Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35729 del 10/06/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35729 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LEOPOLDO LIDIA N. IL 17/01/1969
avverso la sentenza n. 3687/2010 CORTE APPELLO di ROMA, del
18/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANGELO CAPUTO
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Data Udienza: 10/06/2015

Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. G. Izzo, che ha concluso per il rigetto del ricorso. Udito altresì
per la ricorrente l’avv. F. P. D’Urbano, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza deliberata il 23/10/2009, il Tribunale di Roma dichiarava

contraffatto una carta di identità e una tessera sanitaria apparentemente a nome
Lepre Cristina) e del reato di cui agli artt. 56, 640, 61, primo comma, n. 7, cod.
pen. (tentata truffa in danno della Banca Nazionale del Lavoro) e la condannava
alla pena di giustizia.
Investita dell’appello dell’imputata, la Corte di appello di Roma, con
sentenza deliberata il 18/11/2013, ha dichiarato non doversi procedere per
difetto di querela in ordine al reato di tentata truffa e ha confermato la sentenza
di primo grado in ordine al reato di falso, rideterminando la pena irrogata alla
Leopoldo.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Roma ha proposto
ricorso per cassazione Leopoldo Lidia personalmente e attraverso il difensore
avv. F. P. D’Urbano, con distinti atti, articolando quattro motivi, di analogo
contenuto argomentativo, di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173,
comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo lamenta violazione dell’art. 110 cod. pen. in relazione agli
artt. 477 e 482 cod pen., con riferimento alla ritenuta contraffazione di una
carta di identità e di una tessera sanitaria, vizi di motivazione e mancanza di
correlazione tra l’imputazione e le sentenze di condanna. In contrasto con
l’imputazione, le sentenze di merito concludono che l’imputata ha in ogni caso
concorso, con altri che ha rivestito il ruolo di autore in senso stretto del reato,
alla falsificazione dei due documenti, omettendo, in primo luogo, di rispondere
alle censure proposte con l’atto di appello circa la discrasia tra la contestazione
monosoggettiva del reato di falso e la responsabilità ritenuta almeno
concorrendo nel reato. In violazione dell’art. 110 cod. pen., la Corte di appello ha
fatto riferimento all’interesse personale dell’imputata alla falsificazione, laddove
tale interesse rappresenta un fattore psicologico intimo che non comporta alcun
contributo causale alla falsificazione stessa, così come l’utilizzazione del
documento, che interviene quando la falsificazione si è già perpetrata. In terzo
luogo, la . sentenza impugnata è incorsa nel vizio di violazione del principio di

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Leopoldo Lidia colpevole del reato di cui agli artt. 477 e 482 cod. pen. (per avere

correlazione tra imputazione e sentenza (art 521, comma 2, cod. proc. pen.),
sanzionata con la nullità (art. 522, comma 1, cod. proc. pen.).
Il secondo motivo denuncia violazione dell’art. 49, secondo comma, cod.
pen. in relazione agli artt. 477, 482 cod. pen. con riguardo alla contraffazione di
una tessera sanitaria e mancanza di motivazione. Con l’atto di appello era stato
dedotto il carattere grossolano della falsificazione della tessere sanitaria (come
risultante dalla denuncia di Gianluca Morelli e da quanto dichiarato dall’agente
Antonio Cubeddu), ma la sentenza di appello ha confermato la sentenza di primo

dall’appellante.
Il terzo motivo denuncia violazione dell’art. 451, comma 4, cod. proc. pen.
in relazione all’art. 179, comma 1, 185, commi 1, 2 e 3, cod. proc. pen. per non
avere la sentenza di appello dichiarato la nullità della sentenza di primo grado
per mancata contestazione da parte del Pubblico Ministero, dell’imputazione
all’imputata presente nello svolgimento del giudizio direttissimo. Avvenuta la
convalida dell’arresto, il P.M. avrebbe dovuto procedere alla contestazione orale
dell’accusa, dando inizio al processo, il che non è avvenuto, sicchè si è svolto un
processo senza contestazione, con conseguente nullità insanabile e rilevabile in
ogni stato e grado del procedimento, che non può essere sanata, come
sostenuto dalla sentenza impugnata, dalla scelta dell’imputata in favore del
giudizio abbreviato.
Il quarto motivo denuncia violazione dell’art. 133 cod. pen. in relazione agli
artt. 477 e 482 cod. pen. e vizi di motivazione. Oltre a non tener conto della
dedotta grossolanità della falsificazione della tessera sanitaria, la sentenza
impugnata è viziata, quanto alla commisurazione della pena, in ordine alla
gravità del pericolo cagionato alla persona offesa e al motivo a delinquere,
sicuramente riconducibile allo stato di bisogno economico dell’imputata.

CONSIDERATO IN DIRITTO

Il ricorso è solo in parte fondato.
Muovendo, in ordine di priorità logico-giuridica, dall’esame del terzo motivo,
esso è infondato. La sentenza di primo grado ha dato atto che l’imputata era
stata tratta in arresto il 22/09/2009 e che il giorno successivo era stata
presentata dinanzi al Tribunale per la convalida dell’arresto in ordine alle
imputazioni «così come formulate dal P.M.» e per il contestuale giudizio
direttissimo (vds. atto a f. 30); convalidato l’arresto e concesso il termine a
difesa, il processo veniva rinviato all’udienza del 23/10/2009, nel corso della
quale l’imputata chiedeva l’ammissione al giudizio abbreviato. La ricorrente non

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grado anche su questo punto, omettendo di motivare sulla censura articolata

contesta la ricostruzione dell’iter del processo così come descritta dal giudice di
primo grado, ma, nel denunciare la dedotta nullità assoluta, fa leva sulla tesi che
«avvenuta la convalida dell’arresto» – convalida preceduta, come si è visto, dalla
presentazione dell’imputata per la convalida e il successivo giudizio direttissimo
in ordine alle imputazioni formulate dal P.M. – «il P.M. avrebbe dovuto procedere
alla contestazione orale dell’accusa». La tesi difensiva non merita accoglimento,
posto che, al lume dell’art. 163 disp. att. cod. proc. pen., nel caso previsto
dall’art. 558, comma 1, cod. proc. pen., la presentazione dell’arrestato al giudice

il quale formula l’imputazione», atto, questo, attraverso il quale viene esercitata
l’azione penale ed instaurato il processo.
Il primo motivo è del pari infondato, in forza del consolidato principio di
diritto, condiviso dal Collegio, in forza del non sussiste violazione del principio di
necessaria correlazione tra accusa e sentenza quando, contestato a taluno un
reato commesso uti singulus, se ne affermi la responsabilità in concorso con altri
(Sez. 6, n. 21358 del 05/05/2011 – dep. 27/05/2011, Cella, Rv. 250072; conf.,
ex plurimis, Sez. 6, n. 24438 del 06/05/2005 – dep. 28/06/2005, Musiu ed altri,
Rv. 231855). Esclusa la denunciata violazione del principio di correlazione tra
accusa e sentenza, anche le doglianze incentrate sui riferimenti dei giudici di
merito all’interesse personale dell’imputata alla falsificazione e all’utilizzazione
del documento non inficiano la tenuta logico-argomentativa della sentenza
impugnata, nel cui percorso motivazionale i riferimenti indicati integrano
elementi indiziari ritenuti, sulla base di motivazione coerente con i dati probatori
richiamati e immune dai vizi denunciati, dimostrativi della partecipazione
dell’imputata al fatto.
Il secondo motivo è, invece, fondato. L’atto di appello aveva espressamente
dedotto il carattere grossolano della falsificazione della tessera sanitaria,
richiamando la denuncia – querela di Gianluca Morelli e i contenuti della
comunicazione di notizia di reato (che descrivevano detto documento come
“palesemente” falso). A fronte della specifica doglianza articolata dall’appellante,
la Corte di appello ha escluso, genericamente, la sussistenza del falso grossolano
in un contesto argomentativo, peraltro, riferibile al documento di identità e privo
di qualsiasi indicazione in merito alla tessera sanitaria. Posto che sussiste il vizio
di mancanza di motivazione, quando le argomentazioni addotte dal giudice a
fondamento dell’affermazione di responsabilità dell’imputato siano prive di
completezza in relazione a specifiche doglianze formulate con i motivi di appello
e dotate del requisito della decisività (Sez. 5, n. 2916 del 13/12/2013 – dep.
22/01/2014, Dall’Agnola, Rv. 257967), la sentenza impugnata, in parte qua,
deve essere annullata con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma

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per la convalida e il contestuale giudizio è disposta dal P.M. «con l’atto mediante

per nuovo esame, che dovrà estendersi al complessivo trattamento
sanzionatorio, restando assorbito l’ultimo motivo di ricorso.
Pertanto, la sentenza impugnata deve essere annullata limitatamente al
reato di falso relativo alla tessera sanitaria, con rinvio per nuovo esame ad altra
sezione della Corte di appello di Roma, mentre, nel resto, il ricorso deve essere
rigettato.

Annulla la sentenza impugnata limitatamente al reato di falso relativo alla
tessera sanitaria con rinvio ad altra sezione della Corte di appello di Roma per
nuovo esame. Rigetta nel resto il ricorso.
Così deciso il 10/06/2015.

P.Q.M.

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