Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35773 del 20/08/2015


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Penale Sent. Sez. F Num. 35773 Anno 2015
Presidente: FIANDANESE FRANCO
Relatore: DI NICOLA VITO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BONO BERNARDO N. IL 18/12/1975
avverso la sentenza n. 112/2014 CORTE APPELLO di PALERMO, del
12/01/2015
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 20/08/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. VITO DI NICOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. ) 4v-cre4-1
che ha concluso per A;.,C #2.-ta’so
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Udito, per la parte civile, l’Avv
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Data Udienza: 20/08/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Bernardo Bono ricorre per cassazione impugnando la sentenza emessa in
data 12 gennaio 2015 con la quale la Corte di appello di Palermo ha confermato
quella del tribunale di Trapani che, a seguito di giudizio abbreviato, aveva
condannato il ricorrente, con la diminuente del rito, alla pena di mesi dieci di
reclusione per il reato previsto dagli articoli 81 cpv. cod. pen., 5 decreto
legislativo 10 marzo 2000. n. 74 perché, con più azioni esecutive di un

Bernardo, con sede in Alcamo ed esercente l’attività di trasporto merci su strada,
al fine di evadere le imposte sui redditi, ometteva di presentare, essendovi
obbligato, le prescritte dichiarazioni annuali ai fini delle imposte relative agli anni
d’imposta 2005-2006-2007, con conseguente evasione delle imposte dirette
relative ai predetti anni di imposta per un ammontare complessivo superiore a C
77.468,53 per ciascun anno (C 139.388,69 per il 2005; C 80.504,20 per il 2006;
C 111.384,70 per il 2007). Fatto commesso in Alcamo il 29 gennaio 2007 per
l’anno di imposta 2005, il 24 dicembre 2007 per l’anno di imposta 2006, il 29
dicembre 2008 per l’anno di imposta 2007.

2.

Per la cassazione dell’impugnata sentenza il ricorrente, tramite il

difensore, solleva un unico motivo di gravame, articolato in più questioni, con il
quale lamenta la violazione della legge penale e l’illogicità della motivazione su
punti decisivi per il giudizio (articolo 606, comma 1, lettere b) ed e), codice di
procedura penale) sul rilievo che la Corte di appello avrebbe erroneamente
ritenuto superata la soglia di punibilità per ciascuno dei tre anni di imposta
convalidando il contenuto dell’accertamento svolto dalla Guardia di Finanza che
tuttavia non aveva contabilizzato alcun costo in relazione all’attività svolta dal
ricorrente, con conseguente illogicità della motivazione

in parte qua,

non

essendo ipotizzabile che l’imputato avesse svolto un’attività economica senza
sostenerne i costi.
Peraltro, la Corte territoriale sarebbe incorsa nel vizio di violazione di legge
ik.
laddove ha onerato’fricorrente di provare il mancato superamento della soglia di
punibilità.
Né la Corte d’appello ha considerato come la soglia di punibilità fissata nel
capo di imputazione fosse inferiore a quella invece necessaria per la integrazione
della fattispecie di reato contestato, tanto alla luce della sentenza della Corte
costituzionale (il riferimento è alla sentenza n. 80 del 2014 della Corte
costituzionale).
Peraltro la Corte distrettuale avrebbe, illogicamente e con mancanza di
motivazione, negato al ricorrente la concessione delle attenuanti generiche.

2

medesimo disegno criminoso, nella qualità di titolare della ditta individuale Bono

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è fondato per quanto di ragione in relazione all’anno di imposta
2005, mentre è infondato nel resto.

2. La Corte territoriale, quanto al calcolo dell’imposta evasa, ha osservato
come il ricorrente si fosse limitato a contestare la correttezza della metodologia

dall’ammontare dell’imposta, affermando che, a tal fine, si sarebbe tenuto conto
dei soli ricavi e non anche dei costi, senza però specificare quali voci passive
sarebbero state ignorate e quale l’incidenza di esse sul calcolo finale. Sotto tale
aspetto, la Corte distrettuale ha ricordato che l’imputato, presente alla verifica
compiuta dagli operanti in data 20 maggio 2011, non solo non aveva formulato
alcuna osservazione, alle contestazioni delle violazioni, ma neppure aveva esibito
alcuna scrittura contabile, né alcun altro documento fiscale obbligatorio, relativo
agli anni d’imposta dal 2005 al 2009, nonostante i reiterati inviti rivoltigli (per i
quali pertanto il ricorrente è stato considerato un evasore totale).
Perciò la valutazione del tribunale è apparsa alla Corte d’appello del tutto
corretta sul rilievo che, per la determinazione dell’imposta evasa, è sufficiente
tenere conto soltanto dei ricavi aziendali quando manchino del tutto elementi che
possano far ritenere la contemporanea esistenza di costi.

3. Nel pervenire a tali conclusioni, la Corte del merito si è uniformata
all’indirizzo già espresso da questa Corte secondo il quale la determinazione delle
imposte evase è legittimamente operata anche tenendo conto soltanto dei ricavi
aziendali in assenza di elementi che facciano ritenere l’esistenza di poste passive
(Sez. 3, n. 35858 del 07/06/2011, Feneri ed altri, Rv. 251281).
Va infatti considerato come, nel caso in esame, i giudici non siano stati
minimamente posti a conoscenza dell’esistenza di costi sicché, in ragione degli
elementi versati in atti, ad essi non si può rimproverare di aver omesso di
approfondirne l’ammontare quando la loro esistenza sia stata solo genericamente
affermata senza che lo stesso ricorrente sia stato in grado di specificare quali
voci passive sarebbero state pretermesse e come le stesse avrebbero inciso sul
calcolo finale.

4.

Altrettanto inesatta è l’affermazione, appena accennata in ricorso,

secondo cui l’ambito di operatività della sentenza n. 80 del 2014 della Corte
costituzionale avrebbe comportato ratione temporis un innalzamento della soglia

3

utilizzata dal tribunale per verificare il superamento della soglia, rappresentata

di punibilità ad euro 103.291,38, soglia che non sarebbe stata integrata con
riferimento alle violazioni relative all’imposta dovuta per l’anno 2006.
Sul punto va brevemente ricordato che la Corte costituzionale, con la
sentenza n. 80 del 12/03/2014, ha statuito che è costituzionalmente illegittimo,
per violazione dell’art. 3 Cost., l’art. 10-ter del d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, nella
parte in cui, con riferimento ai fatti commessi sino al 17 settembre 2011,
punisce l’omesso versamento dell’imposta sul valore aggiunto, dovuta in base
alla relativa dichiarazione annuale, per importi non superiori, per ciascun periodo

L’art 10-ter del d.lgs. n. 74 del 2000 infatti prevedeva, per effetto del
richiamo all’art. 10-bis dello stesso d.lgs., una soglia di punibilità più bassa
(50.000 euro) di quelle previste (anteriormente alle modifiche introdotte con
l’art. 2, comma 36-vicies semel, del d.l. n. 138 del 2011, aggiunto dalla legge di
conversione n. 148 del 2011) per i reati di omessa dichiarazione (77.468,53
euro) e di dichiarazione infedele (103.291,38 euro), ledendo così il principio di
uguaglianza per le conseguenze sanzionatorie palesemente illogiche che ne
derivavano.
Prima del citato intervento legislativo, infatti, a causa del difetto di
coordinamento tra dette soglie, nel caso in cui VIVA dovuta dal contribuente si
situasse nell’intervallo tra i 50.000,00 euro e i 77.468,53 euro, veniva trattato in
modo deteriore chi avesse presentato regolarmente la dichiarazione IVA, senza
versare l’imposta dovuta, rispetto a chi non avesse presentato la dichiarazione,
in quanto, nel primo caso, il contribuente rispondeva del reato di omesso
versamento dell’IVA, stante il superamento della relativa soglia di punibilità,
mentre nel secondo rimaneva esente da pena, non risultando attinto il limite di
rilevanza penale dell’omessa dichiarazione.
Analoga discrasia si riscontrava in rapporto alla soglia prevista in relazione
al reato di dichiarazione infedele.
Sul rilievo che le sperequazioni sanzionatorie manifestamente irragionevoli
rendono censurabile l’esercizio della discrezionalità pure spettante al legislatore
in materia di configurazione delle fattispecie astratte di reato (v., ex plurimis ,
Corte cost. sent. n. 68/2012, n. 273/2010 e n.47/2010), la Consulta ha ritenuto
leso, nel caso di specie, il principio di eguaglianza attinto dal fatto che l’omessa
dichiarazione e la dichiarazione infedele costituiscono illeciti incontestabilmente
più gravi, sul piano dell’attitudine lesiva degli interessi del fisco, rispetto
all’omesso versamento dell’IVA, considerato il carattere certamente più insidioso
per l’amministrazione finanziaria che tali condotte presentano.
Tuttavia, con le modifiche recate dal citato art. 2, comma 36-vicies semel,
del d.l. n. 138 del 2011, tale distonia è venuta meno e, siccome la nuova
disciplina è espressamente applicabile ai soli fatti successivi alla sua entrata in
4

di imposta, ad euro 103.291,38.

vigore (17 settembre 2011), il vulnus costituzionale permaneva con riguardo ai
fatti commessi sino a tale data.
Al fine di rimuovere nella sua interezza la riscontrata duplice violazione del
principio di eguaglianza, è stato quindi necessario allineare la soglia di punibilità
dell’omesso versamento dell’IVA (per i fatti commessi prima del 17 settembre
2011) alla più alta fra le soglie di punibilità delle violazioni in rapporto alle quali
si manifestava l’irragionevole disparità di trattamento: quella, cioè, della
dichiarazione infedele (euro 103.291,38).

anteriormente al 17 settembre 2011, aveva tuttavia superato la soglia di
punibilità di 77.468,53 euro, soglia che non può essere ritenuta irragionevole
rispetto a quella fissata, per i fatti commessi anteriormente al 17 settembre
2011, in euro 103.291,38 a seguito della sentenza della Corte costituzionale n.
80 del 2014 perché, in tale caso, la soglia di punibilità più bassa per il reato di
omessa dichiarazione non può certamente ritenersi irragionevole rispetto alla
soglia più alta prevista per il reato di omesso versamento dell’Iva costituendo il
primo, rispetto al secondo, un illecito di maggiore gravità, per come si desume
anche dal trattamento sanzionatorio edittale predisposto in via astratta nelle
rispettive fattispecie di reato.

5. Quanto infine alle doglianze riguardanti il trattamento sanzionatorio, la
Corte territoriale ha sottolineato che la pena edittale per il delitto contestato va
da uno a tre anni di reclusione e che dunque il tribunale aveva già applicato il
minimo della pena edittale, computando un aumento per la continuazione di soli
mesi tre di reclusione, per i reati satelliti, con la conseguenza che la pena finale,
applicata in concreto, doveva ritenersi del tutto avulsa da ogni ingiustificato
rigorismo, adeguata e proporzionale al danno cagionato all’erario, alla
reiterazione della condotta replicata per ben tre anni, nonché infine alla capacità
a delinquere dell’imputato (a carico del quale risultavano plurimi precedenti
penali per fatti compresi tra il 1994 il 2008).
Alla stregua di tali circostanze la Corte ha ritenuto l’imputato non meritevole
della concessione delle attenuanti generiche e della riduzione discrezionale della
pena.
Sotto tali aspetti, il ricorrente non si è minimamente confrontato con la ratio
decidendi della sentenza impugnata e la doglianza deve dunque ritenersi del
tutto priva di specificità.

6. La sentenza impugnata deve tuttavia essere annullata senza rinvio per
prescrizione in ordine al reato contestato per l’anno di imposta 2005, essendo la
causa estintiva del reato maturata (in data 29 settembre 2014), in epoca
5

Nel caso in esame, il ricorrente, sebbene avesse commesso i fatti

precedente all’emanazione della sentenza d’appello (del 12 gennaio 2015), che
avrebbe dovuto rilevarla.
Ciò comporta anche l’annullamento della sentenza impugnata con rinvio ad
altra Sezione della Corte di appello di Palermo per la definitiva commisurazione
del trattamento sanzionatorio con riferimento ai residui reati per gli anni di
imposta successivi, non potendo questa Corte procedere direttamente alla
determinazione della pena in mancanza, nelle sentenze di merito, dell’indicazione
del reato ritenuto più grave ed essendo stato l’aumento sanzionatorio per i reati

Il ricorso va rigettato nel resto.

P.Q.M.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata con riferimento al reato
contestato per l’anno di imposta 2005 perché estinto per prescrizione,
con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Palermo per la
rideterminazione del trattamento sanzionatorio.
Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 20/08/2015

satelliti fissato in misura globale.

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