Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35783 del 22/05/2015


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 35783 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Pescatore Franca, nata il 05.04.1964
Dispoto Antonio nato il 05.10.1969
avverso la sentenza 3148/14 della Corte d’appello di Bologna, ha
sezione penale, dell’08.10.2014;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore

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Data Udienza: 22/05/2015

generale, uiro Àngeiiiis , che ha concluso il rigetto del ricorso;
MOTIVI della DECISIONE

1.Avverso la sentenza indicata in epigrafe che ha confermato ,a carico di
Pescatore e Dispoto, la sentenza di condanna del Tribunale di Ravenna,

del reato previsto e punito dall’art. 640 e 61, n. 7, c.p. perché, in concorso tra
loro, rispettivamente in qualità di legale rappresentante della CHAE::
84 CHIC di Cosenza, PESCATORE, e di stretto collaboratore di
auest’ultima. DISPOTO. contestualmente alla definizione con la OUICK 1721
di Ravenna del contratto di compravendita avente ad oggetto capi di
abbigliamento “CHIR1 E MAGILLA” per un importo complessivo di C 30.573,50 (a
fronte del quale veniva emessa la fattura n. 4248/07), con artifici e raggiri
consistiti nello anprofittare del rapporto fiduciario instauratosi in ragione di pregressi
rapporti commerciali già intercorsi tra loro e, soprattutto, nel consegnare, in pagamento
del prezzo dedotto in contratto, l’assegno bancario n. 0015006047-04, di importo pari al
prezzo concordato, tratto sul c/c 5/0/2948 aperto presso la BANCA DEL CREDITO
COOPERATIVO DI COSENZA, e rimasto insoluto per mancanza di fondi, traevano
in errore la società venditrice sulla validità di quella forma di pagamento, e così
si procurava l’ingiusto profitto costituito dalla disponibilità dei predetti capi
d’abbigliamento senza l’effettivo pagamento del prezzo, con corrispondente danno
patrimoniale per la persona offesa.
reato commesso in Ravenna in data compresa tra il 14 ed il 31 dicembre 2007.
Recidiva specifica ed infraquinquennale contestata in udienza

1.1 Ricorrono personalmente i due imputati chiedendo l’annullamento
della sentenza e deducendo a motivo:
a) la violazione dell’art. 606 I comma, lett. b) ed e) cod.proc.pen., in
relazione agli artt. 530 II° comma cod.proc.pen ed artt. ex artt. 640 ,61
n.7 cod.pen.Lamentano che la motivazione della sentenza si discosta dai
principi di legittimità dettati in materia di spendita di assegno post
datato, che è stato considerato insufficiente ,da solo, a trarre in inganno
il prenditore; la dipendente Giumarra,sanzionata dalla società per aver
accettato l’assegno post datato , non aveva reso una testimonianza
disinteressata la società costituitasi, essendo già stata risarcita del
danno.La contrattazione intercorsa con la società parte lesa,inoltre, non
evidenziava alcuna incongruenza e le dichiarazioni della parte lesa non
sono state valutate con il doveroso scrupolo : la Corte di merito ,infatti,
non ha adeguatamente motivato in ordine alle tesi difensive.
b) per il Dispoto,inoltre, inosservanza o erronea applicazione della legge
penale ex art. 606 lett.b) cod.proc.pen in relazione agli artt. 62 bis e 133
c.p., atteso il mancato riconoscimento delle attenuanti generiche e la
mancanza di una adeguata motivazione in merito.
2.11 ricorso è manifestamente infondato perché i motivi sono meramente
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del 18.10.2011 , in ordine ai reati di seguito indicati

ripetitivi di quelli prospettati con l’appello ,già tutti integralmente valutati
dalla Corte di merito e generici difettando di specificità, con riguardo alle
motivazioni argomentate dalla Corte ,che sono state censurate nel loro
complesso e non esaminate e contestate negli specifici assunti.
2.1 Del tutto inadeguata è la censura relativa all’assegno postdatato
avendo la Corte chiarito che la condotta truffaldina, si era sostanziata
negli artifici e raggiri di presentarsi con falso nome,i1 Disposto, di

vendere una partita di merce per un importo molto più elevato , nel
contrattare un quantitativo di merce del tutto inusuale rispetto ai
precedenti ordino’, nel sollecitare la consegna per provvedere
personalmente e in tutta fretta al trasporto della merce fino in Calabria
,con un furgone preso a noleggio per l’occasione ed in tale articolato
contesto, la consegna, a saldo, dell’ assegno postdatato privo di fondi non
costituiva il raggiro per eccellenza, ma uno degli elementi decettivi di
una più complessa condotta di induzione in errore. La motivazione della
Corte bolognase è congrua ilogica e risponde perfettamente ai principi dettati
da questa Corte in materia di truffa.
2.2 Anche il secondo motivo è manifestamente infondato: la Corte
territoriale ha adeguatamente motivato l’esclusione delle generiche con
assenza di elementi favorevoli di valutazione e in considerazione, per contro,
del mancato risarcimento del danno, della gravità del fatto in ragione
dell’intensità del dolo e della sp giudicatezza della condotta , nonché dei
precedenti, anch’essi caratterizzati da frode.
2.3 Va ,a tale proposito, ricordato che il riconoscimento delle attenuanti
rientra nell’ambito di un giudizio di fatto rimesso alla discrezionalità del
giudice, il cui esercizio deve essere motivato nei soli limiti necessari a far
emergere in misura sufficiente la sua valutazione circa l’adeguamento della
pena concreta alla gravità effettiva del reato ed alla personalità del reo
(Cass. sez.VI 28 ottobre 2010 n.41365, Straface). Nel motivare il diniego
della concessione delle attenuanti generiche non è necessario che il giudice
prenda in considerazione tutti gli elementi favorevoli o sfavorevoli dedotti
dalle parti o rilevabili dagli atti, ma è sufficiente che egli faccia riferimento a
quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disattesi o superati
tutti gli altri da tale valutazione (Cass. sez.VI 16 giugno 2010 n.34364,

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pagare un acconto per carpire la fiducia della parte lesa ed indurla a

Giovane.
3. Il ricorso ,per le ragioni che precedono deve essere dichiarato
inammissibile: ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il
provvedimento che dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata
che lo ha proposto deve essere condannata al pagamento delle spese
del procedimento, nonché – ravvisandosi profili di colpa nella
determinazione della causa di inammissibilità – al versamento a favore
della Corte costituzionale nella sentenza n. 186 del 2000, sussistendo
profili di colpa, si stima equo determinare in euro 1.000,00 (mille/00).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna i ricorrenti al pagamento
delle spese processuali e al versamento della somma di euro
mille,ci cuno, alla Cassa delle ammende.
Così dec 1 0 i Roma , il 22 maggio 2015

Il Consi

sore

Il Presidente

della Cassa delle ammende di una somma che, alla luce del dictum

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