Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35727 del 10/06/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35727 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: CAPUTO ANGELO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CALDARAS PETRU N. IL 10/03/1968
CVETKOVIC FLORICA N. IL 26/04/1961
avverso la sentenza n. 2710/2013 CORTE APPELLO di GENOVA, del
24/02/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 10/06/2015 la relazione fatta dal
– – -Censigliere Dott. ANGELO CAPUTO

Data Udienza: 10/06/2015

..
Udito il Sostituto Procuratore generale della Repubblica presso questa Corte
di cassazione dott. G. Izzo, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
Udita altresì per i ricorrenti l’avv. B. Baroni, che ha concluso per l’accoglimento
del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

Con sentenza deliberata il 26/02/2014, la Corte di appello di Genova ha

all’esito del giudizio abbreviato, aveva dichiarato Caldaras Petru e Cvetkovic
Flora colpevoli del reato di furto pluriaggravato di energia elettrica.
Avverso l’indicata sentenza della Corte di appello di Genova hanno proposto
ricorso per cassazione, con distinti atti, Caldaras Petru e Cvetkovic Flora,
articolando due motivi, di analogo contenuto argomentativo, di seguito enunciati
nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
Il primo motivo denuncia contraddittorietà della motivazione: la sentenza
impugnata sottolinea a più riprese che i ricorrenti non hanno fornito alcuna
spiegazione per confutare gli elementi raccolti dall’accusa, laddove gli stessi
avevano reso interrogatorio dinanzi alla polizia giudiziaria, prospettando la
propria versione dei fatti.
Il secondo motivo denuncia l’inutilizzabilità delle (ritenute) spontanee
dichiarazioni per mancata verbalizzazione delle stesse: ai fini dell’utilizzabilità
delle dichiarazioni spontanee nel giudizio abbreviato è necessario che le stesse
siano quanto meno verbalizzate ai sensi dell’art. 357, comma 2, lett. b), cod.
proc. pen., laddove nel caso di specie sono state estrapolate da un’annotazione
di servizio, risultando quindi affette da inutilizzabilità patologica.

CONSIDERATO IN DIRITTO

I ricorsi devono essere rigettati.

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Il primo motivo è, nel suo complesso, infondato.
La Corte di merito ha rilevato che all’interno della struttura abitata dagli
imputati si utilizzava illecitamente l’energia elettrica in quanto le numerose
apparecchiature elettriche (televisori, frigoriferi, stufe e altro) erano “collegate”
alla fonte di energia elettrica e le stanze erano illuminate, sicché il collegamento
abusivo era funzionante. Da tale dato probatorio discende, nel percorso
argonnentativo della Corte di merito, che il rilievo secondo cui la struttura
sarebbe stata frequentata da numerose concittadini degli imputati – rilievo,
questo, che la sentenza impugnata esamina in quanto dedotto dal difensore degli
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confermato la sentenza del 27/10/2011 con la quale il Tribunale di Genova,

odierni ricorrenti – risulta, per un verso, smentito dalla annotazione di servizio
riportante quanto dichiarato dagli stessi (ossia di abitare stabilmente
nell’abitazione) e, per altro verso, è comunque inidoneo ad escludere la loro
responsabilità, posto che, qualora fossero stati individuati altri abitanti
dell’alloggio, anche a quest’ultimi sarebbe stata estensibile l’affermazione di
responsabilità.
Ciò premesso in ordine al percorso argomentativo seguito dalla sentenza
impugnata, deve rilevarsi che i ricorrenti, pur facendo riferimento ad una

travisamento della prova, vizio che, secondo la giurisprudenza di questa Corte, è
configurabile quando si introduce nella motivazione un’informazione rilevante che
non esiste nel processo o, come nel caso di specie secondo la prospettazione dei
ricorsi, quando si omette la valutazione di una prova decisiva ai fini della
pronuncia (Sez. 2, n. 47035 del 03/10/2013 – dep. 26/11/2013, Giugliano, Rv.
257499); per la sussistenza del vizio, è necessario che il dato probatorio decisivo
ai fini della pronuncia il cui esame si assume pretermesso sia dotato di
un’autonoma forza esplicativa e dimostrativa tale da disarticolare l’intero
ragionamento della sentenza e da determinare al suo interno radicali
incompatibilità (Sez. 6, n. 14054 del 24/03/2006 – dep. 20/04/2006, Strazzanti,
Rv. 233454). Al lume dei princìpi richiamati, il motivo risulta generico, posto che,
nella sua articolazione, la deduzione si limita a far riferimento alla versione dei
fatti degli imputati, omettendo di indicare i profili in relazione ai quali le
risultanze di cui ai verbali di interrogatorio in questione assumerebbero valenza
di prova decisiva nel senso appena indicato. Sotto questo aspetto, la genericità
delle doglianze si apprezza anche in riferimento al rilievo che la Corte di appello
ha valutato – sia pure individuandola come proveniente solo dalla difesa tecnica
– la prospettazione difensiva circa la frequentazione dell’abitazione da parte di
concittadini dei ricorrenti, i quali, dunque, ai fini della specificità del motivo,
avrebbero dovuto compiutamente dedurre una valenza dimostrativa autonoma
dei suddetti interrogatori rispetto alla tesi comunque valutata dal giudice di
merito (e disattesa sulla base di argomenti non oggetto di critica da parte degli
imputati).
Anche il secondo motivo non può essere accolto. Sotto un primo profilo, la
sentenza impugnata ha dato atto che le dichiarazioni riportate nell’annotazione di
servizio erano state rese in un momento anteriore all’accertamento del reato,
rilievo, questo, non contestato dai ricorrenti. D’altra parte, la sentenza
impugnata, come si è visto, ha rilevato che gli imputati erano stati trovati in loco
con numerose apparecchiature elettriche e l’illuminazione accesa e che
l’eventuale individuazione di altri abitanti dell’alloggio non avrebbe comunque

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contraddittorietà della motivazione, hanno denunciato, nella sostanza, un vizio di

escluso la responsabilità dei ricorrenti: rispetto a tale argomentazione, il ricorso
neppure deduce la decisività della doglianza relativa al contenuto
dell’annotazione di servizio, ossia l’attitudine della censura relativa a tale
contenuto a disarticolare l’intero ragionamento svolto dal giudicante,
determinando al suo interno radicali incompatibilità, così da vanificare o da
rendere manifestamente incongrua o contraddittoria la motivazione (Sez. 1, n.
41738 del 19/10/2011 – dep. 15/11/2011, Pmt in proc. Longo, Rv. 251516).
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato e i ricorrenti devono essere

P.Q.M.

Rigetta i ricorsi e condanna ciascun ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 10/06/2015.

condannati, ciascuno, al pagamento delle spese processuali.

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