Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35717 del 31/07/2014


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Penale Sent. Sez. F Num. 35717 Anno 2014
Presidente: IZZO FAUSTO
Relatore: CITTERIO CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CECCARONI ENRICO N. IL 07/10/1975
avverso la sentenza n. 6585/2013 CORTE APPELLO di BOLOGNA,
del 11/02/2014

Data Udienza: 31/07/2014

visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/07/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. CARLO CITTERIO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. g • Ci 1,….y.,
che ha concluso per A‘ ,,,,, wv„,.„k„.›.:1,,,.r.e.,; Il” itc,t, „ti”.14.0 .0 ckzee i 19.2 ■41 0–

Udito, per la

civile, l’Avv

Udit i difegsor Avv.

,

25627/14 RG

1

CONSIDERATO IN FATTO
1. Enrico Ceccaroni è stato condannato per la contravvenzione di guida
in stato di ebbrezza (artt. 186.2 CdS) con le aggravanti dell’aver cagionato
un incidente stradale e di aver commesso il fatto in ora notturna (in data
3.10.2009).
Con sentenza dell’11-14.2.2014 la Corte d’appello di Bologna ha

sostituendo tuttavia la pena detentiva dell’arresto di mesi sei con la
corrispondente pena dell’ammenda, determinando pertanto la pena finale in
euro 49.000 di ammenda.

2.

Nell’interesse dell’imputato ha proposto ricorso il difensore

enunciando quattro motivi:
– erronea applicazione dei commi 2 bis e 9 bis cds in relazione all’art.
27 Cost.: richiamata giurisprudenza di legittimità e costituzionale a
sostegno della tesi che l’incidenza dell’aggravante anche sulla tipologia di
pena in concreto eseguibile richiederebbe una particolare dimostrazione del
nesso causale tra lo stato personale del conducente e l’evento incidente
stradale, il ricorrente deduce che nel caso concreto i Giudici del merito non
avrebbero interpretato la norma in conformità del principio di colpevolezza;
– “vizio di motivazione” in ordine all’aggravante del comma 2 bis, in
relazione alla tesi difensiva che la manovra che aveva condotto alla perdita
di controllo del veicolo (con fuoriuscita dalla sede stradale ed urto contro
una centralina di gas metano) sarebbe stata conseguenza necessitata da
altrui manovra irregolare: la risposta dei Giudici di merito (l’inattendibilità
della versione difensiva alla luce della conformazione dello stato dei luoghi)
sarebbe assertiva, così come l’attribuzione di tale perdita di controllo allo
stato di ebbrezza alcolica, in assenza di alcun riscontro di tipo oggettivo;
mancherebbe altresì motivazione sulle ragioni per le quali l’urto con la
centralina avrebbe costituito significativo pericolo o turbamento per la
circolazione stradale;

confermato la condanna deliberata dal Tribunale di Forlì-Cesena,

,

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– (terzo e quarto motivo) vizio di motivazione sul punto del diniego
delle attenuanti generiche (dalla Corte di merito ipotizzate comunque come
subvalenti) in ragione della guida notturna, anche in relazione alla disciplina
dell’aggravante ex comma 2 sexies (con riferimento al successivo comma 2
septies).
2.1 Con richiesta pervenuta il 21.7.2014 l’imputato ha chiesto la
sospensione del procedimento con messa alla prova, ai sensi degli artt. 168-

territorialmente competente.

RAGIONI DELLA DECISIONE

3. Il ricorso va rigettato, con la conseguente condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.
3.1 I primi due motivi vanno considerati unitariamente (atteso che il
primo si limita a svolgere considerazioni teoriche prive di specifica critica
agli argomenti in concreto contenuti nella motivazione della sentenza
d’appello).
La doglianza complessivamente svolta è tuttavia al tempo stesso
manifestamente infondata e diversa da quelle consentite.
La Corte distrettuale, con l’apprezzamento di merito che le compete,
ha giudicato che la collisione con una centralina di gas metano costituisse
significativo pericolo per coloro che si fossero trovati a passare sul posto. Si
tratta di affermazione in fatto che, dando esatta applicazione ai principi di
diritto in materia affermati da questa Corte suprema (per tutte,

Sez.4

sentenze 47276/2012 e 15050/2014), si sottrae a censure riconducibili ai
vizi di manifesta illogicità o contraddittorietà soli rilevanti in questa sede.
Anche le ragioni per le quali i Giudici d’appello hanno disatteso la versione
difensiva di una manovra d’emergenza (seconda pagina della motivazione)
si sottraggono a tal genere di critica, la contestazione difensiva risolvendosi
appunto in preclusa censura di merito volta alla rivalutazione del materiale
probatorio (del resto è significativo che il secondo motivo enuncia la
generica locuzione “vizio di motivazione”, senza alcuna specificazione,

bis c.p. e 464-bis c.p.p., allegando copia di istanza inviata all’UEPE

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3

invece indispensabile stante la peculiare diversità dei tre vizi che, soli, l’art.
606.1 lett. E c.p.p. disciplina).
Quanto a terzo e quarto motivo, la Corte d’appello ha spiegato perché
condivideva il diniego delle attenuanti generiche come argomentato dal
Tribunale (avendo valorizzato: i due precedenti specifici, apprezzati nella
loro altrettanto specifica valenza negativa sull’atteggiamento di guida in
condizioni inadeguate e pericolose per la pubblica incolumità, e l’assenza di

argomentazione si caratterizza, sul piano logico, per la propria autonoma e
sufficiente efficacia giustificatrice, appunto immune da censure riconducibili
alla lettera E) dell’art. 606.1 c.p.p.; pertanto, l’obiettiva inadeguatezza del
richiamo all’impossibilità di elidere l’ulteriore aggravante del comma 2
sexies (censurata dal ricorrente con rilievo che determina l’infondatezza in
luogo dell’inammissibilità di questa doglianza) risulta assorbita e non
determinante.

4. La richiesta di sospensione del procedimento con messa alla prova
non può essere accolta, per le ragioni che seguono.

4.1 n capo II della legge 28.4.2014 n. 67 ha introdotto l’istituto della
sospensione del procedimento con messa alla prova anche per gli imputati
maggiorenni.
L’art. 3 della legge disciplina le modifiche al codice penale, con
l’inserimento dei nuovi art. 168-bis e 168-ter c.p., indicando i presupposti
oggettivi e soggettivi per l’applicazione del nuovo istituto e prevedendo che
l’esito positivo della prova estingua il reato per cui si procede.
L’art. 4 modifica il codice di rito, disciplinando: tempi e modi della
richiesta nella fase del giudizio (art. 464-bis) e in quella delle indagini
preliminari (464-ter c.p.p. e 141-bis disp. att. c.p.p.); contenuto del
provvedimento del giudice e suoi effetti (464-quater); contenuti, modalità e
possibili vicende afferenti l’esecuzione della messa alla prova (464quinquies, 464-sexies, 464-octies, 464-novies, 141-ter disp. att.); esiti
della messa alla prova (464-septies, in particolare con l’alternativa della

un comportamento processuale sintomatico di alcuna resipiscenza). E tale

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sentenza che dichiara l’estinzione del reato e dell’ordinanza che dispone la
ripresa del corso del processo; 657-bis).

4.2 Per quanto riguarda la fase del giudizio, che qui rileva, la nuova
disciplina costruisce l’istituto della sospensione del procedimento con messa
alla prova quale alternativa alla celebrazione di alcun giudizio, caratterizzata
da peculiari e ripetuti apprezzamenti di merito del giudice che sarebbe

termini rigorosi (464-bis secondo comma; 464-quater.9), comunque tutti
precedenti la dichiarazione di apertura del dibattimento (o la formulazione
delle conclusioni ex artt. 421 e 422 c.p.p. che, secondo il recentissimo
insegnamento di S.u. ud. 27.3.2014 in proc. Fr/fa costituisce il termine
ultimo per la richiesta di giudizio abbreviato); sia dalla peculiarità delle
valutazioni in fatto che il giudice deve compiere (acquisizione di ulteriori
informazioni, 464-bis.5; modifiche o integrazioni d’ufficio del programma, e
decisione alla stregua dei parametri ex art. 133 c.p. dopo specifico
contraddittorio, 464-quater; modifiche delle prescrizioni originarie, 464quinquies.3; revoca dell’ordinanza di sospensione con messa alla prova,
464-octies; deliberazione sull’esito, 464-septies).
Conferma la natura di ‘rito/procedura’ radicalmente alternativa al
giudizio il fatto che le ordinanze che decidono sulla richiesta originaria o
sulla revoca siano immediatamente ricorribili per cassazione: artt. 464quater.7 e 464-octies-3. Ciò, in solo apparente eccezione al principio ex
artt. 586, 448 ultimo periodo e 438 in relazione a

Corte cost. sent. n.

23/1992 : perché mentre in quei casi comunque un giudizio sul merito
dell’imputazione deve svolgersi (essendo sotto tale profilo non rilevante la
diversità dei parametri probatori), nel caso della messa alla prova vi è
strutturalmente una soluzione assolutamente incompatibile con alcun
giudizio che si concluda con l’applicazione di una sanzione (tale non essendo
anche la mera valutazione preliminare ex art. 129 c.p.p. prevista dall’art.
464-quater.1).

i

competente al giudizio di primo grado. Ciò si evince sia dalla previsione di

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4.2.1 In definitiva, l’istituto della messa alla prova previa sospensione
del procedimento è stato costruito dal legislatore come opportunità possibile
esclusivamente in radicale alternativa alla celebrazione di ogni tipologia di
giudizio di merito, già dal primo grado.
Si tratta, quindi, di procedura e opportunità assolutamente
incompatibile con alcun giudizio di impugnazione.
L’attuale disciplina positiva, pertanto, esclude la possibilità che la

applicazione nel giudizio di legittimità.

4.3 La legge n. 67 del 2014 non contiene disciplina transitoria.
Il Parlamento si è attivato in tempi successivi alla sua promulgazione
e, ad oggi, risulta pendente al Senato della Repubblica (S.1517) l’esame del
testo approvato il 10.6.2014 dalla Camera dei deputati (C.2344), secondo
cui “1. Le disposizioni di cui al presente capo si applicano ai procedimenti in
corso alla data di entrata in vigore della presente legge, a condizione che
nei medesimi procedimenti non sia stato pronunciato il dispositivo della
sentenza di primo grado. 2. In deroga a quanto previsto dal comma 1, le
disposizioni vigenti prima della data di entrata in vigore della presente legge
continuano ad applicarsi ai procedimenti in corso alla data di entrata in
vigore della presente legge quando l’imputato è stato dichiarato contumace
e non è stato emesso il decreto di irreperibilità”.

4.3.1 Come si è evidenziato, si tratta pertanto di un intervento
normativo complesso, nel quale il beneficio della possibile estinzione del
reato è strettamente connesso alla peculiare procedura che deve essere
seguita, l’uno risultando inscindibilmente legato ad una ratio deflattiva che
impedisce ogni efficacia del beneficio autonoma, quindi al di fuori del
peculiare rito.

Proprio tale inscindibile connessione tra il beneficio estintivo ed il rito
peculiare che, solo, ad esso può condurre comporta che l’attuale assenza di
una positiva e specifica disciplina transitoria (relativa ad un possibile rito

sospensione del procedimento con messa alla prova possa trovare

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diverso per i procedimenti pendenti alla data di entrata in vigore della
nuova disciplina) imponga, per sé, l’applicazione del generale principio cd
del tempus regit actum (secondo la previsione generale dell’art. 11 disp.
sulla legge in generale), con la conseguente inammissibilità di ogni richiesta
che intervenga in sede di giudizio di legittimità.
Deve infatti avere risposta negativa il quesito se, non essendo più
possibile per l’imputato, in ragione dello stato in cui si trova il processo al

di sospensione del procedimento con messa alla prova nei soli termini in cui
essa è, come ricordato, ammissibile, sia comunque configurabile, in ragione
della natura di causa estintiva del reato che il positivo esito della messa alla
prova assume, l’obbligo, riconducibile a fonti normative ordinarie o
costituzionali nazionali ovvero normative o giurisprudenziali europee, di
rendere comunque applicabile la nuova disciplina anche al processo in
corso, trattandosi di legge penale più favorevole.

4.3.2 Ancorchè formulata in relazione a positiva disciplina transitoria,
appare in proposito assorbente la condivisa analisi che ha condotto la Corte
costituzionale a dichiarare non fondata la questione relativa
all’inapplicabilità dei più favorevoli termini di prescrizione, introdotti dalla
legge n. 251/2005, ai processi già pendenti in grado di appello o avanti la
Corte di cessazione.
La motivazione della sentenza n. 236 del 22.6-22.7.2011 ha, con
attento esame delle implicazioni del contenuto dell’art. 7 della CEDU, come
interpretato dalla Corte di Strasburgo e quindi dell’art. 117.1 Cost.,
espresso alcuni principi che efficacemente si attagliano alle caratteristiche
sistematiche e strutturali che la questione qui esaminata pone.
La Corte costituzionale ha prima ricordato che, secondo la propria
giurisprudenza, “il principio di eguaglianza costituisce non solo il
fondamento, ma anche il limite dell’applicabilità retroattiva della lex mitior.
Mentre il principio di irretroattività della norma penale sfavorevole, infatti,
costituisce un valore assoluto e inderogabile, quello della retroattività in
mitius è

suscettibile di limitazioni e deroghe legittime sul piano

momento dell’entrata in vigore della legge n. 67/2014, proporre la richiesta

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costituzionale, ove sorrette da giustificazioni oggettivamente ragionevoli e,
in particolare, dalla necessità di preservare interessi, ad esso contrapposti,
di analogo rilievo” (punto 10 ultimo periodo). Quindi ha osservato che tale
conclusione trova conferma anche dopo l’evoluzione della giurisprudenza
della Corte europea (in particolare sent. 17.9.2009, Scoppola contro Italia),
perché “il riconoscimento da parte della Corte europea del principio di
retroattività in mitius – che già operava nel nostro ordinamento in forza

E aveva trovato un

fondamento costituzionale attraverso la giurisprudenza di questa Corte non ha escluso la possibilità di introdurre deroghe o limitazioni alla sua
operatività, quando siano sorrette da una valida giustificazione” (punto 13,
quarto paragrafo).

E “a ben vedere il principio di retroattività della lex mitior presuppone
un’omogeneità tra i contesti fattuali o normativi in cui operano le
disposizioni che si succedono nel tempo, posto che … il principio di
eguaglianza, così come ne costituisce un fondamento, può rappresentare
anche il limite dell’applicabilità retroattiva della legge penale più favorevole”
(punto 13, quinto paragrafo). In altri termini, “a differenza di quello di
irretroattività della legge penale sfavorevole, il principio di retroattività della
legge favorevole non può essere senza eccezioni” e l’eccezione può trovare
ragionevole fondamento ‘nella diversità dei contesti processuali’.

4.3.2.1 Queste riflessioni sistematiche debbono guidare l’interprete
quando si ponga la domanda se nel nostro caso la lex mitior (costituita dalla
previsione di una ulteriore causa di estinzione del reato tuttavia
caratterizzata dalla stretta connessione con un rito peculiare che ne
impedisce ogni rilievo nei giudizi di impugnazione) possa trovare
applicazione retroattiva.
Orbene, l’interprete deve prendere atto che, come avvertito, secondo il
nuovo intervento legislativo quando il processo è ormai giunto davanti al
giudice dell’impugnazione (perché vi è stata una decisione che ha definito il
primo grado di giudizio) non vi è spazio sistematico alcuno per dare
ingresso ad una procedura che, come e nei termini in cui si è prima
argomentato, è strutturalmente alternativa ad ogni tipo di giudizio su una

I

dell’art. 2, secondo, terzo e quarto comma, cod. pen.

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determinata imputazione. Questo ancor più quando il processo pende nel
giudizio di legittimità.
In altri termini, solo una disciplina transitoria che prevedesse
espressamente l’applicazione retroattiva potrebbe, in questa fattispecie di
procedimento, permettere l’apertura di una fase incidentale che dia spazio
alle peculiari vicende che possono condurre all’esito positivo di una messa
alla prova, fatto che costituisce il presupposto dell’effetto estintivo del

Tanto ciò è vero, che la soluzione diversa condurrebbe a conclusioni sia
del tutto creative che clamorosamente incompatibili con il sistema
processuale penale positivo. Ammettere che la richiesta di sospensione del
processo con messa alla prova possa essere proposta, in via ‘transitoria
interpretativa’, nel giudizio di legittimità condurrebbe infatti ad una secca
alternativa:
– prevedere che tutta la procedura incidentale si svolga davanti alla
Corte di cassazione;
– utilizzare lo strumento dell’annullamento con rinvio.
Palesi le incongruenze eclatanti in ciascuna delle soluzioni.
Nel primo caso la Corte di cassazione sarebbe chiamata (senza una
corrispondente volontà del legislatore) a svolgere ripetute ed invasive
attività proprie del giudice del merito, con reiterati apprezzamenti di fatto:
si tratta di una soluzione in assoluto contrasto con la struttura del giudizio
di legittimità e con le peculiarità della sua cognizione come disciplinata dagli
artt. 606 – 624 c.p.p.. Né potrebbe, in proposito, richiamarsi la cognizione
di merito che espressa e specifica disciplina normativa le attribuisce (in
materia di estradizione e di mandato di arresto europeo), perché anche in
tali casi la giurisprudenza di questa Corte suprema ha sempre precisato che
l’estensione della cognizione alle censure di merito è cosa diversa
dall’attribuzione dei poteri istruttori tipici del giudice del merito.
Nel secondo caso, le irrazionalità si sovrappongono in un crescendo
esponenziale che segue, inevitabilmente e senza rimedio, ogni possibile
evoluzione della ricostruzione. Innanzitutto occorrerebbe individuare il
giudice del merito cui rinviare il processo, se quello del primo o del secondo

1

reato)!

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grado; in secondo luogo l’annullamento di una sentenza di merito in sé
immune da alcuna censura sarebbe giustificato dalla mera eventualità
dell’accesso dell’imputato alla procedura della messa alla prova e della sua
conclusione positiva (posto che accesso e mancata revoca sono risultati che
prescindono dalla sola volontà e autodeterminazione dell’imputato); ma, e
ancor più, nel caso di negativo esito della messa alla prova e, quindi, della
necessità di procedere oltre nel giudizio, si dovrebbero celebrare

efficacemente conclusi in termini di accertata legittimità. Evidente l’assoluta
irrazionalità della soluzione, con riferimento ai valori costituzionali
dell’efficienza della giurisdizione e della ragionevole durata del processo.
Anche la soluzione di un annullamento con rinvio solo per riaprire una sorta
di fase incidentale volta a consentire l’eventuale svolgersi della messa alla
prova, con salvezza dell’efficacia delle intervenute sentenze di merito nel
caso di esito negativo, si caratterizzerebbe per l’assoluta ‘creatività
asistematica’ della costruzione.
In altri termini, proprio le considerazioni che precedono evidenziano
‘%
o
come i contesti processuali del processo che non sia giunto a sentenza in
primo grado e di quelli che si trovano in fase di impugnazione siano
assolutamente, strutturalmente e dal punto di vista sistematico, del tutto
differenti e non permettano, pertanto, di dare applicazione retroattiva alla
nuova disciplina, a ciò potendo giungersi solo con esplicita, specifica ed
articolata scelta sistematica del legislatore, con un’eventuale disciplina
transitoria.
4.3.2.2 Né, ricostruito il sistema con l’applicazione ordinaria del
principio posto dall’art. 11 disp. sulla legge in generale (in ragione della
richiamata inscindibile connessione tra diritto sostanziale e rito, in questa
fattispecie), potrebbe prospettarsi alcuna questione di legittimità
costituzionale in ordine a tale soluzione: per due ragioni concorrenti ed
autonome tra loro.
La prima: proprio le alternative possibili, di alcune delle quali si è
appena dato conto, attestano che la questione attiene alla discrezionalità
propria del legislatore che, consapevole del principio generale vigente

nuovamente uno o due gradi del giudizio di merito, in realtà già

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riconducibile all’art. 11 ricordato, avrebbe potuto e potrebbe scegliere tra
soluzioni diverse, assumendo la responsabilità delle eventuali complesse
scelte di sistema necessarie; palese, quindi, l’assenza di una soluzione
costituzionalmente obbligata.
La seconda: deve osservarsi che la conclusione cui la sentenza
236/2011 della Corte costituzionale è giunta atteneva ad una fattispecie in
cui si trattava di una causa di estinzione del reato (la prescrizione)

tale conclusione non può che valere per la nostra fattispecie, caratterizzata
da plurimi elementi di incertezza quanto al definitivo concretizzarsi della
causa estintiva.

5. Deve conclusivamente affermarsi il principio di diritto che “La
sospensione del procedimento con messa alla prova, di cui agli artt. 3 e 4
della legge n. 67 del 28 aprile 2014, non può essere richiesta dall’imputato
nel giudizio di cassazione, né invocandone l’applicazione in detto giudizio,
né sollecitando l’annullamento con rinvio al giudice di merito. Infatti il
beneficio della estinzione del reato, connesso all’esito positivo della prova,
presuppone lo svolgimento di un iter procedurale, alternativo alla
celebrazione del giudizio, introdotto da nuove disposizioni normative, per le
quali, in mancanza di una specifica disciplina transitoria, vige il principio
‘tempus regit actum’. Né alla luce della sentenza della Corte Costituzionale
n. 236 del 2011, è configurabile alcuna lesione del principio di retroattività
della lex mitior, che per sé imponga l’applicazione dell’istituto a prescindere
dalla assenza di una disciplina transitoria”.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso in Roma, il 31.7.2014

immediatamente applicabile e di agevole individuazione. A maggior ragione

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