Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35739 del 02/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35739 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: ROMBOLA’ MARCELLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SEMINARA SALVATORE N. IL 20/08/1946
avverso la sentenza n. 606/2011 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 10/07/2012
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 02/07/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. MARCELLO ROMBOLA’
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. 210.,thz,
che ha concluso per e evuuk,Gtfab~zet—f5″ cvi t (1,-t,LAriod4 .è. l

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

cc

Data Udienza: 02/07/2013

Con sentenza 10/7/12 la Corte di Appello di Caltanissetta confermava la sentenza 1/12/11 del
Tribunale di Enna che condannava Seminara Salvatore, con la contestata recidiva, alla pena
mesi 9 di reclusione ed euro 900 di multa per il reato ex art. 12.5. d.lgs. n. 286/98 (accertato
in Piazza Armerina il 13/4/06) di favorita permanenza di uno straniero nel territorio dello Stato
al fine di trarre un ingiusto profitto dalla sua situazione di irregolarità: durante un controllo dei
CC presso l’ovile del Seminara erano trovati un cittadino tunisino regolarmente soggiornante
(tale Salem Kamel) e il rumeno, allora extracomunitario, Tanasa Ioachim. I due alloggiavano in
un angusto locale in pessime condizioni igieniche e lavoravano ininterrottamente per un salario
incerto dalle 6 alle 18 di ogni giorno. Quindi l’azione penale e le sentenze di primo e di secondo
grado.
Ricorreva per cassazione la difesa del Seminara, deducendo: 1) violazione di legge processuale
laddove l’imputato era stato condannato in base alle dichiarazioni rese nella fase delle indagini
preliminari dai testi Tanasa e Salem, non rinnovate in dibattimento perché (almeno sulla base
delle superficiali ricerche effettuate nel circondario) non più reperiti e dichiarati irreperibili; 2)
violazione di legge penale e processuale e vizio di motivazione laddove si era ritenuto integrato
sulla base delle prove raccolte (le testimonianze del Tanasa e del m.11o CC Melluso Alessandro)
il reato contestato (nonostante che, per la sola settimana di lavoro fin lì prestato, il Tanasa
avesse già ricevuto dal Seminara 300 euro); 3) violazione di legge processuale laddove si era
ritenuta la colpevolezza dell’imputato al di là di ogni ragionevole dubbio; 4) violazione di legge
e vizio di motivazione in ordine alla mancata concessione della sospensione condizionale della
pena; 5) violazione di legge e vizio di motivazione sui criteri di determinazione della pena; 6)
violazione di legge e vizio di motivazione sulla mancata concessione delle attenuanti generiche;
7) violazione di legge e vizio di motivazione sulla mancata applicazione dell’indulto. Concludeva
in conformità.
Alla pubblica udienza fissata per la discussione il PG chiedeva l’annullamento con rinvio della
sentenza. Nessuno compariva per il ricorrente.
Considerato in diritto
Il ricorso, infondato, va respinto. Nonostante il corretto rilievo del PG circa l’omessa assunzione
di alcune prove orafi nel contraddittorio delle parti (la deposizione dei testi Tanasa e Salem, dei
quali non è stata effettuata un’esauriente ricerca sul territorio nazionale prima di dare lettura
in dibattimento ai sensi dell’art. 512 cpp delle dichiarazioni da loro rese in sede di indagini), va
tuttavia dato atto che la prova fonda anche sulla testimonianza del maresciallo Melluso, che nel
contraddittorio delle parti ha dato conto di quanto potuto constatare durante l’accesso all’ovile
del Seminara, e le ammissioni dell’imputato stesso. Per affermata giurisprudenza (v. per tutte
Cass., sez, VI, sent. n. 10094 del 22/2/05, rv. 231832), “anche in sede di legittimità, allorché
con il ricorso per cassazione sia eccepita l’illegale assunzione di una prova, è consentito
procedere alla cosiddetta ‘prova di resistenza’, ossia valutare se tali elementi di prova acquisiti
illegittimamente abbiano avuto un peso reale sulla decisione del giudice di merito, mediante il
controllo della struttura della motivazione, al fine di stabilire se la scelta di una determinata
soluzione sarebbe stata la stessa, anche senza l’utilizzazione di quegli elementi, per la
presenza di altre prove ritenute di per sé sufficienti a giustificare l’identico convincimento”. Nel
caso in esame la deposizione del Melluso e le ammissioni del Seminara consentono di ritenere
provati tutti gli elementi, oggettivi e soggettivi, del reato di cui all’art. 12.5. d.lgs. 286/98, che
consiste nella favorita permanenza nel territorio dello Stato dello straniero irregolare al fine di
trarre ingiusto profitto dalla sua condizione di illegalità. Oggettive, come emergono dai rilievi
fotografici in atti, le pessime condizioni igienico sanitarie del locale di quattro metri per quattro
1

Ritenuto in fatto

Al rigetto del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Pqm
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Roma, 2/7/13
Il

(e un’unica finestrella) con tre letti e senza servizi (a parte una doccia e un lavandino) in cui
erano ospitati i due lavoratori stranieri. Il teste conferma altresì gli esiti del sopralluogo, dove
si fa pure cenno al diffuso cattivo odore, dovuto anche alla contiguità del locale a quelli dove
erano custodite le bestie. E’ lo stesso Seminara ad ammettere, sia pure come iniziato da pochi
giorni, il rapporto di lavoro con i due extracomunitari (che gli avevano detto entrambi di essere
in possesso del permesso di soggiorno) e quanto al Tanasa, in particolare, di avergli anticipato
300 euro da mandare in Romania per sostentare i suoi familiari. Decisivo, a fronte di ciò, per
ritenere provato il dolo anche specifico del Seminara, la materiale detenzione da parte di costui
(altrimenti ingiustificata) del passaporto del Tanasa (privo invece del permesso di soggiorno).
Infondati, dunque, i primi due motivi di ricorso, potendosi di conseguenza affermare, quanto al
terzo, che è stata superata, per la condanna, la soglia del ragionevole dubbio. Motivata (per i
precedenti penali) la mancata concessione della sospensione condizionale della pena (quarto
motivo). Altrettanto motivata (secondo i criteri oggettivi e soggettivi previsti dall’art. 133 cp)
l’entità della pena (quinto motivo). Allo stesso modo (sesto motivo) la mancata concessione
delle attenuanti generiche (in base a quegli stessi criteri, oltre al non ravvisato comportamento
processuale dell’imputato di particolare merito). L’eventuale applicazione dell’indulto (settimo
motivo) è più utilmente valutabile in sede di esecuzione, specie in presenza (come nel caso) di
imputato detenuto (penalmente perseguito) per altro.

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