Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35718 del 29/04/2013


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35718 Anno 2013
Presidente: BEVERE ANTONIO
Relatore: LIGNOLA FERDINANDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LA SPINA CONCETTO MARIA N. IL 21/08/1978
LA SPINA ALFIO N. IL 24/02/1948
CALA’ ANTONINO N. IL 12/04/1960
SCANNELLA CARMELO N. IL 04/12/1967
SCANNELLA FILIPPO N. IL 16/01/1938
TAIBI ANTONIO N. IL 11/07/1964
avverso la sentenza n. 1990/2009 CORTE APPELLO di PALERMO,
del 30/06/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 29/04/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. FERDINANDO LIGNOLA
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv

Data Udienza: 29/04/2013

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Elisabetta Cesqui, ha concluso
chiedendo l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata per essere il reato
estinto per prescrizione;
per i ricorrenti La Spina Concetto Maria e La Spina Alfio è presente l’avv. Andrea Di
Renzo, che chiede l’accoglimento del ricorso;
per il ricorrente Taibi Antonio è presente l’avv. Francesco Lorenti, che chiede

RITENUTO IN FATTO

1. Con sentenza del 18 aprile 2008, il Tribunale di Agrigento, all’esito di giudizio
ordinario, assolveva, su conforme richiesta del pubblico ministero di udienza, La
Spina Concetto Maria, La Spina Alfio, Calà Antonino, Scannella Carmelo, Scannella
Filippo, Taibi Antonio e Cinquemani Antonio dalle accuse di tentata truffa, turbata
libertà degli incanti e falsità ideologica commessa dal privato in autocertificazione. I
reati erano contestati in relazione all’istanza di ammissione alla gara relativa al
pubblico incanto, per l’appalto dei lavori di manutenzione straordinaria della strada
provinciale tratto Bivio Tumarrano – stazione Cammarata, indetta dalla provincia di
Agrigento; le false dichiarazioni, contenuta nel cd. “atto di integrità”, allegato alle
istanze di ammissione alla gara, riguardavano l’assenza di situazioni di controllo o
di collegamento (formale e/o sostanziale) con altri concorrenti.
1.1 La commissione di gara, all’esito delle operazioni di verifica, giunse ad
escludere sette imprese partecipanti, individuando una serie di indici di
collegamento sostanziale tra di loro, circostanza che, in quanto riconducibile alle
situazioni di controllo di cui all’articolo 2359 c.c., impediva la partecipazione alla
gara a norma dell’articolo 10, comma 1, della legge n. 109 del 1994.
1.2 Secondo il giudice di primo grado gli indizi emersi nel corso del dibattimento,
rappresentati dalla identità di grafia nella compilazione delle istanze o dei bollettini
di spedizione, dalla spedizione attraverso il medesimo ufficio postale in data ed
orario coincidente o ravvicinato, dalla emissione di polizza fideiussoria nella stessa
data ad opera della stessa banca o assicurazione e con identico errore
nell’indicazione dell’importo non assurgevano a dignità di prova, in mancanza di
consulenza tecnica grafologica; inoltre si riteneva non decisivo il fatto che le ditte
avessero stipulato i contratti presso la stessa agenzia di banca o assicurazione ed
avessero spedito il plico presso lo stesso ufficio postale, in considerazione del fatto
che ci si trovava in un piccolo centro. Quanto poi alla turbata libertà degli incanti,
era esclusa la sussistenza stessa del reato, non essendovi stato un turbamento
dello svolgimento della gara.

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l’accoglimento del ricorso ed in subordine dichiararsi la prescrizione.

2, In seguito all’appello proposto dal Procuratore generale, con il quale era
censurata la valutazione da parte del giudice degli elementi di prova emersi nel
dibattimento, con sentenza del 30 giugno 2011 la Corte d’appello di Palermo
condannava tutti gli imputati alla pena di giustizia, oltre pene accessorie, per tutti i
reati contestati.
2.1 La Corte territoriale, esaminando gli indizi relativi ai singoli collegamenti
sostanziali riferibili a tre gruppi di imprese (rispettivamente le ditte di La Spina

Carmelo e Scannella Filippo; ed infine quelli riferibili a Taibi Antonio e Cinquemani
Antonio), riteneva che questi indicassero univocamente quei rapporti aziendali di
reciproco controllo e/o collegamento o altra forma di assoggettamento o di rete
societaria e imprenditoriale che il patto di integrità funzionale alla gara
esplicitamente sanzionava. In particolare, con riferimento alla turbata libertà degli
incanti, si riteneva corretta la contestazione nella forma consumata, poiché con la
loro azione i prevenuti avevano cagionato il pericolo di un anomalo svolgimento
dell’asta, indipendentemente dal fatto che poi fossero stati esclusi dalla
competizione.
3. Contro la decisione della Corte d’appello di Palermo propongono ricorso per
cassazione tutti gli imputati, nei termini che seguono.
3.1 La Spina Concetto Maria affida il proprio ricorso, sottoscritto personalmente, a
sei motivi:
a) violazione dell’articolo 606 cod. proc. pen., lettera B, in relazione agli articoli
2359 del codice civile e 10, comma 1 bis, della legge 104/1999, poiché la prima
norma disciplina il collegamento formale fra le imprese, senza alcun riferimento al
collegamento sostanziale, ritenuto rilevante in sentenza, e la seconda norma è stata
abrogata;
b) violazione dell’articolo 606 cod. proc. pen., lettera B ed E, in relazione all’art.
483 cod. pen., poiché in mancanza di una nozione legislativa del collegamento
sostanziale e considerato, nel caso concreto, l’utilizzo di un modulo prestampato
dalla provincia di Agrigento, doveva escludersi l’elemento soggettivo del reato;
c) violazione dell’articolo 606 cod. proc. pen., lettera B ed E, in relazione all’art. 483
cod. pen., poiché la Corte territoriale non ha motivato in ordine alla gravità,
precisione e concordanza degli indizi, ritenuti insufficienti dal giudice di primo
grado;
d) violazione dell’articolo 606 cod. proc. pen., lettera B ed E, in relazione all’art.
546 cod. proc. pen., poiché la Corte territoriale non ha motivato sulle ragioni per le
quali riteneva inattendibile la testimonianza di Stefano Giovanna, la quale riferiva
sulla casuale circostanza della spedizione dei plichi contestuale;

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Concetto Maria e La Spina Alfio; quelle facenti capo a Calà Antonino, Scannella

e) violazione dell’articolo 606 cod. proc. pen., lettera B, in relazione agli artt. 81 e
483 cod. pen., per aver applicato la pena pecuniaria non prevista per il reato di cui
al capo B;
f) violazione dell’articolo 606 cod. proc. pen., lettera B, in relazione alla legge 241
del 2006, che imponeva l’applicazione dell’indulto, beneficio non incompatibile con
la sospensione condizionale della pena.
3.2 La Spina Alfio ha presentato ricorso in tutto sovrapponibile a quello di La Spina

3.3 Calà Antonino, Scannella Carmelo e Scannella Filippo hanno presentato ricorso
a mezzo del proprio difensore, avvocato Pietro Sorce, censurando la sentenza per
erronea applicazione della legge penale e contraddittoria e manifesta illogicità della
motivazione (violazione dell’articolo 606 cod. proc. pen., lettera B ed E),
contestando la gravità precisione e concordanza degli indizi posti a fondamento
della condanna. I ricorrenti evidenziano che l’identità di sede delle imprese, la
sussistenza del rapporto di parentela, di coniugio e di affinità tra rappresentanti
legali, l’esistenza di rapporti di collaborazione tra le imprese e la contiguità delle
percentuali di ribasso offerte possono trovare ogni tipo di plausibile spiegazione
alternativa alla chiave di lettura fatta dalla pubblica accusa. La spedizione dal
medesimo ufficio postale e la stipula di polizza fideiussoria con lo stesso istituto di
credito potevano giustificarsi con la vicinanza territoriale all’area geografica in cui
sono le imprese e l’identità di scrittura non poteva essere affermata in assenza di
perizia. Inoltre, poiché la gara di appalto è stata espletata col sistema cosiddetto
del “taglio delle ali”, ossia con l’esclusione, nella misura del 25%, delle offerte di
minor ribasso e di maggior ribasso, doveva escludersi qualsiasi turbamento della
gara e, poiché l’articolo 353 cod. pen. rientra tra i reati di pericolo concreto, nei
quali il pericolo è stimato elemento costitutivo della fattispecie incriminatrice, tale
elemento andava accertato dal giudice; cosa che in concreto non è avvenuta, sia
per il numero esiguo dei soggetti ipoteticamente collusi, sia per il meccanismo del
“taglio delle ali”.
Per la stessa ragione doveva escludersi l’idoneità della condotta a realizzare
l’evento del danno, i fini della sussistenza del reato di tentata truffa.
3.4 Taibi Antonio propone ricorso con atto sottoscritto personalmente ed affidato ad
un unico motivo, con il quale lamenta inosservanza ed erronea applicazione della
legge penale, mancanza e manifesta illogicità della motivazione in relazione agli
articoli 163, 175, 353, 483, 56-640 cod. pen. ed all’art. 1 della legge 241/2006,
nonché del d.P.R. 445/2000.
Con riferimento al falso ideologico, si evidenzia che la stipula presso la stessa
agenzia di assicurazione della polizza fideiussoria, con il medesimo errore
l’indicazione dell’importo, non costituisce prova certa della sussistenza di un nesso
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Concetto Maria.

di collegamento tra le due imprese, poiché in Favara esiste una sola agenzia di
assicurazioni che si occupa della materia ed è assolutamente verosimile che le
polizze siano state compilate dal medesimo impiegato, con medesimo programma
informatico, dunque ripetendo il medesimo errore. Nel paese di Favara è altresì
presente un unico sportello postale e l’identità di grafia, in assenza di perizia
grafologica, non è logicamente affermabile.
Con riferimento al tentativo di truffa, il ricorrente evidenzia che, venuta meno la

delibera di ammissione alla gara non avrebbe costituito un profitto per il ricorrente
né un danno per l’ente pubblico: sicchè in definitiva saremmo in presenza di attività
preparatoria non punibile o di condotta assolutamente inidonea a causare danno ed
offesa al soggetto passivo.
Quanto alla turbata libertà degli incanti, il ricorrente deduce che, a seguito
dell’esclusione della gara, non è stato possibile accertare la consistenza delle offerte
presentate e quindi la loro incidenza sul sistema di leale concorrenza; inoltre non vi
sarebbe prova di un accordo tra l’imputato e la ditta del signor Cinquemani e
andrebbe considerato che il presidente della commissione di gara, ing. Milano, ha
escluso che vi sia stato alcun turbamento del normale svolgimento della procedura.
Infine si eccepisce la mancata applicazione del beneficio dell’indulto, non giustificata
nemmeno per la concessione della sospensione condizionale della pena, compatibile
con l’altro beneficio.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Va preliminarmente rilevato che i reati contestati sono prescritti, poiché la causa
estintiva è maturata il 30 dicembre 2011, considerate anche le sospensioni
conseguenti ai rinvii del dibattimento del 6/12/2006 per un mese e due giorni e del
10/12/2007 per un mese, per impedimento del difensore.
2. I motivi di ricorso proposti dagli imputati non sono inammissibili, attenendo alla
carenza di motivazione in ordine all’affermazione di responsabilità degli imputati
assolti in primo grado dalle accuse in seguito alla valutazione degli indizi, ritenuti
privi dei requisiti che l’art. 192, comma 2, cod. proc. pen. richiede per il
raggiungimento della prova positiva della responsabilità.
2.1 Le doglianze sono riconducibili ai principi espressi da questa Corte a Sezioni
Unite, in due notissime decisioni (Sez. Un., n. 45276 del 30 ottobre 2003,
Andreotti e Sez. Un. n. 33748 del 12 luglio 2005, Mannino); particolarmente
significativa è una massima estratta dalla seconda decisione, (Rv. 231679),
secondo la quale “In tema di motivazione della sentenza, il giudice di appello che
riformi totalmente la decisione di primo grado ha l’obbligo di delineare le linee

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prova del falso, manca il presupposto materiale del delitto; inoltre l’eventuale

portanti del proprio, alternativo, ragionamento probatorio e di confutare
specificamente i più rilevanti argomenti della motivazione della prima sentenza,
dando conto delle ragioni della relativa incompletezza o incoerenza, tali da
giustificare la riforma del provvedimento impugnato”
Successivamente questa sezione (Sez. 5, n. 35762 del 5 maggio 2008, Aleksi, Rv.
241169), ha precisato il principio, affermando che “il secondo giudice ha l’obbligo di
dimostrare specificamente l’insostenibilità sul piano logico e giuridico degli

analisi critica seguita da completa e convincente motivazione che, sovrapponendosi
a tutto campo a quella del primo giudice, dia ragione delle scelte operate e della
maggiore considerazione accordata ad elementi di prova diversi o diversamente
valutati”.
3. La sentenza impugnata deve pertanto essere annullata senza rinvio con
declaratoria di estinzione dei reati.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata senza rinvio per essere i reati estinti per
prescrizione.
Così deciso in Roma, il 29 aprile 2013
Il Consigliere estensore

argomenti più rilevanti della sentenza di primo grado, con rigorosa e penetrante

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