Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35714 del 09/06/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35714 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAMPA LUIGI N. IL 06/01/1946
avverso la sentenza n. 568/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
05/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
Ghe ha concluso per

Udito, per parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 09/06/2015

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giuseppe Corasaniti,
ha concluso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
Per la parte civile è presente l’Avvocato Valentini, il quale si riporta alle
conclusioni scritte. Deposita nota spese.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato Dei Lazzaretti, il quale si riporta ai
motivi del ricorso.

1.

Campa Luigi propone ricorso per cassazione contro la sentenza

della Corte d’appello di Lecce che, in riforma della sentenza assolutoria
di primo grado, lo condannava al risarcimento dei danni in favore della
parte civile.
2.

A sostegno del ricorso per cassazione deduce violazione

dell’articolo 606, lettera E, del codice di procedura penale, in relazione
agli articoli 533, 603 del codice di procedura penale e all’articolo 6 della
CEDU, per carenza ed illogicità della motivazione. Sostiene il ricorrente
che la valutazione di attendibilità del principale teste d’accusa non
potesse essere rivista senza la previa audizione del teste stesso.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è inammissibile per tardività; l’avviso di deposito della
motivazione della sentenza risulta effettuato in data 7 luglio al
Campa e 10 luglio al difensore, per cui il termine ultimo di trenta
giorni per il ricorso scadeva, tenuto conto della sospensione ferial
del termini, il 24 settembre, mentre l’atto risulta depositato il 7
ottobre 2014.
2. In ogni caso, il ricorso sarebbe altresì manifestamente infondato,
atteso che i principi affermati dalla sentenza della Corte Europea dei
diritti dell’uomo del 05/07/2011, nel caso Dan c. Moldavia, e, più
recentemente, dalla sentenza della medesima Corte del 04/06/2013,
nel caso Hanu c. Romania, ancorché fondati sull’art. 6, par. 1 della
Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
libertà fondamentali e, in particolare, sulla garanzia dell’equità del
processo – garanzia che, in linea generale, si estende, ai sensi
dell’art. 6 cit., anche alle controversie sui diritti e le obbligazioni di
natura civile – si riferiscono solo alla posizione dell’imputato rispetto

1

RITENUTO IN FATTO

all’accusa in materia penale (si vedano le recenti sentenze di questa
sezione nella causa De Vito e nella causa Napolitano – ud. 13 marzo
2015). La stessa Corte europea dei diritti dell’uomo ha riconosciuto
(sentenza del 04/03/2014, nel caso Grande Stevens c. Italia, par.
120 della motivazione) che le esigenze del processo equo sono più
rigorose in materia penale. La citata sentenza resa nel caso Hanu c.
Romania, del pari, muove dalla premessa che il modo in cui si applica
l’articolo 6 ai procedimenti dinanzi ai tribunali competenti per

interessati (par. 31 della motivazione). Nel caso di specie, la
decisione contestata concerne la riforma, ai soli effetti civili, della
pronuncia di assoluzione, per cui non vi è violazione alcuna della
giurisprudenza della CEDU.
3. Ne consegue che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile; alla
declaratoria di inammissibilità segue, per legge (art. 616 c.p.p.), la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché
(trattandosi di causa di inammissibilità determinata da profili di colpa
emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n. 35443 del 06/07/2007 – dep.
24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al versamento, a favore della
cassa delle ammende, di una somma che si ritiene equo e congruo
determinare in Euro 1.000,00.
4. Va, inoltre, disposta la condanna alla rifusione delle spese
sostenute dalla parte civile, che si liquidano come da dispositivo.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende, nonché alla rifusione di quelle
sostenute dalla parte civile, che liquida in complessivi € 1.800,00, oltre
accessori come per legge.
Così deciso il 9/06/2015

l’appello dipende dalle particolari caratteristiche dei procedimenti

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