Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 358 del 14/11/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 358 Anno 2014
Presidente: SIRENA PIETRO ANTONIO
Relatore: BIANCHI LUISA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GIAMBARRESI SALVATORE N. IL 03/01/1949
avverso l’ordinanza n. 105/2011 CORTE APPELLO di PALERMO, del
20/02/2011
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. LUISA BIANCHI;
1ette/s9pti1e-le conclusioni del PG Dott.

oI

Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 14/11/2013

13925/2012

1.Con ordinanza in data 20 febbraio 2012 la corte di appello di Palermo ha
dichiarato inammissibile la domanda di riparazione dell’ ingiusta detenzione
avanzata da Giannbarresi Salvatore. La Corte ha rilevato che la custodia
cautelare era stata applicata con riferimento ai delitti di cui agli artt. 323, co.2,
cp, 479 cp, 353, co.1 e 2, cp aggravati ai sensi dell’art. 7 d.l. n.151/1991; che
l’assoluzione con formula piena, da parte della Corte di appello di Palermo,
era intervenuta solo per il reato di falso di cui all’art. 479, mentre per gli altri
due reati la medesima Corte aveva escluso l’aggravante ex art. 7 e aveva
dichiarato non doversi procedere perché estinti per prescrizione; che doveva
trovare applicazione il principio secondo cui quando il provvedimento restrittivo
della libertà è fondato su più contestazioni, il proscioglimento con formula non
di merito anche da una sola impedisce il sorgere del diritto alla riparazione per
le altre a meno che la durata della custodia cautelare sofferta risulti superiore
alla misura della pena astrattamente irrogabile, o a quella in concreto inflitta,
ma solo per la parte di detenzione subita in eccedenza, ovvero quando risulti
accertata in astratto la sussistenza dei presupposti per il riconoscimento
dell’ingiustizia formale della privazione della libertà personale ( IV 10.6.2010
n.34661 Rv. 248076); infatti nella specie l’ordinanza di custodia cautelare
emessa nei confronti del ricorrente era fondata non solo sul reato di falso ma
anche su quello di turbata libertà degli incanti di cui all’art. 353, co.1 e 2, cp
che, in ragione della pena prevista ed anche a prescindere dalla sussistenza
dell’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n.152/1991, legittimava autonomamente
l’adozione della misura coercitiva in carcere cui il ricorrente era stato in
concreto sottoposto.
2.Avverso tale sentenza ha presentato ricorso per cassazione il difensore di
Giambarresi Salvatore. Sostiene che l’ ordinanza è viziata per difetto di
motivazione perché non tiene conto del fatto che il proscioglimento per
prescrizione dai reati di abuso di ufficio e turbata libertà degli incanti è stato
oggetto di impugnazione innanzi a questa Suprema Corte che, con sentenza
n.17100 del 22.3.2011 dal medesimo prodotta, aveva annullato quella della
Corte di appello di Palermo per difetto di motivazione. Lamenta anche la
violazione di legge perché è stato dimenticato quanto stabilito dalla Corte
Costituzionale con sentenza n.219 del 2008 e da questa Corte con sentenza
12875 del 2010 secondo cui l’istituto della riparazione è applicabile anche ai
casi di proscioglimento per altra causa, non di merito, compreso il
proscioglimento per prescrizione che consegue alla riqualificazione del reato più
grave. Nella specie vi è stato proscioglimento per il reato di abuso di ufficio e
l’eliminazione dell’aggravante dell’ art. 7 ha determinato la prescrizione degli
altri reati. In ogni caso per i reati dichiarati prescritti, l’esclusione
dell’aggravante di cui all’art. 7 comportava, in base all’art. 275 cpp, che non
sarebbe stata possibile la custodia cautelare.
3. E’ stata depositata una memoria per il Ministero del’Economia con la quale
si sostiene la correttezza della decisione assunta dalla corte d’appello di
Napoli.

.2

RITENUTO IN FATTO

1.11 ricorso è infondato .
Risulta dalla sentenza di annullamento invocata dal ricorrente e dal medesimo
prodotta , che l’annullamento della sentenza con cui la Corte di appello di
Palermo ha dichiarato estinti per prescrizione i reati di cui agli artt. 323 e 353
cp è intervenuto “con riferimento alla condanna al risarcimento dei danni in
favore della parte civile”. Si è trattato cioè di un annullamento ai soli effetti
civili, che non interferisce con la dichiarazione di prescrizione del reato, ormai
definitiva in quanto passata in giudicato, secondo i principi del giudicato
parziale.
Correttamente dunque il giudice della riparazione ha richiamato la regola
secondo cui se il provvedimento restrittivo della libertà è fondato su più
contestazioni, il proscioglimento con formula non di merito anche da una sola
di queste, semprechè autonomamente idonea a legittimare la compressione
della libertà, impedisce il sorgere del diritto, irrilevante risultando il pieno
proscioglimento dalle altre imputazioni (sez. IV 26.3.2009 n. 27466 Rv.
245108). Al riguardo è solo il caso di ribadire che il reato di turbata libertà
degli incanti di cui all’art. 353, co.1 e 2, cp c, in ragione della pena prevista
(da 1 a 5 anni ) legittimava autonomamente, in base al disposto dell’art.278
cod.proc.pen, l’adozione della misura coercitiva in carcere anche a prescindere
dalla sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n.152/1991.
Da ultimo non vi è alcuna violazione della sentenza della Corte Costituzionale
n.219 del 2008, avendo la medesima riferimento ad una diversa situazione e
cioè che la durata della carcerazione preventiva sia stata più lunga di quanto
normativamente consentito; neppure diversamente può desumersi dal
principio richiamato dal ricorrente (sez. IV 11.1.2010 n.12875 Rv. 247020),
che ha ribadito che in tema di riparazione per ingiusta detenzione, sussiste il
diritto alla riparazione nel caso in cui l’imputato sia stato prosciolto perchè il
reato estinto per prescrizione, previa riqualificazione del fatto all’esito del
dibattimento, con conseguente derubricazione del reato contestato
nell’incidente cautelare in altro meno grave, i cui limiti edittali di pena non
avrebbero consentito ab origine l’applicazione della misura custodiale.
3.In conclusione, il ricorso non merita accoglimento e il ricorrente deve essere
condannato al pagamento delle spese del procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle s
Così deciso il 14.11.2013.

CONSIDERATO IN DIRITTO

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