Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3580 del 30/09/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3580 Anno 2015
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

COTRONEO Vincenzo, nato a Melito Porto Salvo il 28/05/1978

avverso l’ordinanza del 31 marzo 2014 del Tribunale di Milano, in funzione di
giudice del riesame;

visti gli atti, l’ordinanza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione del consigliere Paolo Antonio Bruno;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Mario
Maria Stefano Pinelli, che ha chiesto il rigetto del ricorso;
sentito, altresì, l’avv. Francesco Calabrese, che ne ha chiesto invece l’accoglimento.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza del 12.2.2014 il Gip del Tribunale di Milano applicava la
custodia cautelare in carcere a Vincenzo Cotroneo, cl. 1978, indagato per il reato di
associazione per delinquere di stampo mafioso, con riferimento alla

locale di

‘ndrangheta di Desio, a sua volta inserita nella struttura criminale a carattere base

Data Udienza: 30/09/2014

regionale, denominata “la Lombardia”, avente base e sede decisionale in Seveso,
presso gli uffici del capo Pensabene Giuseppe (sub 1); del reato di cui agli artt. 629,
commi primo e secondo, in relazione all’art. 628 comma terzo n. 3), 61 n. 2 cod.
pen. con l’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152/1991 in danno di De Marinis
Giuseppe, che avrebbe costretto, mediante violenza e minacce, a restituire, più
riprese, la somma di C 46.400,00, comprensiva di capitali ed interessi usurari
meglio specificati nel capo precedente e, stante l’impossibilità della persona offesa

Giuseppe ed suo gruppo criminale un credito che lo stesso vantava nei confronti
altra persona (capo 16); del reato di cui agli artt. 110, 644, commi primo, terzo e
quarto, cod. pen. con l’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152/1991 per avere dato in
prestito somme di denaro con interessi usurari (sub capo 19); di altro reato di
estorsione aggravata in danno di Tremolada Giuseppe, al quale precedentemente
Pensabene Giuseppe aveva erogato un prestito di natura usuraria che non era
riuscito a restituire, costringendo ad emettere due assegni in garanzia, uno di C
15.000ed il secondo di C 13.000, per un ammontare complessivo di C 28.000
successivamente, visto che lo stesso Treniolada non era riuscito a coprire l’importo
degli assegni, a rilasciare in data 4 aprile 2013 n. 25 cambiali dell’importo di C 3000
ciascuna per un importo complessivo, compresi gli interessi usurari, di C 75.000
(sub 20); del reato di cui agli artt. 110, 81 cpv cod. pen. con l’aggravante di cui
all’art. 7 d.l. n. 152/1991 con riferimento al riciclaggio di determinate somme
specificamente indicate (sub 35); del reato di cui agli artt. 110, 81 cpv cpd. pen.,
132 in relazione all’art. 106, comma primo, d.lgsvo n. 385/93, con l’aggravante di
cui all’art. 7 d.l. n. 152/1991, per esercizio abusivo del credito.
Pronunciando sulla richiesta di riesame proposta dal difensore, il Tribunale di
Milano confermava l’ordinanza impugnata.
Avverso l’anzidetta pronuncia il difensore dell’indagato avv. Francesco
Calabrese, ha proposto ricorso per cassazione affidato alle ragioni di censura di
seguito indicate.
Con unico, articolato, motivo si deduce violazione di legge e difetto
motivazionale con riferimento alla ritenuta insussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza ex art. 273 cod. proc. pen. Si sostiene, in particolare, la carenza di
motivazione in ordine alla ritenuta sussistenza del reato associativo e
dall’incongruente ricostruzione della vicenda relativa alla cosiddetta locale di Desio.
Il giudice del riesame non avrebbe, inoltre, considerato l’insussistenza dei
presupposti costitutivi tipici del reato di associazione per delinquere di stampo
mafioso, ben potendo ravvisarsi nella specie, al più, gli estremi dell’associazione
semplice o del concorso di persone nel reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2

di rispettare gli impegni assunti, ed avrebbe poi costretto a cedere a Pensabene

1. Il ricorso é privo di fondamento.
Ed invero, non merita censure di sorta il costrutto motivazionale del
provvedimento impugnato, che seppur con sviluppo ridondante – ed inutilmente
pletorico, rispetto alle esigenze giustificative di un provvedimento conclusivo di fase
incidentale in materia cautelare, che deve necessariamente caratterizzarsi per
concisione e sintesi – indica comunque le ragioni a sostegno del convincimento del
giudice del riesame in ordine alla sussistenza dei presupposti legittimati

risultanze investigative utilizzate per la ricostruzione della complessa vicenda
sostanziale ascritta all’indagato, nei termini puntualmente riferiti nel capo
d’incolpazione provvisoria. Si tratta, in particolare, delle acquisite informazioni,
degli esiti delle disposte captazioni e dei servizi di osservazione, che hanno
consentito di accertare l’esistenza di rapporti tra lo stesso indagato e Giuseppe
Pensabene, ritenuto artefice e promotore di una complessa struttura organizzativa,
con spiccate connotazioni mafiose, intesa, tra l’altro, al riciclaggio di danaro di
provenienza illecita. Nell’ambito di siffatta organizzazione al Cotroneo viene ascritto
il ruolo di uomo di fiducia del Pensabene, con il compito anche di provvedere, con
metodi tipicamente mafiosi, al recupero

coatto dei crediti nei confronti degli

imprenditori inadempienti.
A quest’ultimo riguardo, reputa il Collegio che la motivazione impugnata esprimendo valutazione allo stato degli atti – indichi sufficientemente i motivi per i
quali si è ritenuto che la detta struttura fosse dotata dei peculiari caratteri
dell’associazione per delinquere di stampo mafioso. Il prosieguo dell’attività di
indagine si farà, ovviamente, carico di approfondire il profilo tematico – anche in
funzione di possibili implicazioni riguardanti la competenza territoriale – se si tratta
davvero di organizzazione “autonoma” ovvero nella ramificazione o “gemmazione”
di clan ‘ndranghetístico operante in Calabria, come, di primo acchito, lascerebbero
ritenere la riferita uccisione di soggetto apicale che rivendicava autonomia della
struttura intesa Lombardia o il fatto che gran parte dei flussi finanziari da investire
o da utilizzare per operazioni di vera e propria compravendita di denaro o di
finanziamenti in cambio di tassi usurari provenisse dalla disponibilità di una cosca
operante nel “reggino”.

2. Per quanto precede il ricorso deve essere rigettato, con le consequenziali
spartizioni dettate in dispositivo.

P.Q.M.

3

dell’opposta misura custodiale. In particolare, risultano compiutamente indicate le

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria di provvedere alle comunicazioni di cui all’art. 94 d.a. cod.
proc. pen.
Così deciso il 30 settembre 2014

Il Consigliere estensore

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