Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35744 del 25/06/2014


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Penale Ord. Sez. 7 Num. 35744 Anno 2014
Presidente: DI VIRGINIO ADOLFO
Relatore: PAOLONI GIACOMO

ORDINANZA

sul ricorso proposto da:
PERDONO’ FRANCESCO N. IL 27/08/1980
avverso la sentenza n. 1373/2010 CORTE APPELLO di BARI, del
04/02/2013
dato avviso alle parti;
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. GIACOMO PAOLONI;

Data Udienza: 25/06/2014

c. c.: 25-6-14

FATTO E DIRITTO
1 .-. Perdonò Francesco ricorre per cassazione avverso la sentenza di cui in epigrafe,
deducendo violazione di legge e vizio di motivazione in punto di affermazione della
sua responsabilità. Denuncia altresì gli stessi vizi in ordine alla mancata dichiarazione
di estinzione del reato a lui ascritto per prescrizione.
2 .-. Il primo motivo di ricorso deve essere dichiarato inammissibile, in quanto basato
su doglianze non consentite in sede di giudizio di legittimità. Le censure del ricorrente
attengono invero alla valutazione della prova, che rientra nella facoltà esclusiva del
giudice di merito e non può essere posta in questione in sede di giudizio di legittimità
quando fondata su motivazione congrua e non manifestamente illogica. Nel caso di
specie, i giudici di appello hanno preso in esame tutte le deduzioni difensive e sono
pervenuti alla conferma della sentenza di primo grado attraverso un esame completo ed
approfondito delle risultanze processuali, in nessun modo censurabile sotto il profilo
della congruità e della correttezza logica.
I rilievi relativi alla mancata dichiarazione di estinzione del reato per intervenuta
prescrizione sono palesemente infondati. Il reato ascritto al prevenuto, commesso in
data 15-11-2006, si prescrive in data 15-5-2014, successiva alla sentenza impugnata (42-2013) e la declaratoria di inammissibilità prevale su quella di estinzione del reato per
prescrizione maturata dopo la sentenza di secondo grado (v., da ultimo, Cass., sez. un.,
n. 32, dep. 21 dicembre 2000, De Luca; Cass., sez. un. n. 15, dep, 15 settembre 1999,
Piepoli).
3 .-. Alla inammissibilità del ricorso consegue ex art. 616 c.p.p. la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa
delle ammende che, in ragione delle questioni dedotte, si stima equo determinare in
euro mille, non ravvisandosi ragioni per escludere la colpa nella determinazione della
causa di inammissibilità.
P.Q.M.
la Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 (mille) in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso in Rima, in data 25-6-14.

R.G. n. 47103-13

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