Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3579 del 30/09/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3579 Anno 2015
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

ZEMA Domenico, nato a Melito Porto Salvo il 14/07/1967

avverso l’ordinanza del 24.3/28 maggio 2014 del Tribunale di Milano, in funzione di
giudice del riesame;

visti gli atti, l’ordinanza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione del consigliere Paolo Antonio BRUNO;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Mario
Maria Stefano Pinelli, che ha chiesto l’inammissibilità o, in subordine, il rigetto del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1. Con l’ordinanza del 12.2.2014 il Gip del Tribunale di Milano applicava la
custodia cautelare in carcere nei confronti di Domenico Zema, indagato per il reato
di associazione per delinquere di stampo mafioso, quale capo, promotore od
organizzatore, con riferimento alla locale di ‘ndrangheta di Desio, a sua volta

Data Udienza: 30/09/2014

inserita nella struttura criminale su base regionale, denominata ” Lombardia”,
avente sede decisionale ed operativa in Seveso, in forza anche del rapporto di
affinità co il suocero Moscato Annunziato Giuseppe, capo dell’anzidetta locale di
Desio, arrestato nell’ambito dell’inchiesta c.d. “Infinito”; del reato di cui all’art. 648
bis , con l’aggravante di cui all’art. 7 d.l. n. 152/1991 con riferimento a somme di
denaro ricevute dall’associazione mafiosa capeggiata da Pensabene Giuseppe
impiegate nelle sue società; del reato di trasferimento fraudolento di valori, ai sensi

Pronunziando sulla richiesta di riesame proposta dal difensore, il Tribunale di
Milano confermava l’ordinanza impugnata, escludendo la qualità di capo, promotore
od organizzatore di cui al secondo comma dell’art. 416 bis cod. pen.
Avverso l’anzidetta pronuncia il difensore dell’indagato avv. Luca Ricci, ha
proposto ricorso per cassazione, affidato alle seguenti ragioni di censura.
Con il primo motivo si denuncia inosservanza di norme processuali con
riferimento all’art. 309, comma 10, cod. prc. pen., con conseguente perdita di
efficacia della misura cautelare. Si deduce, al riguardo, che, depositato il solo
dispositivo della decisione il 29 marzo 2014, la motivazione era stata depositata
soltanto il 28 maggio successivo, a distanza di sessanta giorni dal deposito dello
stesso decisum, con ciò ritardando notevolmente la presentazione dell’odierno
ricorso per cassazione. Contestava l’orientamento interpretativo secondo cui la
motivazione del provvedimento del tribunale del riesame potesse essere depositata
successivamente al dispositivo, nel termine di giorni cinque di cui all’art. 128.
L’abnorme ritardo era lesivo dei diritti di difesa, anche con riferimento
all’interpretazione della giurisprudenza comunitaria che, con riferimento all’art. 5
par. 4 della Convenzione assicurava alle persone detenute di ottenere entro breve
termine una decisione sulla regolarità della loro detenzione.
Con il secondo motivo si eccepisce inosservanza di norme processuale per
violazione dell’art. 268 cod. prc. pen. e conseguente venir meno dei presupposti di
cui all’art. 273 dello stesso codice di rito, sul rilievo che, ingiustamente, il giudice
del riesame aveva rigettato l’eccezione difensiva riguardante la mancata,
tempestiva, messa a disposizione da parte del pubblico ministero procedente del
contenuto delle registrazioni delle intercettazioni telefoniche ed ambientali.
Con il terzo motivo si deduce identico vizio di legittimità per violazione dell’art.
416 bis, 125 comma 3, 273 e 292 cod. proc. pen. in relazione al capo 1) della
rubrica con riferimento alla valutazione delle risultanze istruttorie. Si segnala, in
proposito, la contraddittorietà tra la condizione di membro dell’organizzazione e di
persona offesa dal reato di usura.
Con il quarto motivo si deduce identico vizio di legittimità in relazione al capo
24) della rubrica, sul rilievo della ritenuta insussistenza degli elementi costitutivi del
reato in questione.

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dell’art. 12 quinquies d.l. n. 306/1992.

Con il quinto motivo si deduce identico vizio di legittimità in relazione al capo
52) della rubrica.
Con il sesto motivo si deduce inosservanza di norme processuali per violazione
dell’art. 292 in relazione ai presupposti di cui all’art. 274 e per violazione dell’art.
125 del codice di rito, in relazione alla motivazione meramente apparente con
riferimento alla sussistenza delle esigenze cautelari.
Con il settimo motivo si denuncia identico vizio di motivazione con riferimento

con riferimento ai reati di cui ai capi di 24) e 52) dell’incolpazione.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La prima censura è destituita di fondamento, posto che la denunciata
lungaggine del deposito della motivazione, rispetto alla data della decisione, non
integra ragione di nullità processuale, in mancanza di previsione di perentorietà dei
termini per il deposito della motivazione del provvedimento del giudice del riesame,
essendo solo richiesto, a pena di inefficacia della misura cautelare, che la decisione
intervenga nel termine di legge, ossia dieci giorni dalla ricezione degli atti. Né
sussiste nel caso di specie alcun ipotizzabile scollamento tra decisione e processo
giustificativo, posto che la motivazione dell’ordinanza impugnata appare
perfettamente in linea con il decisum, valendo, compiutamente, a spiegarne le
ragioni giustificatrici.
D’altro canto, il rituale deposito del dispositivo assolve, adeguatamente
all’esigenze di tempestiva informazione dell’indagato in ordine alla legittimità della
sua restrizione, in ossequio alle prescrizioni dell’ordinamento sovranazionale.
Abnormi ritardi nel deposito delle motivazioni possono, dunque, assumere
rilievo solo sul versante della responsabilità disciplinare e, se del caso, anche
penale.
In tal senso reputa il Collegio di uniformarsi al pacifico insegnamento di questa
Corte regolatrice, consolidatosi sulla scia di Sez. U, n. 11 del 25/03/1998, Rv.
210607 (secondo cui ai fini della perdita di efficacia del provvedimento che dispone
la misura coercitiva personale per omessa decisione del tribunale sulla richiesta di
riesame entro il decimo giorno dalla ricezione degli atti, deve farsi riferimento alla
data di deliberazione, il cui documento sia stato depositato in cancelleria, e non alla
data di deposito dell’ordinanza, completa di tutti i suoi elementi, e quindi anche
della motivazione, che deve essere depositata entro cinque giorni dalla
deliberazione, a norma dell’art. 128 cod. proc. pen. L’eventuale inosservanza di tale
ultimo termine, quantunque sfornita di sanzione processuale, espone i magistrati a
responsabilità civile e disciplinare, oltre che, all’occorrenza, penale; cfr. tra le altre,

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alla violazione dei principi di proporzionalità ed adeguatezza della misura cautelare

Sez. 2, n. 23211 del 09/04/2014, Rv. 259652; Sez. 5, n. 48557 del 06/10/2011,
Rv. 251699).
Privo di fondamento é anche il secondo motivo che eccepisce la nullità del
provvedimento impugnato per asserita violazione dell’obbligo del Pm di rilasciare
copia delle applicazioni telefoniche ed ambientali riguardanti lo stesso indagato. Al
riguardo, non merita censura la motivazione di rigetto espressa dal giudice del
riesame, che ha rilevato, per un verso, che l’istanza difensiva era priva della

trasposizione su supporto informatico, sì da consentire l’agevole individuazione del
contenuto della richiesta ed il suo agevole disimpegno; e, per altro verso, che
l’istante non aveva assolto all’onere della prova non solo in ordine alla tempestività
della richiesta, con espressa indicazione delle ragioni di urgenza, in vista del
giudizio di riesame, ma anche all’omesso o ritardato rilascio della documentazione
richiesta (Sez. 2, n. 43772 del 03/10/2013. Rv. 257304; Sez. 2, n. 43772 del
03/10/2013,) Rv. 257304; Sez. 2, n. 35692 del 17/04/2013).
Infondato é anche il terzo motivo di ricorso. Appare, infatti, ineccepibile la
valutazione delle risultanze investigative espressa dall’insieme motivazionale in
oggetto, che, peraltro, risulta in linea con i parametri valutativi vigenti in materia
cautelare, necessariamente ispirati ad una sommaria delibazione, allo stato degli
atti, ed all’apprezzamento del solo coefficiente di gravità indiziaria.
Non sussiste neppure il denunciato profilo di contraddittorietà riguardante
l’asserita condizione di usurato dello stesso Zema. Il giudice del riesame ha
adeguatamente spiegato che la circostanza che, in passato, l’indagato avesse, a sua
volta, avuto necessità di ricorrere a prestito di danaro, pur esso ritenuto di
provenienza illecita, non fosse elemento antinomico rispetto all’impostazione
accusatoria, alla stregua sia dell’epoca dell’evento sia del fatto che lo stesso Zema,
nell’occasione, avesse beneficiato di condizioni assolutamente favorevoli e
privilegiate rispetto a quelle usualmente praticati agli imprenditori della zona. Si
tratta di giustificazione che, per quanto opinabile possa allo stato apparire, non
appare inficiata da illogicità manifesta.
Non merita censura neppure la parte motiva riguardante l’incolpazione
provvisoria del riciclaggio di cui al capo 24) della rubrica, posto che il giudice del
riesame ha adeguatamente indicato i motivi della ritenuta sussistenza della
fattispecie delittuosa in contestazione, che, secondo l’impostazione accusatoria,
avrebbe visto l’indagato partecipare attivamente all’attività di “ripulitura” ed utile
reimpiego del denaro di illecita provenienza.
Identico è il giudizio in ordine alla quinta censura, risultando corretta, alla
stregua delle indicate emergenze investigative, la provvisoria incolpazione di
fraudolento trasferimento dei valori di cui e al capo 52) della rubrica.

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necessaria specificazione delle intercettazioni di cui si chiedeva copia o

Non ha pregio la doglianza difensiva relativa alla ritenuta sussistenza delle
esigenze cautelari, che, quanto al reato associativo, sono notoriamente presunte e,
nel caso di specie, ritenute esistenti anche in mancanza di specifica indicazione di
elementi a sostegno della dedotta insussistenza e, per converso, della positiva
specificazione di ragioni giustificative della più grave misura afflittiva.
Infine, quanto all’ultima doglianza, a parte l’ininfluenza – ai fini del
mantenimento dello stato custodiale – dell’asserita insussistenza delle esigenze di

sufficiente considerare, ad ogni modo, che le anzidette esigenze cautelari sono
adeguatamente giustificate dal giudice del riesame con specifico riferimento a
quelle imputazioni, con particolare riguardo al pericolo di reiterazione,
congruamente desunto dalla considerazione della natura ed oggettiva gravità degli
addebiti e della personalità dell’indagato .

4. Per quanto precede, il ricorso – globalmente considerato – deve essere
rigettato con le conseguenziali statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Manda alla Cancelleria di provvedere alle comunicazioni di cui all’art. 94, comma 1
ter, disp. att. cod. proc. pen.

Così deciso il 30/09/2014

tutela rispetto alle residuali imputazioni, rispetto alla contestazione associativa, è

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