Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35713 del 28/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 35713 Anno 2013
Presidente: GALLO DOMENICO
Relatore: DIOTALLEVI GIOVANNI

S ENTENZA
ha pronunciato la seguente
S ENTENZA
sul ricorso proposto da:
Ruggia Salvatore, nato a Locri il 6 agosto 1978,
avverso la sentenza della Corte d’appello di Messina in data 16 gennaio 2012;
Sentita la relazione della causa fatta dal consigliere Dott. Giovanni Diotallevi;
Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, dott. Roberto Aniello il quale ha
concluso chiedendo l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata;
Sentiti gli l’avv.ti Antonio Giuseppe Gianzi del foro di Roma e l’avv.to Rosario Scarfò del foro di
Locri, di fiducia per il ricorrente, che hanno insistito per l’accoglimento del ricorso.

Data Udienza: 28/05/2013

RITENUTO IN FATTO
Ruggia Salvatore ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte
d’appello di Messina in data 16 gennaio 2012, con la quale , decidendo in sede di rinvio della
Corte di cassazione, i parziale riforma della sentenza emessa in data 1 giugno 2001 del
Tribunale di locri, ritenuta la continuazione tra il reato associativo di cui al capo a) e quelli per i
quali è intervenuta sentenza definitiva di condanna nell’ambito del medesimo processo, ha
determinato la pena in complessivi anni dieci di reclusione , confermando nel resto
A sostegno dell’impugnazione deduce:
a) Violazione dell’art. 627 c.p.p. in riferimento all’art. 606, lett. c) ed e) c.p.p., ed all’art.

4

416 bis c.p. Violazione delle regole di diritto concernenti i poteri – doveri del giudice di
rinvio in caso di annullamento per vizi di motivazione.
Il ricorrente censura le valutazioni operate dai giudici di secondo grado in ordine alla ritenuta
impossibilità di riesaminare in sede di rinvio tutti quei molteplici elementi di fatto,non più
oggetto di possibile contestazione, secondo i giudici di merito, e che avevano costituito i
presupposti fattuali per la condanna del ricorrente in ordine al reato di cui all’art. 416 bis c.p.,
sia da parte del giudice di primo grado che della Corte d’appello. Sarebbero stati dunque elusi
tutti i legittimi motivi di ricorso concernenti il difetto di motivazione sul punto della sentenza

ricorrente, lo schema di riferimento derivante dall’annullamento per vizio di motivazione
enunciato nella sentenza rescindente, anche se deve essere tenuto, implicitamente o
esplicitamente, a base del percorso giustificativo del proprio convincimento, non implicherebbe
un divieto, per i giudici del rinvio, di esaminare punti diversi rispetto a quelli specificati nella
sentenza di annullamento, mantenendo gli stessi una piena autonomia di giudizio nella
ricostruzione del fatto, nella individuazione dei dati, con il potere di desumere anche aliunde il
proprio libero convincimento. Ancora sarebbe erronea la conclusione dei giudici del rinvio,
secondo i quali gli elementi di fatto non sarebbero stati smentiti dal complessivo quadro di
elementi a discarico prospettato dalla difesa; in realtà l’assoluzione intervenuta nel primo
giudizio d’appello non sarebbe derivata dalle censure sollevate in sede di impugnazione, che in
realtà non sarebbero state esaminate, ma dall’insufficienza del quadro probatorio prospettato
dall’accusa e su cui si è fondata la pronuncia della sentenza di condanna in primo grado.
b) Violazione dell’art. 416 bis c.p. con riferimento all’art. 606, lett. b), c) ed e) c.p.p.;
mancanza e contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione con riferimento alla
ritenuta sussistenza del reato di cui all’art. 416 bis c.p. a carico di Ruggia salvatore. Violazione
di legge.
Il ricorrente lamenta il fatto che la Corte d’appello ha erroneamente ritenuto sussistenti
tutti gli elementi fattuali richiesti dalla norma in questione per l’affermazione della sua
responsabilità in ordine all’appartenenza all’associazione mafiosa, a partire dalla stessa
intraneità al sodalizio, che non potrebbe ricevere sostegno probatorio dal legame parentale con
altri partecipi all’associazione mafiosa, la cui posizione, peraltro, sarebbe ancora soggetta ad
impugnazione. Allo stesso modo non avrebbero alcuna specifica rilevanza le frequentazioni di
soggetti intranei alla cosca, peraltro in numero minore rispetto alle frequentazioni avute con
persone riconosciute estranee al sodalizio criminale. Priva di valenza probatoria specifica
sarebbe inoltre la circostanza relativa alla presunta identificazione del Ruggia nella macchina,
di sua proprietà, guidata dal Criaco, esponente di spicco della cosca, stante l’incertezza
dell’identificazione operata dal Carabiniere Esposito, nonché dell’episodio riferito al fratello
Cosimo, oggetto dell’incerta testimonianza dell’appuntato Russo, che è stato per questo motivo
denunciato per falsa testimonianza, ovvero del contenuto dell’intercettazione in cui il ricorrente
indica tale Audino Pietro come l’autore dell’incendio dell’autovettura del brig. Gerardi, senza

impugnata, con violazione delle regole dettate dall’art. 627 c.p.p. In particolare, secondo il

tenere conto che l’Audino è stato assolto con formula ampia da tale episodio. Allo stesso modo
non avrebbe rilievo il contenuto dell’intercettazione telefonica in cui il Ruggia parla dell’incendio
della macchina del ten. dei Carabinieri Carbone, circostanza che al più dimostrerebbe una
conoscenza indiretta di tale episodio. Erronea sarebbe poi la valutazione che addebita al
Ruggia la esatta descrizione di rifugi utilizzati dalla cosca per la latitanza dei suoi membri.
Lamenta infine la sottovalutazione delle considerazioni fatte dall’arch. Milicia, in ordine al tono
delle conversazioni intrattenute dal ricorrente con la madre, dove sarebbe evidente il ricorso
allo scherzo, all’iperbole, all’enfatizzazione dei fatti narrati, come nessuna rilevanza potrebbe

del Criaco, essendo convenuti in tale occasione solo soggetti legati da vincoli di amicizia.
c) Violazione degli artt. 133 e 62 bis c.p. Violazione di legge e mancanza di motivazione in
riferimento agli artt. 606 lett. b) ed e) c.p.p. Mancanza ed illogicità della motivazione.
Il ricorrente censura i criteri utilizzati per la dosimetria della pena e la mancata concessione
delle circostanze attenuati generiche, in quanto i fatti contestati coprirebbero un arco
temporale che va dall’età di quindici anni ad un periodo di poco superiore al raggiungimento
della maggiore età e comunque , quando ancora era incensurato.
La difesa ha poi prodotto una memoria concernente motivi aggiunti relativi in particolare ad
una ulteriore illustrazione del vizio dedotto nel primo motivo di ricorso e concernente
sostanzialmente la violazione dell’art. 627 c.p.p. Aggiunge poi come nei motivi d’appello fosse
stato richiesto di procedere con il rito abbreviato, richiesta che doveva essere considerata
anche in sede di rinvio non essendo mai stata valutata. Lamenta infiìne l’eccessività della
pena, trattandosi di sentenza che ribalta un verdetto assolutorio, ed anche l’eccessività della
pena posta in continuazione per la simulazione di reato.

CONSIDERATO IN DIRITTO
1.

Il ricorso è infondato.

2.

Con riferimento al primo motivo osserva la Corte che sul punto va preliminarmente

precisato il principio di diritto che la Corte ritiene debba essere applicato nel caso in esame, in
base ad un ormai consolidato orientamento giurisprudenziale, secondo il quale la Corte di
cassazione risolve una questione di diritto anche quando giudica sull’adempimento del dovere
di motivazione, sicché il giudice di rinvio, pur conservando la libertà di decisione mediante
un’autonoma valutazione delle risultanze probatorie relative al punto annullato, è tenuto a
giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente
enunciato nella sentenza di annullamento, restando in tal modo vincolato a una determinata
valutazione delle risultanze processuali. (Sez. 5, n. 7567 del 24/09/2012 – dep. 15/02/2013,
Scavetto, Rv. 254830); tale conclusione deve essere necessariamente letta in collegamento
con l’ulteriore consolidato orientamento, necessario presupposto di quanto sopra enunciato,
secondo il quale sussiste l’obbligo per il giudice di rinvio, ai sensi dell’art. 627, c.p.p., di
uniformarsi alla sentenza di annullamento della Corte di Cassazione per ciò che concerne ogni
questione di diritto con essa decisa, che deve considerarsi assoluto ed inderogabile (cfr. Cass.,

essere attribuita alla partecipazione al Comitato di accoglienza in occasione della scarcerazione

sez. un. 19.1.1994 – 19.4.1994, n. 4460, Cellerini). Da ciò deriva che, in caso di annullamento
con rinvio della sentenza per vizio di motivazione, il giudice di rinvio – pur restando libero di
determinare il proprio apprezzamento di merito mediante un’autonoma valutazione della
situazione di fatto concernente il punto annullato – è tenuto a giustificare il proprio
convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di
annullamento, restando vincolato ad una determinata valutazione delle risultanze processuali o
al compimento di una determinata indagine, in precedenza omessa, di determinante rilevanza
ai fini della decisione, con il limite di non ripetere i vizi di motivazione rilevati nel

Benedetto, Rv. 255122).
3.

Ciò premesso in sede di rinvio la Corte di cassazione ha sollecitato un nuovo esame

della vicenda alla luce del ricorso proposto dal Procuratore generale contro l’assoluzione del
Ruggia dal delitto di cui all’art. 416 bis c.p. La Suprema Corte ha infatti evidenziato che i
giudici dell’appello avevano correttamente posto in evidenza il fatto che concorrevano in danno
del Ruggia una serie di elementi, quali le numerose frequentazioni di costui (17 controlli in un
anno) con soggetti appartenenti alla cosca Cordì o con personaggi – ancorché assolti in sede
giudiziaria – coinvolti in ipotesi associative o in reati commessi nell’interesse del clan, la
vicinanza al Criaco, la partecipazione al “comitato di ricevimento” in occasione di una delle sue
scarcerazioni, la presenza in una occasione nel 1998 su di un veicolo condotto dal Criaco
durante la sua latitanza, la messa a disposizione della propria autovettura per il trasporto del
latitante nell’occasione per cui era sottoposto a giudizio anche per i reati di favoreggiamento
personale e simulazione di reato, il coinvolgimento nel processo c.d. Primavera due, il
contenuto di alcune conversazioni intercettate riferite alle vicende criminali di Locri e a vari
personaggi gravitanti nella cosca Cordi, le indicazioni circa l’ubicazione di rifugi per i latitanti.
Secondo la Corte di cassazione, tuttavia, a questa corretta premessa non aveva fatto seguito
una altrettanto esauriente valutazione della fattispecie in esame, poiché a fronte di tale
variegata condotta, coniugata ad una non episodica disponibilità a favorire le necessità del
sodalizio criminale nel delicato compito di accudire i latitanti e dimostrare pieno affidamento
agli associati, i giudici di appello si sono limitati alla conclusione, illogica per come è stata
formulata se rapportata alle premesse, della mancanza della prova di una intraneità
all’associazione, avendo l’imputato manifestato soltanto una contiguità non riconducibile alla
previsione dell’art. 416 bis c.p.
Per tale parte della motivazione veniva disposto dunque l’annullamento con rinvio alla
Corte di appello di Messina, tenuta ad esprimere in modo esauriente il proprio convincimento
sul punto.
4.

Occorre altresì sottolineare che la Corte di cassazione,in sede di rinvio, mentre ha

accolto il ricorso del Procuratore Generale sul punto sopra indicato, ritenendo non convincenti
pertanto i motivi di censura sollevati dal ricorrente in appello e fatti propri dai giudici di merito
in quella sede, ha in modo esaustivo, completo ed approfondito valutato anche tutte le censure

provvedimento annullato (Sez. 6, n. 19206 del 10/01/2013 – dep. 03/05/2013, P.M. in proc. Di

sollevate dal Ruggia connesse ai reati di simulazione di reato e favoreggiamento con la ritenuta
sussistenza dell’aggravante di cui all’art. 7 della legge n. 203/91, ritenendo gli elementi del
quadro probatorio a suo carico, gravi e convergenti e valutati con ineccepibile logica; al
contrario è stato ritenuto che la lettura accreditata dal ricorrente non dimostrasse l’illogicità
della valutazione operata in sede di merito, introducendo insignificanti rilievi o contestando in
termini generici la sussistenza dei fatti. Tale ricostruzione rende evidente, a parere della Corte,
la correttezza del percorso logico valutativo scelto dalla Corte d’appello di Messina al fine di
“esprimere in modo esauriente il proprio convincimento sul punto”, come richiesto dalla Corte

dunque infondate.
5. Ciò premesso nel merito oggetto di rivalutazione in sede di rinvio la Corte d’appello ha
correttamente evidenziato con un’analisi critica del merito delle valutazioni operate dal giudice
di primo grado, come le risultanze emergenti dalla lettura della sentenza del Tribunale
dimostrino che le valutazioni operate in base agli elementi probatori acquisiti abbiano portato
consequenzialmente a ritenere la sussistenza dell’intraneità alla cosca mafiosa Cordì del
Ruggia. I criteri di giudizio sono stati correttamente applicati nell’odierna vicenda nella quale,
peraltro, lo schema difensivo del ricorrente ha approntato ogni possibile strumento di
contenimento delle imputazioni nel suo più ampio e sostanziale sviluppo. I sette elementi
specificamente elencati nella sentenza, ognuno dei quali strutturalmente collegabile anche
sotto il profilo logico ad una “partecipazione” all’associazione criminosa in base a dati
strutturalmente compositi, in realtà evidenziano tutta una serie di aspetti che convergono
funzionalmente nella matrice unitaria del reato associativo contestato, concernente peraltro
una cosca la cui esistenza e il cui spessore criminale è stato ampiamente valutato nel territorio
di riferimento.
6. Ritiene la Corte , dunque, che il ricorso relativo alla motivazione in ordine alla valutazione
dei fatti sia infondato; il giudizio espresso, infatti, fa corretto riferimento al principio di diritto
sancito dalla Corte di rinvio, ai sensi dell’art. 627 c.p.p., ed appare esente da censure logico
giuridiche.
Il compito del giudice di legittimità è quello di stabilire se il giudice di merito abbia nell’esame
degli elementi a sua disposizione fornito una loro corretta interpretazione, ed abbia reso
esaustiva e convincente risposta alle deduzioni delle parti, applicando esattamente le regole
della logica per giustificare la scelta di determinate conclusioni a preferenza di altre (Cass. 6^,
6 giugno 2002, Ragusa). Deve infatti affermarsi che, nella concreta fattispecie, il giudice di
merito ha espresso un giudizio in ordine al compendio probatorio, assolutamente congruo nella
motivazione; infatti gli elementi cui viene fatto riferimento, sono stati utilizzati secondo i
principi di diritto sopraenunciati e, ciò che appare ancor più importante, attraverso una
coerente valutazione complessiva degli elementi probatori acquisiti, utile a dimostrare la
sussistenza del reato contestato, sottolineando, anche attraverso una articolata esposizione del
contenuto della sentenza di primo grado, l’evidenza di comportamenti integranti il reato

di cassazione in sede rescindente. Le censure sollevate nel ricorso sotto tale profilo appaiono

contestato,e superando positivamente le censure d’incongruenza della motivazione cassate
dalla Corte di cassazione in sede di rinvio, e da cui era derivata la conclusione dell’assoluzione
per non aver commesso il fatto ai sensi dell’art. 530, c. 2 c.p.p..
7. I motivi concernenti i criteri di dosimetria della pena, anche in sede di continuazione, e la
mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche sono assolutamente infondati sia
perchè sostanzialmente generici sia perché la motivazione adottata dalla corte d’appello con
riferimento alla gravità del fatto, all’allarme sociale suscitato, ai limiti edittali previsti e alla
personalità dell’imputato , quale emerge dai comportamenti a lui ascritti , e dunque fa ritenere

concernente il riferimento al rito abbreviato, non essendo compreso nel devolutum riferito alla
Corte d’appello, non presente tra i motivi del ricorso ma solo nella memoria e comunque per
la sua generica prospettazione.
8. Alla luce delle suesposte considerazioni il ricorso deve essere rigettato e il ricorrente deve
essere condannato al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.
Rigetta il ric so e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali
Così deci
Il Cons e
Gio

Roma, 28 maggio 2013.
estensore
Dio lievi

Il Presidente
DQrteruco

llo

esenti da censure logico giuridiche le valutazioni operate. Inammissibile è poi il motivo

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