Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35815 del 30/04/2015


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35815 Anno 2015
Presidente: CORTESE ARTURO
Relatore: LA POSTA LUCIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
VITALE GIOVANNI N. IL 27/09/1982
SERRA GIOVANNI N. IL 10/10/1984
avverso la sentenza n. 4123/2013 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 31/01/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/04/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. LUCIA LA POSTA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 0■ Po\r6-te(
che ha concluso per

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Data Udienza: 30/04/2015

RITENUTO IN FATTO

1. In data 31.1.2014 la Corte di appello di Palermo, in parziale riforma della
sentenza del Gup del Tribunale della stessa sede, esclusa l’aggravante di cui all’art. 7
d.l. n. 152 del 1991, riduceva ad anni tre e mesi sei di reclusione e ad anni due e
mesi quattro di reclusione la pena inflitta rispettivamente a Vitale Giovanni e Serra
Giovanni ritenuti colpevoli del reato di cui agli artt. 110, 424 comma secondo, in
relazione all’art. 423 cod. pen., per avere, anche in concorso con Serra Pietro,

microcar Piaggio Ligea di Amato Giovanni, nella disponibilità di Amato Giuseppe,
nonché, la persiana della porta d’ingresso ed il prospetto dell’abitazione di
quest’ultimo, fatto commesso in Partinico 1’11.11.10; rideterminava, altresì, le pene
accessorie e la misura di sicurezza disposta nei confronti dei predetti, confermando
nel resto la sentenza di primo grado. Assolveva, invece, dal suddetto reato Serra
Pietro per non avere commesso il fatto.

2. Hanno ricorso per cassazione Vitale Giovanni e Serra Giovanni, a mezzo
dei difensori di fiducia, con atti separati.
2.1. il Vitale denuncia il vizio di motivazione in ordine alla responsabilità per
il reato di danneggiamento seguito da incendio. Pur non escludendo la valenza
indiziaria della conversazione intercettata a bordo della autovettura di Serra
Giovanni mentre erano intenti ad individuare un immobile, ad avviso del
ricorrente non sussiste la pluralità di indizi gravi e concordanti necessaria ai fini
della prova. Evidenzia come la sentenza impugnata non abbia indicato chi fosse il
materiale esecutore dell’ordine in ipotesi impartito dal Vitale, essendo stati
assolti gli altri due coimputati originariamente indicati come esecutori. Afferma la
contraddittorietà della motivazione laddove valorizza la circostanza dell’incontro
avvenuto presso il ristorante che, invece, è stata ritenuta insufficiente ai fini
dell’affermazione della responsabilità di Serra Pietro; né, del resto, sono stati
individuati contatti dell’imputato con altri soggetti con i quali realizzare il
progetto criminoso, benché sia stato oggetto di attenzione investigativa sin dal
momento della sua scarcerazione nel marzo 2010.
Contesta, ancora, la affermata riconducibilità dell’episodio all’estorsione
tentata in danno dell’Amato da parte del Bommarito che non ha trovato alcun
riscontro fattuale; nè può avere alcun rilievo la circostanza che il
danneggiamento sia avvenuto pochi giorni dopo il contatto del predetto con
l’Amato.
Del resto, le argomentazioni dei giudici di merito sono contraddette dalla
circostanza che nel medesimo periodo si fossero verificati plurimi attentati

incendiato al fine di danneggiare mediante liquido infiammabile il quadriciclo

incendiari a scopo di danneggiamento con modalità analoghe, evidentemente
riconducibili ad azioni vandaliche estemporanee.

2.2. Serra Giovanni, a mezzo del difensore di fiducia, denuncia con il primo
motivo di ricorso la violazione di legge e il vizio della motivazione con riferimento
alla prova della responsabilità. Lamenta che la Corte d’appello ha confermato la
condanna, pur avendo assolto il fratello Pietro valorizzando il contenuto di una
conversazione con il predetto, risultando in tal modo compromessa la tenuta

Rileva che nei motivi di appello era stato evidenziato come la persona offesa
avesse riferito di aver appreso che il danneggiamento subìto non era
riconducibile al Vitale; inoltre, gli stessi giudici di merito hanno riconosciuto che il
Vitale non riveste alcun ruolo di vertice in sodalizi mafiosi, che non risulta
coinvolto negli attentati incendiari verificatisi nel medesimo periodo, nè aveva
alcun interesse per l’appalto in relazione al quale la persona offesa avrebbe
ricevuto una richiesta estorsiva. L’unica conversazione intercettata tra il
ricorrente e di Vitale non può sostenere adeguatamente la ricostruzione
probatoria operata dalla Corte d’appello che ha escluso, altresì, la rilevanza
indiziaria dell’incontro avvenuto al ristorante dei suoceri del ricorrente il giorno
precedente al fatto.
In secondo luogo, il ricorrente deduce la violazione di legge il vizio di
motivazione con riferimento al mancato riconoscimento delle circostanze
attenuanti generiche, tenuto conto della giovanissima età, dell’incensuratezza e
della marginalità del ruolo, nonché, dell’esclusione della aggravante di cui all’art.
7 d.l. n. 152 del 1991.
Infine, contesta la conferma delle statuizione civili con riferimento alla
condanna al risarcimento dei danni in favore delle associazioni specificamente
indicate, pur essendo stata esclusa l’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del
1991 ed essendo il ricorrente estraneo alla fase ideativa e al movente ed
essendo stata esclusa, peraltro, la responsabilità del Vitale in relazione al
tentativo di estorsione ai danni dell’Amato.
Manca, quindi, qualsivoglia motivazione in ordine all’esistenza di un danno
patito dalle costituite parti civili eziologicamente riconducibile alla condotta del
ricorrente.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I rilievi mossi dai ricorrenti in ordine alla prova della responsabilità sono
manifestamente infondati.

logica della motivazione.

Come è noto, il giudice di legittimità è chiamato a svolgere un controllo sulla
persistenza o meno di una motivazione effettiva, non manifestamente illogica e
internamente coerente, a seguito delle deduzioni del ricorrente concernenti atti
del processo. Tale controllo, per sua natura, è destinato a tradursi – anche a
fronte di una pluralità di deduzioni connesse a diversi atti del processo e di una
correlata pluralità di motivi di ricorso – in una valutazione, di carattere
necessariamente unitario e globale, sulla reale esistenza della motivazione e
sulla permanenza della resistenza logica del ragionamento del giudice.

motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal giudice di
merito, perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità
esplicativa.
Esaminati in detta ottica, i rilievi e gli argomenti di entrambi i ricorrenti in
punto di prova della responsabilità per il reato contestato sono palesemente
inidonei a fondare i censurati vizi, sostanziandosi nella rappresentazione di una
possibile diversa valutazione di alcune circostanze emerse nel processo non
sufficienti a contraddire la complessiva analisi degli elementi acquisiti, operata in
maniera conforme dai giudici di primo e secondo grado in conformità dei criteri di
valutazione di cui all’art. 192 cod. proc. pen. ed esplicitata attraverso una
motivazione esente da manchevolezze, da evidenti incongruenze o da interne
contraddizioni.
Invero, la Corte di appello ha richiamato la decisione di primo grado dando
atto che la responsabilità degli imputati è stata affermata sulla base della
valutazione complessiva di una pluralità di elementi di fatto: la personalità e
l’inserimento di Vitale Giovanni nella famiglia mafiosa di Partinico; i rapporti di
frequentazione intrattenuti dagli imputati, comprovati dai plurimi contatti
telefonici intercorsi fra gli stessi; le risultanze delle intercettazioni telefoniche ed
ambientali effettuate il giorno precedente al fatto in contestazione e dei
conseguenti accertamenti da parte investigatori.
In specie, il 10.11.10, tra le ore 11.31 e le 12.22, vi era stato un incontro
tra tutti gli imputati presso il bar ristorante gestito dai suoceri di Serra Giovanni;
subito dopo il Vitale e Serra Giovanni, a bordo dell’autovettura di quest’ultimo,
avevano effettuato ben quattro sopralluoghi presso l’abitazione della vittima,
Amato Giuseppe, infatti, dai commenti captati emergeva senza dubbio che
stavano individuando l’abitazione e l’autovettura dell’Amato. Inoltre, risultava
univocamente che il Vitale aveva dato disposizione di provvedere al
danneggiamento (“Gli date fuoco” cui seguiva la risposta affermativa del Serra
(“Salendo… dopo… Abbruciamo”); anche nella successiva conversazione tra

Al giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla

Serra Giovanni ed il fratello Pietro si faceva nuovamente riferimento
all’abitazione dell’Amato, alla facciata dell’immobile ed alla esecuzione
dell’attentato incendiario.
Il giudice di appello, quindi, ha confermato la valutazione di primo grado in
ordine alla univocità di tutti gli elementi posti a fondamento della affermazione di
responsabilità del Vitale e di Serra Giovanni quanto al coinvolgimento diretto nel
danneggiamento avvenuto il giorno successivo. Tale valutazione – diversamente da
quanto si sostiene da parte dei ricorrenti – non è contraddetta dalle conclusioni cui è

Pietro all’azione criminosa. Infatti, i giudici di secondo grado hanno ritenuto che la
circostanza accertata che il predetto il 10.11.2010 si trovasse a bordo della propria
auto insieme al Lo Biundo – prosciolto dal Gup – con il quale si era recato presso
l’abitazione dei Serra ed che l’auto era rimasta nello stesso posto sino alle 6,41 del
giorno successivo, quando i predetti erano tornati al centro di Partinico, lasciasse
spazio al dubbio, nonostante fosse stata accertata la presenza di Serra Pietro al
momento dell’incontro con gli altri imputati presso il ristorante, tenuto conto che
l’azione criminosa che si era verificata nella notte tra il 10 e 1’11 novembre tra le ore
15 e le 15,30, che la presenza al ristorante poteva avere una spiegazione alternativa,
trattandosi dell’attività gestita dai parenti, e che la conversazione telefonica avvenuta
alle 7,53 dell’Il novembre con il Vitale non aveva significato univoco nel senso
indicato dal primo giudice.
I giudici di appello, del resto, hanno esaminato tutti i rilievi difensivi dando conto
della inidoneità degli stessi a contraddire i plurimi elementi di prova a carico dei
ricorrenti. Ed hanno evidenziato come la persona offesa, Amato Giuseppe, ritenuta
attendibile, non avesse escluso che il responsabile fosse il Vitale, avendo, invece,
riferito di avere ricevuto una richiesta estorsiva da Bommarito Alfonso che aveva
ritenuto proveniente dal Vitale, ma quindici giorni dopo il danneggiamento il
Bommarito si era presentato chiedendo se avesse parlato con qualcuno della richiesta
escludendo che responsabile del danneggiamento fosse il Vitale.
Gli indizi acquisiti sono stati ritenuti, quindi, dalla Corte di appello gravi
precisi e concordanti ai fini dell’affermazione della responsabilità degli imputati,
al di là di ogni ragionevole dubbio, all’esito di una valutazione unitaria
rispondente ai criteri di cui all’art. 192 cod. proc. pen. rispetto alla quale il
giudice di legittimità non può esercitare il controllo sul significato concreto di
ciascun indizio, avendo soltanto il compito di verificare l’adeguatezza e la
coerenza logica delle argomentazioni con le quali sia stata dimostrata la valenza
probatoria dei vari indizi, in se stessi e nel loro reciproco collegamento (Sez. 6,
n.1898, 17/11/1992, Altamura, rv. 193781; Sez.6, n. 20474, 15/11/2002,
Caracciolo, rv. 225245).

pervenuta la Corte di appello con riferimento alla prova della partecipazione di Serra

2.

Non sono fondate le censure del Serra in ordine al mancato

riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, avendo i giudici di merito
evidenziato che, in forza del dettato dell’art. 62 -bis cod. pen., così come
modificato a seguito della novella legislativa del 2008, l’assenza di precedenti
condanne per altri reati a carico del condannato non può essere, per ciò solo,
posta a fondamento della concessione delle circostanze di cui al primo comma,
sicché, per il semplice stato di incensuratezza l’imputato non può essere ritenuto
meritevole delle circostanze attenuanti generiche, ed avendo valorizzato la

3. E’, invece, fondato, ad avviso del Collegio, il rilievo del Serra avuto
riguardo alla conferma delle statuizione civili con riferimento alla condanna al
risarcimento dei danni, pur essendo stata esclusa l’aggravante di cui all’art. 7 d.l.
n. 152 del 1991 ed essendo ed essendo stata esclusa la responsabilità del Vitale
in relazione al tentativo di estorsione ai danni dell’Amato, in favore delle
associazioni Centro studi Pio La Torre, Associazione onlus comitato «addio
pizzo» e associazione «libero futuro».
Invero, come il primo giudice, la Corte di appello ha ritenuto che le condotte
accertate a carico di ognuno degli imputati, commesse nel contesto della
criminalità organizzata di Cosa Nostra, avessero recato offesa diffusamente ai
beni della vita, presupposti dell’azione di tutela e promozione delle politiche sul
territorio, pure fissati nei rispettivi programmi statutari delle associazioni e che
l’accertamento delle lesioni effettive delle aspettative e dei diritti delle
associazioni medesime comporta il riconoscimento della tutela risarcitoria del
danno per equivalente economico a carico degli imputati contro cui l’azione civile
è stata esercitata e che sono stati condannati.
Tuttavia, deve rilevarsi che, secondo l’imputazione, la potenziale capacità
lesiva del fatto contestato in pregiudizio dei suddetti enti, derivante dalla lesione
del loro scopo sociale, era collegato esclusivamente alla contestazione della
circostanza aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152 del 1991 che non è stata
ritenuta sussistente; così che, il risarcimento del danno non può essere
ricondotto ad altre conseguenze della condotta penalmente rilevante degli
imputati condannati..
Per tali ragioni la sentenza impugnata deve essere annullata nei confronti di
Serra Giovanni e, per estensione, altresì nei confronti di Vitale Giovanni
limitatamente alle statuizioni civili in favore del Centro studi Pio La Torre,
dell’Associazione comitato «addio pizzo» e dell’ Associazione antiracket libero
futuro, revocando dette statuizioni.

P.Q.M.

gravità del fatto e dei danni, sia materiali che psicologici provocati alle vittime.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata nei confronti di Serra Giovanni
e, per estensione, di Vitale Giovanni limitatamente alle statuizioni civili in favore
del Centro Studi Pio La Torre, Associazione comitato addio pizzo e Associazione
antiracket libero futuro, statuizioni che revoca;
rigetta nel resto i ricorsi.

Così deciso, il 30 aprile 2015.

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