Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35730 del 10/06/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35730 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Baccioni Ciolini Elio, nato a Firenze il 18/08/1946

avverso la sentenza del 20/12/2013 della Corte d’Appello di Roma

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Gioacchino Izzo, che ha concluso per l’annullamento con rinvio della sentenza
impugnata limitatamente al trattamento sanzionatorio;
udito per l’imputato l’avv. Franco Brogi, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso;

RITENUTO IN FATTO

Con la sentenza impugnata veniva confermata, con la riqualificazione del
fatto, contestato quale violazione dell’art. 469 cod. pen., nel reato di cui all’art.
1

Data Udienza: 10/06/2015

468 cod. pen., la sentenza del Tribunale di Roma del 22/10/2008, con la quale
Elio Baccioni Ciolini era ritenuto responsabile della contraffazione dello stemma
della Repubblica Italiana su tesserini di identificazione e altri documenti intestati
all’associazione Antiracket Antiusura SIS Onlus da lui gestita in Roma,
sequestrati il 08/07/2008; e condannato alla pena di anni uno e mesi sei di
reclusione ed € 300 di multa.
L’imputato ricorrente deduce:
1.

violazione di legge e vizio motivazionale sull’affermazione di

documenti finalizzati unicamente ad un’identificazione elitaria dei frequentatori
della sede dell’associazione;
2. violazione di legge e vizio motivazionale sulla determinazione della pena;
la stessa sarebbe rimasta invariata, rispetto a quella stabilita in primo grado,
nonostante la derubricazione del fatto in un reato sanzionato con pena edittale
meno grave.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi dedotti sull’affermazione di responsabilità dell’imputato sono
inammissibili.
Il ricorrente ripropone genericamente la tesi della grossolanità del falso,
valutata e ritenuta infondata dalla Corte territoriale, conformemente ai principi
affermati da questa Corte (Sez. 5, n. 36647 del 04/06/2008, Vena, Rv. 241302),
nell’evidenziare come la falsità non fosse riconoscibile da chiunque ictu ()culi,
essendo stata nella specie rilevata dai Carabinieri operanti in base alla loro
conoscenza ed esperienza; mentre manifestamente inconferente, rispetto a tali
conclusioni, è il rilievo sulla circolazione dei documenti in esame nell’ambito
ristretto dell’associazione dell’imputato, circostanza che non attiene alla
riconoscibilità del falso e non esclude la lesione della pubblica fede.

2. Anche i motivi dedotti sulla determinazione della pena sono inammissibili.
Il presupposto delle censure del ricorrente, ossia la derubricazione del reato
contestato in primo grado in altro sanzionato meno gravemente, è invero
manifestamente infondato. Il reato originariamente contestato non era,
contrariamente a quanto sostenuto dal ricorrente, quello di cui all’art. 467 cod.
pen., bensì il reato di cui all’art. 469 cod. pen., sanzionato con pena edittale
ridotta di una terzo rispetto a quella prevista dal precedente art. 468; rispetto al
quale il fatto, riqualificato con la sentenza impugnata quale violazione per

responsabilità; il falso contestato sarebbe grossolano in quanto riguardante

l’appunto di detto art. 468, veniva pertanto ricondotto ad una fattispecie più
grave, tanto non consentendo l’irrogazione di una maggiore pena in difetto di
impugnazione del pubblico ministero, ma neppure imponendo, ovviamente, una
mitigazione del trattamento sanzionatorio.
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della
Cassa delle Ammende che, valutata l’entità della vicenda processuale, appare

P. Q. M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende.
Così deciso il 10/06/2015

equo determinare in C 1.000.

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