Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35782 del 27/08/2013
Penale Sent. Sez. F Num. 35782 Anno 2013
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: DELL’UTRI MARCO
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Magellano Cosimo n. il 20.1.1965
Monno Michele n. il 28.2.1971
avverso la sentenza n. 3594/2012 pronunciata dal Tribunale di Bari il
3.12.2012;
visti gli atti, la sentenza e il ricorso;
udita nell’udienza pubblica del 27.8.2013 la relazione fatta dal Cons.
dott. Marco Dell’Utri;
udito il Procuratore Generale, in persona del dott. E. Delehaye, che
ha concluso per la dichiarazione d’inammissibilità del ricorso.
Data Udienza: 27/08/2013
Ritenuto in fatto
i. – Con sentenza in data 3.12.2012, il Tribunale di Bari, in accoglimento della congiunta istanza degli imputati e del pubblico ministero, ha applicato a Cosimo Magellano e a Michele Monno la pena
di un anno e quattro mesi di reclusione ed euro 300,00 di multa ciascuno, in relazione al reato di concorso nel tentativo di furto in appartamento aggravato, commesso in Bari 1’1.12.2012.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione
gli imputati, censurando la pronuncia impugnata in ragione del carattere sproporzionato della pena applicata nei relativi confronti, rispetto all’effettivo disvalore giuridico dei fatti oggetto di giudizio.
Considerato in diritto
2. – Il ricorso proposto dagli imputati è inammissibile.
Con riguardo all’impugnazione proposta dagli odierni imputati, è appena il caso di richiamare il consolidato insegnamento di questa corte di legittimità secondo cui, in caso di ricorso per cassazione
avverso una sentenza di applicazione della pena su richiesta delle
parti, deve ritenersi precluso alla corte di cassazione l’esame nel merito dei fatti sottoposti alla verifica del primo giudice, potendo il giudice di legittimità unicamente limitarsi al controllo della correttezza
concettuale della configurazione logico-giuridica del fatto, così come
prospettata dall’accordo delle parti e recepita nella descrizione dello
stesso nella motivazione della sentenza, con la conseguente inammissibilità del ricorso per cassazione che proponga (come nel caso di
specie) motivi concernenti la misura della pena, salvo non si versi in
ipotesi di pena illegale: ipotesi, quest’ultima, in questa sede non prospettata, né, peraltro, concretamente riscontrabile (cfr. Cass., Sez. 3,
n. 10286/2013, Rv. 254980; Cass., Sez. 6, n. 38943/2003, Rv.
227718; Cass., Sez. 3, n. 18735/2001, Rv. 219852).
Tanto appare sufficiente ai fini dell’accertamento della radicale inammissibilità dell’odierno ricorso, con la conseguente condanna
di ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della
somma di euro 1.500,00 in favore della cassa delle ammende, ai sensi
dell’art. 616 c.p.p., dovendo rilevarsi la colpa dei ricorrenti nella determinazione della causa d’inammissibilità dell’impugnazione.
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Per questi motivi
la Corte Suprema di Cassazione, dichiara inammissibile il ricorso e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.500,00 alla Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 27.8.2013.