Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35771 del 20/01/2017

Penale Sent. Sez. 3 Num. 35771 Anno 2017
Presidente: CAVALLO ALDO
Relatore: ANDREAZZA GASTONE

SENTENZA

sui ricorsi proposti da :

A.A.
B.B.
XX S.r.l.;
avverso la ordinanza del 10/06/2016 del Tribunale di Modena;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Gastone Andreazza;
lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore
generale G. Mazzotta, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;

Data Udienza: 20/01/2017

RITENUTO IN FATTO

1. A.A., B.B. e XXS.r.l. hanno proposto a mezzo dei
difensori ricorso nei confronti della ordinanza con cui il Tribunale di Modena ha
rigettato le richieste di riesame presentate dagli stessi avverso il decreto di

tributari e fallimentari sino alla concorrenza dell’importo di euro 17.319.607 per
plurimi reati tributari (in particolare quelli di cui agli artt. 2 e 8 del d.lgs. n. 74
del 2000) e fallimentari contestati come commessi da F.F..

2. A.A. con un primo motivo lamenta la mancanza di motivazione
nonché la violazione dell’art. 321 cod. proc. pen. relativamente all’affermazione
del provvedimento impugnato in ordine alla attribuita disponibilità di fatto dei
beni sequestrati alla ricorrente al marito della stessa F.F. che, in
realtà, significherebbe il ritorno al regime di divieto di donazione tra coniugi
contestando, in particolare ) il rilievo secondo cui il concetto di disponibilità
coinciderebbe con l’attinenza del bene agli interessi economici del soggetto,
quantunque esercitata attraverso altri soggetti; censura anche la ritenuta
attribuibilità a F.F.del libretto di risparmio intestato al figlio minore della
ricorrente acceso in data antecedente al periodo oggetto di attività di indagine.
Analogamente contesta la ricomprensione nei beni sequestrati anche di quelli
contenuti all’interno di cassetta di sicurezza a Forte dei Marmi destinata in realtà
ad ospitare monili usati dalla coppia durante il periodo estivo.

3. B.B. e la XX S.rI., con ricorsi di analogo contenuto, deducono
con un unico motivo la inosservanza dell’art. 324, comma 7, e 309, comma 9,
nonché mancanza assoluta di motivazione in ordine ai presupposti legittimanti
l’adozione del sequestro in danno di soggetto terzo e riguardante beni
appartenenti ad un terzo. Dopo avere ribadito, come già prospettato dinanzi al
Tribunale, che il rinvio operato dall’ art. 324, comma 7, all’art. 309 commi 9, 9
bis e 10 cod. proc. pen. deve essere inteso come rinvio effettuato al testo
vigente a seguito delle modifiche introdotte nel tempo prima ad opera della I. n.
332 del 1995 e poi della I. n. 47 del 2015, rileva di avere eccepito già dinanzi al
G.i.p. l’omessa motivazione delle ragioni del disposto sequestro in particolare in
relazione all’appartenenza solo formale a B.B. e alla XX S.r1. ed effettiva
all’indagato F.F.; successivamente era stata lamentata dinanzi al
2

sequestro preventivo anche per equivalente di beni mobili ed immobili per reati

Tribunale del riesame l’omessa autonoma valutazione del G.i.p. in ordine al
fumus

nonché alle esigenze cautelari; sennonché il Tribunale, con una

motivazione apodittica, ha omesso di considerare e confutare le suddette
argomentazioni difensive, in particolare non essendo stato indicato alcuno tra gli
elementi che secondo la giurisprudenza di legittimità possono essere significativi
di una effettiva disponibilità dei beni.

1. Va premesso che il provvedimento di sequestro finalizzato alla confisca per
equivalente ha avuto ad oggetto in particolare, per quanto qui rileva, da un lato,
il contenuto di due cassette di sicurezza intestate a A.A., moglie di
F.F. e, dall’altro, beni immobili intestati, tra gli altri, a B.B. e XX  s.r.l. sul presupposto che, in entrambi i casi, tali beni siano stati,
in realtà, nella disponibilità effettiva dell’indagato F.F..
Ed allora, con riguardo alla applicabilità della misura cautelare del sequestro
preventivo finalizzato alla confisca per equivalente di beni solo formalmente o
fittiziamente intestati a persona estranea al reato, va ricordato che il giudice è
gravato di uno specifico onere di motivazione in ordine al fatto che detti beni
siano nella disponibilità effettiva del soggetto indagato atteso che i beni in ordine
ai quali deve intervenire la misura devono porsi, laddove non sia possibile fare
ricorso al sequestro in via diretta, in rapporto di equivalenza rispetto al valore
rappresentato pur sempre dal profitto del reato che rappresenta il parametro
primario cui rapportare la misura (tra le altre, Sez. 6, n. 18766 del 18/02/2014,
dep. 06/05/2014, Giacchetto, Rv. 259131; Sez. 2, n. 5657 del 28/01/2014, dep.
05/02/2014, P.M. in proc. Scozzaro, Rv. 258210). E, nell’ambito di tale onere, si
è quindi affermato, da questa Corte, non essere sufficiente la dimostrazione della
mancanza, in capo alla persona estranea, delle risorse finanziarie necessarie per
acquisire il possesso dei cespiti, essendo invece necessaria la prova, con onere a
carico del P.M., della disponibilità degli stessi da parte dell’indagato (Sez. 3, n.
36530 del 12/05/2015, dep. 10/09/2015, Oksanych, Rv. 264763). Infatti,
diversamente ragionando, la motivazione si arresterebbe al solo aspetto “in
negativo”, rappresentato cioè dalla individuazione degli elementi dimostrativi
delle ragioni per le quali il terzo non potrebbe essere l’effettivo titolare del bene,
da ciò solo, però, non potendo discendere al tempo stesso, ed “in positivo”, la
dimostrazione che titolare effettivo dovrebbe essere l’indagato. E ciò, anche in
ragione dell’impossibilità di fare applicazione del diverso criterio, dettato per il
sequestro cosiddetto “allargato” di cui all’art. 12 sexies del d. I. n. 306 del 1992,

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CONSIDERATO IN DIRITTO

della presunzione, desunta da particolari indici, di non appartenenza effettiva al
formale titolare del bene.

2. Ribadita dunque la necessità della specifica motivazione nel senso appena
ricordato, va rilevato che nella specie, con riguardo in particolare ai beni
sequestrati a A.A., il Tribunale si è arrestato alla sola

ricorrente degli stessi senza spiegare perché questi debbano essere, sia pure
solo nei limiti di una valutazione ancorata alle caratteristiche interlocutorie della
fase cautelare de qua, ricondotti a F.F., così incorrendo, in relazione alla
mancanza di motivazione sul punto, nella violazione di legge dell’art. 125 cod.
proc. pen.
Il provvedimento impugnato ha infatti desunto la conclusione che il patrimonio
mobiliare depositato nelle cassette di sicurezza intestate alla ricorrente, ove
veniva depositato anche il libretto di risparmio del figlio, sia stato alimentato
unicamente dall’indagato Fioroni in virtù della “acclarata impossidenza della
moglie” (v. pag. 10), così facendo coincidere, in violazione del principio sopra
richiamato, la non possidenza della donna con la necessaria possidenza del
marito, e senza porre in rilievo eventuali atti di ingerenza sulla formazione o
sulla gestione di tali beni quali elementi indicativi di una tale conclusione.

3. Diversa invece la conclusione con riguardo ai beni sequestrati in danno di
B.B. e della XX s.r.I..
In tal caso, infatti, l’ordinanza impugnata appare avere motivato, in maniera non
certo apparente e, dunque, insindacabile, circa le ragioni per le quali i beni
immobili sequestrati debbano ricondursi, sempre nei limiti del criterio
probabilistico proprio della fase cautelare, all’indagato.
Infatti, per quanto riguardante B.B., i giudici hanno posto in rilievo, accanto
alla problematica conciliabilità della proprietà degli immobili con i modesti
redditi da lavoro dipendente dallo stesso dichiarati, e accanto ai non giustificati
passaggi degli stessi beni in pochi anni dallo stesso B.B. alla D.D.
Immobiliare e dalla D.D.  ancora a B.B. con oneri aggiuntivi e tra soggetti
aventi o aventi avuto la residenza formale nella stessa abitazione, il significativo
dato della inclusione, nelle disposizioni testamentarie redatte da F.F. nel
periodo 2005-2006, degli immobili in oggetto indicati come da vendere.
Con riguardo, poi, alla XX s.r.I., l’ordinanza ha evidenziato il rinvenimento, in
sede di perquisizione presso l’abitazione dell’indagato in via Manzoni 12, delle
chiavi di accesso della villa di Pietrasanta formalmente intestata alla XX, le
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considerazione degli elementi indicativi della appartenenza solo formale alla

dichiarazioni del legale rappresentante V.V. circa la disponibilità
dell’immobile sempre in capo a F.F., e il rinvenimento, nel computer
di F.F. , di scheda relativa proprio all’immobile in oggetto per il quale si indica
un mutuo da pagare.
Accanto a ciò l’ordinanza ha evidenziato gli elementi che portano a ritenere che
la WW s.a., cui New Line s.p.a. ebbe a cedere l’intera

computer dello stesso dei file ove la società è indicata tra le aziende a lui
riferibili, la indicazione della amministratrice unica della stessa, Terenzini
Fabrizia, nelle disposizioni testamentarie di F.F., quale sua beneficiaria, la
memorizzazione, in altro file, di codici account e password di accesso ai conti
correnti della WW.

4. Ne consegue, dunque, l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata
limitatamente alla posizione di A.A. con rigetto dei ricorsi di
B.B. e di XX

P.Q.M.

Annulla con rinvio l’ordinanza impugnata limitatamente alla posizione di
A.A. e rinvia al Tribunale di Modena per nuovo esame; rigetta i
ricorsi di B.B. e di XX s.r.l. che condanna al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 20 gennaio 2017

Il Consigl . re estensore

Il Presidente

partecipazione di XX s.r.I sia da rapportare a F.F., atteso il rinvenimento nei

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