sensi dell’art. 188 disp. att. proc.
pen., quando la parte pubblica, come nel caso di specie, dopo aver preso
cognizione della nuova pena richiesta dal condannato, si sia rimessa alla
decisione del giudice dell’esecuzione.
1.1. Ciò posto, il primo errore del giudice dell’esecuzione consiste nell’avere
ratificato in modo incompleto il rinnovato accordo delle parti sulla pena, applicata
a norma dell’art. 444 cod. proc. pen. con entrambe le sentenze irrevocabili del
13/10/2011 e del 10/10/2013, di cui la seconda già aveva riconosciuto il vincolo
della continuazione tra i due fatti: la proposta dell’interessato, infatti, era
subordinata alla sospensione condizionale della pena rinegoziata in anni uno e
mesi dieci di reclusione ed euro cinquemila di multa, in luogo della precedente
pena unica di anni tre e mesi tre di reclusione oltre alla multa, con indicata pena
base di anni uno e mesi sei inferiore alla precedente pena base di anni due di
reclusione, pur dichiarata condizionalmente sospesa, di cui alla prima sentenza
irrevocabile del 13/10/2011.
Il diniego del beneficio, invero, avrebbe dovuto comportare il rigetto della
richiesta a norma dell’art. 444, comma 3, cod. proc. pen., e non l’applicazione
della pena con modalità diverse da quelle convenute tra le parti.
1.2. Il secondo errore del giudice dell’esecuzione consiste nell’aver
giustificato la negata sospensione condizionale della pena, non con un giudizio
prognostico negativo di tipo criminale, bensì con una prognosi di probabile futuro
acquisto e accumulo di droga da destinare all’uso personale, favorito anche dalle
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dell’esecuzione provvede alla rideternninazione della pena in base ai criteri di cui

agiate condizioni economiche del condannato, indicato come assiduo
consumatore di sostanze stupefacenti di vario tipo.
Trattasi, con ogni evidenza. di una motivazione che contraddice lettera e
finalità della disciplina in tema di sospensione condizionale della pena, la quale
non postula, alla luce dei criteri indicati nell’art. 133 cod. pen. richiamati dall’art.
164, primo comma, dello stesso codice, la previsione di una generica buona
condotta futura del condannato, conforme alle regole della convivenza sociale

stesso da comportamenti suscettibili di sanzione penale e solo da essi; mentre,
nel caso in esame, è stato presunto solo l’uso personale di droghe, seppure
preceduto dalla costituzione di consistenti riserve di sostanze stupefacenti da
consumare nel tempo.
Ne discende l’illegittimità del diniego di sospensione condizionale della pena,
come rideterminata dalle parti a norma dell’art. 188 disp. att. cod. proc. pen.

2. Si impone, pertanto, l’annullamento senza rinvio del provvedimento
impugnato con la statuizione illegittimamente omessa e adottabile già in questa
sede, a norma dell’art. 620, comma 1, lett. I), cod. proc. pen., ossia l’ordine di
sospensione condizionale della pena che va disposto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio l’ordinanza impugnata relativamente al diniego della
sospensione condizionale della pena, sospensione che dispone.
Si comunichi al Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Massa.
Così deciso il 29 maggio 2015.

ancorché non penalmente sanzionate, bensì la presunzione di astensione dello

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