Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35805 del 23/06/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 35805 Anno 2015
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: CARCANO DOMENICO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RUSTICO PASQUALE N. IL 21/02/1985
avverso l’ordinanza n. 1109/2014 TRIB. LIBERTA’ di REGGIO
CALABRIA, del 06/02/2015
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. DOMENICO
CARCANO;
1~3I-sentite le conclusioni del PG Dott. l’FlAS2)A

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Data Udienza: 23/06/2015

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Ritenuto in fatto
1.11 Tribunale di Reggio Calabria, quale giudice di rinvio all’esito dell’annullamento
dell’ordinanza di riesame, con ordinanza del 6 febbraio 2015 ha confermato il provvedimento di
custodia in carcere adottata 17 dicembre 2013 dal giudice per le indagini preliminari nei
confronti di Pasquale Rustico per i delitti:
a) di partecipazione ad associazione stampo mafioso (locale di Oppido Mamertina – di cui
facevano parte sia la cosca Mazzagatti-Polimeni-Bonarrigo che la cosca Ferraro-Raccosta –

Mazzagatti Rocco allo scopo di assicurare le comunicazioni tra i partecipi e di eseguire le
direttive dei vertici, mantenendosi a completa disposizione degli interessi della cosca, anche
con ruolo esecutivo nella perpetrazione di omicidi deliberati dal sodalizio criminoso a seguito
dell’uccisione dell’associato Bonarrigo Domenico;
b) di concorso, quale esecutore materiale insieme a Pepe Simone, nel duplice omicidio
pluriaggravato di Putrino Carmine e Raccosta Francesco (con Ferraro Giuseppe, capo della
cosca Ferraro-Raccosta, nel ruolo di fornitore di utili informazioni per rintracciare e apprendere
le due vittime; Mazzagatti Rocco e Scarfone Domenico con ruolo di mandanti ed esecutori
materiali): il riferimento è ai capi D, E ed F (sequestro di persona, porto delle armi, omicidio).
1.2. Per la Corte dì legittimità, l’ordinanza, ab origine pronunciata dal giudice del riesame
non aveva esaminato e affrontato la complessiva attendibilità di Pepe Simone, nonostante
abbia posto in rilievo che il racconto di Simone Pepe, nel corso della conversazione avuta con
Matteo Scarponi, fosse la “fonte principale”, pur se non esclusiva, “per la ricostruzione della
gravità indiziaria ascritta” dei fatti delittuosi ascritti non solo a Leone Rustico, ma anche agli
altri associati, tra i quali Pasquale Rustico coinvolto nei ben più gravi reati di omicidio plurimo
aggravato.
In sintesi, la pronuncia di annullamento rileva che l’attendibilità di Pepe è stata esposta in
termini disarticolati nel senso che i punti significativi non sono stati oggetto di unico discorso
argomentativo, bensì esaminati in parti diverse della decisione. Tale punto obiettivamente
determinante è stato oggetto di censura della difesa nel senso che tali affermazioni dì Pepe
sarebbero state inaffidabili e frutto di mero vaneggiamento e, in particolare, per avere
ripetutamente assunto sostanza stupefacente durante la conversazione avuta con Matteo
Scarponi, circostanza che avrebbe determinato uno stato di tale eccitazione rendere
disarticolati gli apprezzamenti e la complessiva narrazione.
Si pone ancora l’accento sulla circostanza importante se in realtà ci sia stata o meno
assunzione di stupefacente da parte di Pepe, la cui prova per il Tribunale non era agli atti,
nonostante la difesa, con una specifica memoria, ha individuato le parti delle conversazioni che
avrebbero dato conto di tale assunzione di stupefacenti e vi è uno specifico atto di polizia
giudiziaria e altro provvedimento del Tribunale che indica gli orari di tale assunzione.
In realtà, per il giudice di legittimità che ha annullato con rinvio l’ordinanza impugnata,
“non vi è stata alcuna motivazione che neghi la rilevanza dell’eventuale assunzione e ne

dell’organizzazione ndrangheta), in particolare operando in stretta collaborazione con

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spieghi le ragioni”; anzi, appare che il Tribunale abbia escluso la “scarsa o mancante lucidità
in ragione dell’assunzione dello stupefacente”.
Tali omissioni, per la Corte, integravano il vizio di omessa motivazione su un punto
determinante della decisione e richiedevano un’ulteriore esame del Tribunale che non ha
apprezzato la piena attendibilità, soggettiva e oggettiva, di Simone Pepe, escludendo che egli
avesse assunto quella sera sostanze stupefacenti.
Ne discende che il giudice del rinvio, precisa la Corte di legittimità, deve giustificare le

parte di Simone Pepe.
Là dove ritenga che Pepe quella notte abbia assunto sostanze stupefacenti, il giudice del
rinvio dovrà spiegare “..il proprio apprezzamento sull’incidenza o meno di tale assunzione,
nelle caratteristiche specifiche di modalità e tempi ricostruiti, sull’attendibilità soggettiva e
oggettiva del Pepe nella sua narrazione”, indicando eventuali riscontri esterni, precisandone
“fonte e contenuto specifico”.
1.3.11 Contesto descrittivo argomentativo dell’ordinanza impugnata, trova la sua premessa
in una sintesi della precedente ordinanza e poi in uno sviluppo degli argomenti per i quali
ritiene di confermare l’originario giudizio di attendibilità del narrato di Simone Pepe,
personaggio di vertice del sodalizio criminoso, nel corso della conversazione avuta la notte del
20 gennaio 2013 con Matteo Scarponi, amico romano estraneo a ogni contesto associativo.
Il Tribunale ritiene che la complessiva attività investigativa, nel cui ambito si inseriscono
quale ulteriore elemento indiziario le circostanze riferite nel corso del colloquio che Pepe ha
avuto con Scarponi, sono tali da escludere che Pepe abbia vaneggiato e riferito all’amico fatti
privi di riscontro.
L’assunzione dì stupefacenti non è più posta in discussione dal giudice del rinvio.
Ciononostante, Pepe racconta, con lucidità gli eventi a sua conoscenza; eventi che hanno poi
trovato riscontro negli accertamenti svolti nel corso dell’attività investigativa.
Pepe descrive le vicende del sodalizio di cui fa parte, racconta le ragioni per le quali
l’oltraggio subito, con l’assassinio di Domenico Bonarrigo, ha segnato un momento decisivo per
il gruppo criminale, ricondotto a compattezza e coesione per rispondere con le armi all’offesa
subita. Circostanza emerse da conversazioni intercettate e che spiegano le ragioni dello
scontro in atto e degli omicidi in tale contesto maturati e realizzati.
A tale riguardo, il collegio richiama la conversazione intercettata il 18 marzo 2012, tra
Federica Pisanu e l’amica Giada, dalla quale emerge che non soltanto Laura Pepe era
consapevole della responsabilità del figlio Simone negli omicidi di quattro appartenenti al
gruppo Ferraro-Raccosta, ma anche che la stessa Pepe a sollecitare il figlio di vendicare la
morte di Domenico Barringo.
La dinamica dei fatti descritti, la conoscenza dei diversi protagonisti e le modalità del
dialogo tra Pepe e Scaparoni dimostrano la coerenza di quanto riferito da Pepe e rendono
evidente il preciso e lucido ricordo di tutti gli episodi narrati e il contesto temporale nel quale si

ragioni per quale ritiene che vi sia o non vi sia stata assunzione di sostanza stupefacente da

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sono svolti: Pepe descrive non solo gli omicidi ai quali ha partecipato, la tipologia delle armi
utilizzate e i luoghi della loro commissione, ma anche i ruoli degli associati e, in particolare, di
quelli che hanno commesso i reati fine dell’associazione.
Per il giudice del rinvio, in tale contrasto specifico rilievo assume l’omicidio di Vincenzo
Ferraro, le cui indagini e attività investigative hanno accertato che l’autore sia stato Simone
Pepe, in concorso con altra persona non ancora identificata; ciò conferma che, sottolinea il
Tribunale, l’attività investigativa dà riscontro all’attendibilità del racconto di Pepe.

credibile il racconto di Pepe, al di là di discrepanze ricostruttive del tutto marginali e frutto di
esaltazione spiegabile con l’egemonia del gruppo criminale. Il giudice de liberi-ate pone in
rilievo che Pepe si è autoaccusato dell’omicidio Ferraro; autoaccusa circostanziata che
attribuisce totale genuinità e attendibilità all’informazione che lo stesso comunica a distanza di
mesi all’amico Matteo Scarponi.
Quanto al duplice omicidio di Francesco Raccosta e Putríno Carmine, Pepe, oltre che
accusare se stesso fornisce dei particolari successivi “aghiaccianti”, accusando i suoi complici
Pasquale Rustico, Rocco Mazzagatti e Domenico Scarfone.
In conclusione, il giudice del riesame ribadisce che la ricostruzione di quanto riferito da
Pepe, al pari di ogni dichiarazione auto ed etero accusatoria, non può che essere sottoposta a
una valutazione di piena attendibilità e ciò non può che essere disconosciuto per il narrato di
Pepe: la ricostruzione degli omicidi dell’anno 2012, che si collocano nelle ostilità tra le due
cosche egemoni all’interno della locale di Oppido Mamertina, trova una precisa ricostruzione
nelle parole di Pepe nel corso dei dialoghi intercettati il 20 gennaio 2013; ricostruzione
riscontrata dall’esito della complessive risultanze istruttorie.
1.4. Quanto al delitto associativo, rispetto all’assunto difensivo secondo cui non vi sono
elementi ulteriori oltre la “farneticante chiamata di Simone Pepe”, l’ordinanza impugnata
ribadisce che Pepe, nel corso della conversazione avuta con Scaparoni, ha indicato i nomi dei
partecipanti al sodalizio e tra questi pone in rilievo la posizione di Leone e Pasquale Rustico.
Ulteriore conferma discende dalle conversazioni, intercettate nel corso dell’attività
investigativa, tra Rustico e Mazzagatti il cui contenuto è riconducibile a rapporti tra associati a
organizzazioni criminali.
Il giudice del riesame ripercorre quanto già contenuto nella precedente ordinanza, nella
quale sono riportati gli elementi dell’attività investigativa e il raffronto con quanto riferito da
Pepe.
2. La difesa di Pasquale Rustico deduce:
– violazione di legge e vizi della motivazione in relazione agli artt. 273 e 192 c.p.p., art.
546 c.p.p., comma 2 e art. 125 c. p. p..
Si premette che l’ordinanza del giudice del rinvio riproduce le medesime violazioni
riscontrate nell’impostazione genetica, ripercorrendo il racconto di Pepe, incredibile e
inverosimile, contradetto da obbiettivi elementi. Appare evidente, ad awiso della difesa, che

Per il Tribunale, allo stato, le risultanze dell’attività investigativa non possono che rendere

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un racconto dettagliato e ricco di particolari non può caratterizzarsi solo per tale ragione
veridico e riscontrato.
In tale contesto argomentativo, la difesa riporta in ricorso molteplici massime e decisione
di questa Corte riferite ai riscontri dì attendibilità nel procedimento de libertate e alle regole di
valutazione che debbono in tal caso trovare applicazione.
La corretta applicazione di tale giurisprudenze e delle regole di valutazione cui essa fa
riferimento, avrebbero dovuto comportare la totale inattendibilità di Simone Pepe, perché egli

omicidiari, da rendere incredibile tutto ciò che ha riferito.
Non vi sono le ragioni, di carattere logico e strutturale che possano rendere attendibile

il

racconto di Pepe, ciò indipendentemente dall’assunzione di stupefacente o meno.
Sono elencati tutti i fatti narrati da Pepe e i rilievi svolti con la memoria difensiva rispetto
ai quali il giudice del rinvio rileva solo che sono fatti secondari, che intaccano le credibilità di
Pepe.
Un ragionamento che la difesa definisce illogico e illegittimo poiché si affida a criteri
arbitrari privi di ogni pregio. Ciò dimostra che il Tribunale non ha colto il tema centrale cui era
chiamato a dare una risposta, l’attendibilità di Simone Pepe da verificare in ogni punto del suo
racconto, senza che possano rilevare fatti secondari o meno, in particolare là dove si tratta di
vicende tutte collegate tra loro sotto il profilo logico funzionale. Ciò avrebbe dovuto impedire
ogni ripartizione del racconto di Pepe, da valutare invece nel suo insieme.
Anche la ricostruzione degli omicidi riferita da Pepe è priva di coerenza e contiene
molteplici incoerenza già riportate nella memoria difensiva del 19 novembre 2014 con la quale
tra l’altro sì è fatto riferimento all’omicidio Ferrero, del tutto incongruente rispetto a quanto
emerso dalle indagini, nonché al duplice omicidio di Francesco Raccosta e Carmine Putrino.
Si elencano le divergenze del racconto rispetto alle risultanze investigative, mettendo a
raffronto le due ricostruzioni dalle quali emerge la fantasiosa versione di Pepe. Le
giustificazioni rese al riguardo dal Tribunale opera un travisamento della ricostruzione dei fatti.
L’omicidio Ferrero ha tutt’altra dinamica non coerente con la conversazione di Pepe e
ciononostante, secondo la difesa, il Tribunale estrapola dalla stessa passi che meglio
rispondono alla tesi prescelta, giustificando le macroscopiche incongruenze insite nel racconto
di Pepe.
Anche la concatenazione logica degli avvenimenti e del tutto travisata nel racconto di
Pepe con riferimento al duplice omicidio di Francesco Raccosta e Putrino Carmine. Rispetto a
tale omicidio, Pepe, oltre che accusare se stesso fornisce dei particolari successivi, accusando i
suoi compici Pasquale Rustico, Rocco Mazzagatti e Domenico Scarfone.
Il tribunale disattende le argomentazioni difensive circa la vicenda della porcilaia dirette a
smentire Pepe con specifici argomenti tratti dall’esito dell’attività investigativa che escludeva
tracce dell’omicidio commesso.

ha riferito fatti inventati del tutto e incongruenze tali, rispetto ai racconti relativi a fatti

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L’ordinanza impugnata, allo scopo di avvalorare il racconto dì Pepe, mette in dubbio che la
porcilaia in località Licciardo sia proprio quella indicata da Pepe.
In tal modo, il tribunale affida a congetture e travisamenti la ricostruzione egli episodi
narrati da Pepe, tenuto conto che le indagini si sono sviluppate anche sul racconto di Pepe.
Infine, non possono costituire riscontri le ulteriori conversazioni tra Laura e Fabia Pepe,
Giuseppe Casamonica con Fabio Pepe e quelle tra Federica Piasanu e l’amica Giada e il
colloquio in carcere tra Luca e Leandro Pepe e quello tra Luca Pepe e i suoi famigliari.

indiziaria, riproponendo circostanze contrastanti.
In secondo luogo, perché tali intercettazioni non possono essere considerate riscontri
privilegiato rispetto alle tante versioni del duplice omicidio Raccosta e Putrino.
In conclusione, ad avviso della difesa, l’ordinanza impugnata ha verificato l’attendibilità di
Simone Pepe, criteri arbitrari, in quanto frutto di una selezione di quelli ritenuti falsi rispetto a
quelli considerati veri, senza spiegare le ragioni di tale selezione; ciò comporta che non si è
ancora in grado di stabilire quale parte della conversazione risponda a verità e quale sia frutto
di fantasia.
Considerato in diritto
1.11 ricorso è infondato.
Come già descritto in narrativa, questa Corte ha annullato l’ordinanza e richiesto al giudice
del rinvio di ” giustificare le ragioni per quale ritiene che vi sia o non vi sia stata assunzione di
sostanza stupefacente da parte di Simone Pepe e, inoltre che, là dove ritenga che ci sia stata
assunzione di stupefacenti, di spiegare “il proprio apprezzamento sull’incidenza o meno di tale
assunzione, nelle caratteristiche specifiche di modalità e tempi ricostruiti, sull’attendibilità
soggettiva ed oggettiva del Pepe nella sua narrazione”, e ancora, qualora faccia riferimento a
“risultanze probatorie e riscontri esterni”, dovrà evitare “generici” riferimenti “ad esiti o
risultanze di indagini”, indicando “fonte e contenuto specifico”.
Nel § 1.4 dello sviluppo descrittivo e argomentativo dell’ordinanza impugnata, sono state
riportate le specifiche ragioni per le quali il giudice de libertate ha ritenuto di confermare la
precedente pronuncia annullata.
Vi sono state risposte esaurienti rispetto agli interrogativi posti da questa Corte di
legittimità con la decisione di annullamento, mediante un dettagliato sviluppo dell’originario
giudizio di attendibilità del narrato di Simone Pepe, personaggio di vertice del sodalizio
criminoso, nel corso della conversazione avuta la notte del 20 gennaio 2013 con Matteo
Scarponi, amico romano estraneo a ogni contesto associativo.
Sono svolti ulteriori argomenti sulla complessiva attività investigativa, nel cui ambito si
inseriscono quale ulteriore elemento indiziario le circostanze riferite nel corso del colloquio che
Pepe ha avuto con Scarponi e che i riscontri le rendono tali da escludere che Pepe abbia
vaneggiato e riferito all’amico fatti, tra i quali l’assunzione di responsabilità di omicidi, del tutto
“fantasiosi” , come dedotto dalla difesa.

Anzitutto, perché esse dimostrano assolute incertezze e contraddittorietà nella prova

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Nonostante l’assunzione di sostanza stupefacente – non più posta in discussione – il
giudice del rinvio ritiene che Pepe ha raccontato con lucidità gli eventi per come poi emersi
nell’attività investigativa; lucidità nel descrivere lo scontro tra le cosche rivali e gli omicidi che
tale scontro ha dato causa.
Pepe descrive le vicende del sodalizio di cui fa parte, racconta le ragioni per le quali
l’oltraggio subito, con l’assassinio di Domenico Bonarrigo, ha segnato un momento decisivo per
il gruppo criminale, ricondotto a compattezza e coesione per rispondere con le armi all’offesa

Si è già scritto in narrativa, il collegio indica a riscontro la conversazione intercettata il 18
marzo 2012, tra Federica Pisanu e l’amica Giada che appare avvalorare la ricostruzioni emerse
dalle indagini e dal racconto di Pepe, il quale dimostra di essere ben a conoscenza delle
dinamiche associative e dei diversi protagonisti.
Pepe dimostra, nella sintesi argomentativa riformulata dal giudice del rinvio in linea con le
ragioni dell’annullamento, il preciso e lucido ricordo di tutti gli episodi narrati che trova punti
di convergenza con l’attività investigativa svolta: egli descrive non solo omicidi ai quali ha
partecipato, la tipologia delle armi utilizzate e i luoghi della loro commissione, ma anche i ruoli
degli associati e, in particolare di quelli che hanno commesso i reati fine dell’associazione.
In tale contesto, il tribunale ritiene attendibile e privo di ogni millanteria volontaria o
causata da alterazioni dovuta a qualsivoglia sostanza stupefacente, poiché il racconto offre
elementi già oggetto di acquisizione investigativa e anche dell’ulteriore attività di indagine in
ordine alle dinamiche di contrasto e spartizione del controllo del territorio.
2. Quale ulteriore profilo che avvalora la gravità indiziaria del narrato di Pepe, va ricordato
che questa Corte, si è già più volte espressa nel senso che alle indicazioni di reità provenienti
da conversazioni intercettate non si applica la regola di valutazione di cui all’art. 192, comma
3, c.p.p. ma quella generale del prudente apprezzamento del giudice, non essendo esse
assimilabili alle dichiarazioni che il coimputato del medesimo reato o la persona imputata in
procedimento connesso rende in sede di interrogatorio dinanzi all’autorità giudiziaria( Sez.II,
12 gennaio 2012, dep. 9 febbraio 2012 n.4976;Sez.I, 23 settembre 2010, dep. 11 ottobre
2010, n, 36218).
Ne discende che le argomentazioni ulteriormente sviluppate in sede di rinvio danno una
precisa ed esaustiva analisi a quanto richiesto da questa Corte circa la completezza dei
risconti e del complessivo ragionamento indiziario su di essi da sviluppare anche mediante una
motivazione logica, priva di deficit argomentativi.
Valutazione, come è avvenuto nella concreta fattispecie, da effettuare attraverso una
specifica descrizione degli indizi e una loro compiuta elaborazione volta a dimostrare la
capacità di giustificazione dei fatti posti a fondamento della ipotesi d’accusa. Del resto, la
valutazione della gravità indiziaria – avvenendo nel contesto incidentale del procedimento

de

libertate e, quindi, allo stato degli atti, cioè sulla base di materiale conoscitivo ancora in

subita.

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itinere – deve essere orientata ad acquisire non la certezza, ma la elevata probabilità di
colpevolezza dell’indagato.
Il ricorso è dunque infondato e, a norma dell’art.616 c.p.p., il ricorrente va condannato, al
pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla

Così deciso in Roma, il 23 giugno 2015
Il Presidente

Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art.94, comma 1 ter,ttt. c.p.p.

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