Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35714 del 07/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35714 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BRAGHO’ GIUSEPPE N. IL 30/09/1947 parte offesa nel procedimento
c/
M INZOLINI AUGUSTO N. IL 03/08/1958
GEACOIA RICCARDO N. IL 07/04/1963
GIORGINO FRANCESCO N. IL 08/08/1967
GIOVINAZZO RAFFAELE N. IL 26/10/1967
SCELBA MARIO N. IL 07/02/1959
MACRI’ CARLO N. IL 01/01/1959
LAPENDA MASSIMO N. IL 08/11/1969
DE TOMASO GIUSEPPE N. IL 25/11/1956
VANNIN1 PAOLO N. IL 20/06/1961
PUGLISI PIERLUIGI MASSIMO N. IL 23/10/1941
ALBANESE PATRIZIA N. IL 21/10/1961
RULLO ROSARIO N. IL 17/12/1980
CANNONE ANTONIO N. IL 02/03/1963
CAROTENUTO ANDREA N. IL 23/10/1971
VINCI DOMENICO VINCENZO N. IL 11/05/1951
FAMULARO DOMENICO N. IL 30/03/1976
VISCARDI ANDREA N. IL 01/12/1960
avverso l’ordinanza n. 2821/2012 GIP TRIBUNALE di VIBO
VALENTIA, del 04/04/2013
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.

Data Udienza: 07/04/2014

RITENUTO IN FATTO
1.Con ordinanza del 4.4.2013, depositata in data 6 aprile 2013, il Gip del
Tribunale di Vibo Valentia disponeva, ai sensi dell’art. 410, comma secondo,
c.p.p., l’archiviazione del procedimento nei confronti di Minzolini Augusto,
Giacoia Riccardo, Giorgino Francesco, Giovinazzo Raffaele, Scelba Mario, Macrì
Carlo, Lapenda Massimo, De Tommaso Giuseppe, Vannini Paolo, Puglisi
Pierluigi, Albanese Patrizia, Rullo Rosario, Cannone Antonio, Carotenuto Andrea,
Vinci Domenico Vincenzo, Famularo Domenico, Viscardi Andrea, per il delitto di

l’opposizione e condividendo la valutazione operata dal P.M. circa l’inidoneità
degli elementi a sostenere l’accusa in giudizio.
Il Gip – dato atto che l’opponente aveva dedotto la portata offensiva della
notizia diffusa da varie emittenti televisive, nazionali e locali, testate
giornalistiche e siti internet in merito al suo arresto (12.10.2011), poiché colto,
unitamente a Zappino Rosario, nell’atto di trafugare reperti in un sito
archeologico in Oppido Mamertina e, dunque, lamentava il discredito derivatogli
dalla diffusione della notizia, nella quale veniva indicato come “tombarolo” e
nella quale si riportavano circostanze non vere, quali la positiva perquisizione
domiciliare o la sottoposizione a vincolo archeologico della zona, in cui è stato
arrestato- evidenziava: che la notizia diffusa ripeteva pedissequamente il suo
contenuto da un comunicato-stampa diffuso dal Nucleo C.C. Tutela Ambiente e
Patrimonio Culturale di Cosenza, all’indomani dell’ arresto in cui si dichiarava:
“arrestati due tombaroli e recuperati importanti reperti culturali provenienti dal
sito archeologico di Oppido Mamertina”: gli arrestati venivano previamente
.
ble
osservati “accedere all’Intero dell’insediamento archeologico e colti nell’atto di
impossessarsi di vari reperti metallici individuati grazie all’ausilio di tre metal
detector di ultima generazione. Le successive perquisizioni consentivano di
recuperare documentazione utile al prosieguo delle indagini nonché altri preziosi
ancora intrisi di terriccio” … ed infine …. l’area archeologica è stata vincolata con
D.M. 11.10.1991…”; che la verità della notizia risultava assicurata dalla fedeltà
al contenuto di tali qualificati atti, non potendosi pretendere dal divulgatore della
stessa anche di verificare e mostrare la fondatezza degli accadimenti giudiziari
attestati da fonte oltremodo affidabile e riportati nel citato comunicato solitamente concordato con l’A.G., non involgendo la verità della notizia gli
sviluppi investigativi e giudiziari successivi, dovendosi attestare, invece, al
momento della sua pubblicazione, sicché era del tutto irrilevante che
successivamente il giudice di Palmi non avesse convalidato l’arresto, trattandosi
in tutti
tutti i casi di divulgazione avvenuta antecedentemente vtale fase
procedimentale; che l’uso dell’appellativo “tombarolo”, lungi dall’integrare il
1

cui all’art. 595 c.p. in danno di Bragò Giuseppe, ritenendo inammissibile

riflesso denigratorio attribuitogli dall’opponente andava, invece, collocato
nell’ambito di un linguaggio giornalistico, aduso a rapide definizioni,
comunemente ed efficacemente utilizzate per rendere immediatamente
percepibile l’idea del precipuo oggetto della sottrazione; che dunque il fatto
appariva scriminato dall’esimente del diritto di cronaca, nella specie giudiziaria,
sicchè ininfluenti si presentavano le integrazioni istruttorie richieste
dall’opponente.
2. Avverso tale ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il Bragò,

606, primo comma, lett. c) c.p.p., per inosservanza delle norme stabilite a pena
di nullità e la

violazione del principio del contraddittorio. In particolare, il

ricorrente, dopo aver richiamato ed integralmente trascritto l’atto di opposizione
ha evidenziato: che il GIP non avrebbe potuto disporre l’archiviazione del
provvedimento de plano, senza aver previamente provveduto alla citazione della
persona offesa all’udienza camerale di cui all’art. 127 c.p.p., considerato che
l’opposizione conteneva l’oggetto dell’investigazione suppletiva e palesava la
fondatezza della notizia di reato; che, in particolare, il giudice può disporre
l’archiviazione

de plano,

senza cioè procedere alla fissazione dell’udienza

camerale, solo ove questa manchi delle condizioni tassativamente previste
dall’art. 410, comma primo, c.p.p., laddove le eventuali ragioni di infondatezza
dei temi indicati nell’atto di opposizione non possono costituire motivo legittimo
di inammissibilità, neppure ove attengano a una valutazione prognostica
dell’esito della investigazione suppletiva.
3. Il Procuratore Generale in sede ha presentato conclusioni scritte per
l’annullamento del decreto impugnato, con rinvio al G.i.p. di Vibo Valentia per le
conseguenti determinazioni.
4. Alcuni indagati, a mezzo dei loro difensori, hanno depositato memorie,
ai sensi dell’art. 611 c.p.p., con le quali hanno, tra l’altro, preliminarmente
eccepito l’inammissibilità del ricorso per essere stato presentato tardivamente,
ossia oltre i quindici giorni dalla conoscenza dell’archiviazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, stante la sua tardività.
1. Ed invero, lo stesso ricorrente evidenzia che l’ordinanza impugnata è
stata pronunciata in data 4.4.2014, depositata in data 6.4.2013 ed a lui
notificata in data 24.5.2013, laddove il ricorso in esame reca sulla prima pagina
un timbro di avvenuto deposito presso l’Ufficio Protocollo di questa Suprema
Corte del 6.6.2013, nonché un timbro di deposito sull’ultima pagina di avvenuto
deposito presso l’ufficio G.I.P. del Tribunale di Vibo Valentia, in data 17 giugno
2013, ben oltre il termine di 15 giorni dal 24.5.2013.

2

lamentando la violazione degli artt. 410 e 178 lett. c) c.p.p., in relazione all’art.

2.Giova all’uopo richiamare il principio più volte esposto da questa Corte,
secondo il quale, il ricorso per cassazione contro il decreto di archiviazione
adottato in violazione del contraddittorio deve essere proposto dalla persona
offesa entro il termine di quindici giorni decorrenti dalla data di effettiva
conoscenza della sua esistenza (Sez. VI, 23/05/2013, n. 25019). In particolare,
il termine per l’impugnazione deve essere individuato in quello di quindici giorni
di cui all’art. 585 c.p.p., comma 1, lett. a) c.p.p., che si riferisce alle
impugnazioni di tutti i provvedimenti conclusivi dei procedimenti in camera di

da applicarsi in tutti i casi in cui la legge non preveda un termine diverso (Sez.
V, 06/05/2010, n. 31929).
3. In applicazione di siffatti principi si osserva che, non risultando agli atti
elementi che lascino intendere cha il Bragò abbia avuto effettiva conoscenza del
provvedimento di archiviazione ancor prima della data della sua notifica -indicata
nel 24.5.2013 è a quest’ultima data che occorre aver riguardo per calcolare la
decorrenza del termine dell’impugnazione. Il ricorso, invero, risulta, come detto,
depositate presso l’ufficio del giudice

a quo

intempestivamente, in data

17.6.2013, senza che abbia rilievo il preventivo deposito di esse presso la Corte
di Cassazione in data 6.6.2013, e quindi la sua trasmissione a mezzo posta al
Tribunale di Vibo Valentia, atteso che nel caso di ricorso, avverso l’ordinanza di
archiviazione ai sensi dell’art. 410 c.p.p., in mancanza di diversa disposizione di
legge, trova applicazione la regola generale, sanzionata a pena di inammissibilità
dall’art. 591, comma 1, lett. c) c.p.p., secondo cui l’impugnazione deve essere
presentata nella cancelleria del giudice che ha emesso il provvedimento
impugnato, ai sensi dell’art. 582 c.p.p. che disciplina le modalità di proposizione
del gravame (arg. da sez. V, 13/06/2007, n. 34434).
4. Il ricorso va, pertanto, dichiarato

inammissibile ed il ricorrente va

condannato al pagamento delle spese processuali, nonché della somma, ritenuta
congrua di euro 1000,00, a favore della Cassa delle Ammende.
p.q.m.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali, nonché della somma di euro 1000,00 a favore della Cassa
delle ammende.
Così deciso il 7.4.2014

consiglio (Sez. VI, 06/04/2000, n. 1663), e che ha valore di principio generale

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