Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35788 del 18/06/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 35788 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PALLUOTTO MASSIMO N. IL 30/03/1960
avverso la sentenza n. 970/2004 CORTE APPELLO di PERUGIA, del
26/02/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 18/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIOVANNI DIOTALLEVI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
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che ha concluso per ibk
4:0

4-CA1252

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Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 18/06/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Palluotto Massimo propone ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte d’appello
di Perugia, n. 199/13, pronunciata in data 26 febbraio 2013 e depositata il 23 maggio 2013.
La decisione censurata ha avallato la condanna dell’odierno ricorrente per il delitto dì
ricettazione di un’automobile, confermando anche la relativa pena.
2. Il ricorso si articola in quattro motivi.
2.1. Con il primo motivo, si deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), c.p.p., la

violazione degli artt. 8 e 9 c.p.p.

nel Tribunale di Terni, dovendosi ritenere che il bene ricettato fosse stato ricevuto nella città di
Verona. In particolare, i giudici di merito avrebbero omesso di rilevare che il Palluotto, in quel
periodo, si trovava costantemente a Verona per motivi di lavoro ed era quindi del tutto
giustificabile che avesse lì ricevuto l’autovettura oggetto del reato contestato. Inoltre, non
assumerebbe alcun rilievo, ai fini della determinazione della competenza territoriale,
l’elemento, viceversa valorizzato dalla Corte territoriale, della mancata indicazione della
persona dalla quale avrebbe ricevuto il mezzo.
2.2. Con il secondo motivo, si lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. c), c.p.p., la

violazione dell’art. 192 c.p.p. ed il vizio di motivazione.
Nel dettaglio, non sarebbero emersi, nei gradi di merito, elementi sufficienti a provare la
consapevolezza, da parte dell’imputato, dell’illecita provenienza del bene potendosi tutt’al più
configurare il delitto di cui all’art. 712 c.p. In particolare, non costituirebbero elementi indiziari
idonei a provare la suddetta consapevolezza la mancata identificazione della persona dalla
quale il mezzo era stato ricevuto, la non disponibilità della documentazione attestante il
possesso del bene, essendone stato acquisito soltanto l’uso, e i segni di forzatura sulla
serratura della portiera e sul bloccasterzo.
2.3. Con il terzo motivo, si lamenta la violazione dell’art. 606, comma 1, lett. e), c.p.p., per la

contraddittorietà della motivazione con cui non sono state concesse le attenuanti generiche,
nonostante la riconduzione del fatto entro la fattispecie di cui all’art. 648, cpv., caratterizzata
dalla speciale tenuità del fatto.
2.4. Con il quarto motivo, si chiede l’immediata declaratoria di una causa di non punibilità, ex

art. 129 c.p.p., essendo il termine di prescrizione decorso nell’intervallo compreso tra la
chiusura del giudizio di appello e la scadenza del termine previsto per l’impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è manifestamente infondato.
2. Con il ricorso, in apparenza si deducono vizi della motivazione, ma, in realtà, si prospetta
una valutazione delle prove diversa e più favorevole al ricorrente, ciò che non è consentito nel
giudizio di legittimità; si prospettano, cioè, questioni di mero fatto che implicano una
valutazione di merito preclusa in sede di legittimità, a fronte di una motivazione esaustiva,
immune da vizi di logica, coerente con i principi di diritto enunciati da questa Corte, come
1

Nello specifico, si sostiene che la competenza territoriale sarebbe stata erroneamente radicata

quella del provvedimento impugnato che, pertanto, supera il vaglio di legittimità. (Cass. sez.
4, 2.12.2003, Elia ed altri, 229369; SU n° 12/2000, Jakani, rv 216260). La questione della
competenza territoriale era stata già dedotta in appello e rigettata con articolata motivazione
legata a elementi oggettivi (v. pag. 4 e 5 della sentenza d’appello, anche a prescindere dalle
dichiarazioni spontanee del ricorrente riportate nella sentenza di primo grado e riprodotte nella
sentenza d’appello). Su questo punto il ricorso pecca di aspecificità , in quanto il prevenuto ha
confutato se non genericamente le valutazioni operate dai giudici di merito.
Deve sottolinearsi ancora in particolare che la Corte di merito ha vagliato criticamente tutti i

grado. Il ragionamento operato dai giudici di merito appare saldamente ancorato alle risultanze
processuali (si vedano i riferimenti alla provenienza delittuosa del bene, al possesso
incontestato del mezzo da parte del Palluotto, al comportamento processuale del prevenuto
che fornisce fondamento fattuale e giuridico all’ipotesi accusatoria). Nel ricorso pertanto si
prospettano esclusivamente valutazioni di elementi di fatto, divergenti da quelle cui è
pervenuto il giudice d’appello con motivazioni congrue ed esaustive, previo specifico esame
degli argomenti difensivi attualmente riproposti, anche con riferimento alla riqualificazione del
fartto ai s ensi dell’art. 712 cod. pen. e ai criteri utilizzati per la dosimetria della pena (v. pagg.
6 e 7).
La manifesta infondatezza nel merito

del ricorso rende inammissibile l’eccezione di

prescrizione del reato che secondo il ricorrente sarebbe maturata dopo la pronuncia della
sentenza d’appello.
Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve dichiararsi inammissibile e il
ricorrente deve essere condannato al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma di euro 1000,00 alla Cassa delle Ammende, visti i profili di colpa emergenti dal ricorso.
PQM
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.e
al versamento della somma di Euro 1000,00 in favore della Cassa delle ammende.
Roma, 18 giugno 2015
Il Coere• estensore
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Il Presidente

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