Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35767 del 05/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35767 Anno 2013
Presidente: ZAMPETTI UMBERTO
Relatore: CAPOZZI RAFFAELE

Data Udienza: 05/07/2013

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BELLINI LUCA N. IL 26/08/1972
avverso il decreto n. 2/2012 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
25/09/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. RAFFAELE CAPOZZI;
lette/sentite-le conclusioni del PG Dott. P,ta,A H . (, Lt_ t, ej„,
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N.47180/12-RUOLO N.4 C.C.N.P. (2280)

RITENUTO IN FATTO
1.Con decreto del 25 settembre 2012 la Corte d’appello di Brescia ha confermato
il provvedimento del 12 giugno 2012, con il quale il Tribunale in sede ha
applicato a BELLINI Luca la misura di prevenzione della sorveglianza speciale di
p.s. con obbligo di soggiorno nel Comune di residenza per la durata di anni 3.

innanzi a questa Corte BELLINI Luca, deducendo violazione di legge in quanto nel
decreto di fissazione dell’udienza camerale di primo grado non era stata indicata
la forma di pericolosità sociale attribuitagli; e detta carenza era stata da lui
contestata sia in primo grado che in grado di appello, facendo presente che, nel
vigore della legge n. 1423 del 1956, l’invito a comparire i indirizzato ex art. 4
della citata legge alla persona nei cui confronti veniva chiesta l’applicazione di
una misura di prevenzione, doveva essere considerato come uno strumento di
contestazione che aveva ad oggetto la forma di pericolosità che si intendeva
porre a fondamento della richiesta, si che la sua mancanza dava luogo ad una
nullità assoluta di ordine generale; e, passando dalla norma sopra descritta a
quella contenuta nell’art. 7 del d.lgs. n. 159 del 2011, il legislatore non aveva
inteso disconoscere le garanzie giurisdizionali stratificatesi nel corso di una
pluriennale elaborazione giurisprudenziale a tutela del diritto di difesa .

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso proposto da BELLINI Luca è fondato.

2.La giurisprudenza di questa Corte, nella vigenza dell’art. 4 della legge n. 1423
del 1956, ha sempre concordemente ritenuto che l’invito a comparire indirizzato
alla persona nei cui confronti veniva chiesta l’applicazione di una misura di
prevenzione dovesse essere considerato, al pari del decreto di citazione a
giudizio, come uno strumento di contestazione che doveva indicare la forma di
pericolosità che si intendeva porre a base della misura proposta e gli elementi di
fatto, dai quali si riteneva di poter evincere la sussistenza di detta forma di
pericolosità; era pertanto richiesto che il decreto di citazione contenesse fin dal
primo grado, a pena di nullità, l’indicazione non solo della misura di cui si
chiedeva l’applicazione, ma anche del tipo di pericolosità posta a fondamento
della richiesta (cfr., in termini, Cass. Sez. 1 n. 49279 del 30/11/2004, Scutti, Rv.
230769).
1

2.Avverso detto decreto della Corte d’Appello di Brescia ricorre personalmente

3.Non può invero ritenersi che con il passaggio dall’art. 4 commi sesto e seguenti
della legge n. 1423 del 1956 all’art. 7 del d.lgs. n. 159 del 2011 il legislatore
abbia inteso in qualche modo modificare il procedimento applicativo delle misure
di prevenzione, si che la giurisprudenza di legittimità sopra richiamata è da
ritenere tuttora valida ed attuale, nel senso che anche nel vigore della nuova
normativa il proposto deve essere fin dall’inizio consapevole del tipo di
pericolosità di cui è ritenuto essere portatore, onde consentirgli un adeguato

D’altra parte la continuità fra i due testi normativi in questione si coglie anche
rilevando come l’art. 4 comma sesto della legge n. 1423 del 1956 fa riferimento
agli artt. 636 e 637 del cod. proc. pen. del 1930, ora riferibili all’art. 678
dell’attuale cod. proc. pen., che regola il procedimento di sorveglianza e che
contiene un esplicito rinvio all’art. 666 cod. proc. pen., concernente il
procedimento di esecuzione.
Ora, che l’art. 7 del d.lgs. n. 159 del 2011 non contenga alcuna disposizione che
possa far pensare ad una discontinuità con la normativa precedente e che, con il
d.lgs. n. 159 del 2011, il legislatore abbia inteso piuttosto regolare il
procedimento di prevenzione con maggiore precisione ed organicità, sulla
falsariga del procedimento camerale di cui all’art 127 cod. proc. pen., può altresì
desumersi dalla circostanza che al comma 9 del citato art. 7 del d.lgs. n. 159 del
2011 è contenuto, come norma di chiusura, un richiamo all’art. 666 cod. proc.
pen., che è presente anche nella legge n. 1423 del 1956; il che costituisce
ulteriore conferma del fatto che il d. Igs. n. 159 del 2011 deve interpretarsi
secondo il criterio della stretta continuità con quanto in precedenza contenuto
nella legge n. 1423 del 1956.
Il d. Igs. n. 159 del 2011 ha invero avuto la chiara e condivisibile finalità non di
innovare, quanto piuttosto di ridurre ad unità e dare maggiore organicità ad una
materia, quale la prevenzione, le cui norme fondamentali erano in precedenza
rinvenibili in diversi testi di legge.

4.Da quanto sopra consegue l’annullamento del decreto impugnato, nonché del
decreto emesso in primo grado dal Tribunale di Brescia in data 12 giugno 2012,
con rinvio degli atti al Tribunale di Brescia, per nuovo giudizio.
F21 9,21,1,
Annulla il decreto impugnato ed altresì quello emesso dal Tribunale di Brescia il
12 giugno 2012 e rinvia per nuovo giudizi al Tribunale di Brescia.
,1TATA
Così deciso il 5 luglio 2013.

diritto di difesa.

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