Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35713 del 09/06/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35713 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: DEMARCHI ALBENGO PAOLO GIOVANNI

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TANZARELLA TANZARELLA CATALDO N. IL 02/01/1948
PARTE CIVILE
avverso la sentenza n. 58/2012 CORTE APPELLO di LECCE, del
24/04/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. PAOLO GIOVANNI DEMARCHI ALBENGO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, p la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 09/06/2015

Il Procuratore generale della Corte di cassazione, dr. Giuseppe Corasaniti,
ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Per il ricorrente è presente l’Avvocato La Veneziana, il quale si riporta ai
motivi del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Tanzarella Tanzarella Cataldo è stato ritenuto responsabile dal

documentale) e C (bancarotta fraudolenta distrattiva, limitatamente a
due episodi), commessi in qualità di amministratore unico della società
Ostuni Country Golf S.r.l., dichiarata fallita con sentenza del tribunale di
Lecce in data 13 maggio 2003; per l’effetto è stato condannato alla pena
di anni 2 e mesi 6 di reclusione, con risarcimento dei danni in favore del
fallimento.
2.

Proposto appello, la Corte territoriale di Lecce ha sostanzialmente

confermato l’impianto accusatorio, limitandosi ad un differente
bilanciamento delle circostanze generiche, dichiarandole equivalenti alla
contestata aggravante di cui all’articolo 219; per l’effetto ha ridotto la
pena ad anni 2 di reclusione, confermando nel resto.
3.

Contro la sentenza di secondo grado propone ricorso per

cassazione l’imputato per i seguenti motivi:
a.

nullità assoluta della sentenza di primo grado per lesione del
diritto di difesa per mancato rinvio dell’udienza del 1 luglio
2011 per impedimento di salute;

b. inosservanza od erronea applicazione degli articoli 216 e 223
della legge fallimentare, con particolare riferimento agl
elementi oggettivi e soggettivi del reato di bancarotta
documentale; sotto tale profilo riporta le dichiarazioni del
maresciallo Scarciglia, secondo cui la contabilità sarebbe stata
regolarmente tenuta, richiamando anche quanto dichiarato dal
curatore all’udienza del 5 novembre 2010, pagina sette.
Sostiene, poi, che l’omissione di tenuta delle scritture contabili
non sia contemplata dall’articolo 216 della legge fallimentare.
Lamenta, infine, che non sia stato provato l’elemento
soggettivo del reato;

1

tribunale di Lecce dei reati di cui ai capi B (bancarotta fraudolenta

c.

erronea applicazione della legge penale in relazione alla
qualificazione giuridica dei fatti circa gli elementi oggettivo e
soggettivo del reato di bancarotta fraudolenta, con
derubricazione nel meno grave reato di bancarotta semplice di
cui all’articolo 217, comma 2; sotto tale profilo si chiede la
derubricazione della bancarotta fraudolenta documentale in
bancarotta semplice per i motivi esposti con il secondo motivo
di ricorso, essendo unica colpa del Tanzarella quella di avere

d.

Erronea applicazione della legge penale e mancanza di
motivazione circa la sussistenza degli elementi oggettivi e
soggettivi del reato di distrazione ed occultamento di cui agli
articoli 216, comma 1, numero 1, e 223 della legge
fallimentare; carenza e contraddittorietà della prova.
Motivazione apparente. Il ricorrente riporta stralci delle prove
e conclude ritenendo che la decisione impugnata sia frutto di
ipotesi accusatorie rimaste pure congetture, prive di prove
concrete sul piano fattuale. Lamenta, poi, che non siano stati
convocati componenti del collegio sindacale e non sia mai
stato ascoltato il vicepresidente della società Sassi, né sono
stati

fatti

accertamenti

patrimoniali

sulla

persona

dell’imputato.
e.

Nullità della sentenza per violazione del diritto di difesa con
riferimento all’omesso esame dei testi del pubblico ministero e
dei testi Righi e Sassi. Prescrizione del reato, ove riqualificato
come bancarotta semplice. Omessa sospensione condizionale
della pena, nonostante il lunghissimo tempo trascorso senza
che l’imputato abbia commesso altri reati della stessa indole.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato; la sentenza
della Corte d’appello di Lecce non solo è adeguatamente motivata sul
punto (vedi pagine 4 e 5 della sentenza), ma ha anche fatto corretta
applicazione dei principi più volte indicati da questa Corte ed ha
giustamente osservato come gli atti prodotti dell’imputato non facessero
assolutamente emergere una situazione di assoluto impedimento a
comparire.

2

tenuto i libri contabili in maniera irregolare od incompleta.

2. Il secondo motivo di ricorso è inammissibile laddove pretende di
giungere a conclusioni difformi da quelle della sentenza di appello
attraverso una parziale e frammentaria rilettura delle prove, non
consentita nel giudizio di legittimità (tantomeno legittimo un generico
riferimento a quanto affermato dal curatore, peraltro in contrasto con
quanto dice sul punto la sentenza di appello), ed è manifestamente
infondato nella parte in cui afferma l’irrilevanza dell’omissione di
tenuta delle scritture contabili, senza considerare che all’imputato

stesso afferma nel motivo seguente), come emerge dallo stesso capo
di imputazione e poi dalla motivazione alla pagina sei, ove si
evidenzia la mancata registrazione delle movimentazioni eseguite su
un conto corrente intestato alla società, acceso presso la Banca
Intesa, nonché di parte dei prelievi eseguiti sugli altri due conti
correnti della società, per importi rilevanti. Quanto all’elemento
soggettivo, la Corte ha ritenuto, nell’esplicazione dei propri poteri di
merito e dandone adeguata motivazione, che le descritte irregolarità
non potessero essere certamente casuali, in quanto tutte
oggettivamente strumentali ad occultare le condotte distrattive. Di
modo che la contestazione circa le omissioni contabili dell’ultimo
periodo non vale a scalfire l’ossatura principale della sentenza in
ordine alla sussistenza del reato di bancarotta fraudolenta
documentale, così come contestato e ritenuto nella sentenza di
appello. Per il resto, il motivo costituisce censura in punto di fatto
della sentenza impugnata, inerendo esclusivamente alla valutazione
degli elementi di prova ed alla scelta delle ragioni ritenute idonee a
giustificare la decisione, cioè ad attività che rientrano nel potere
discrezionale del giudice di merito, il cui apprezzamento è
insindacabile in sede di legittimità se sorretto, come nel caso in
esame, da adeguata e congrua motivazione esente da vizi logicogiuridici (Sez. 2, n. 42595 del 27/10/2009, Errico).
3. La manifesta infondatezza del terzo motivo di ricorso discende
direttamente dalla qualificazione giuridica operata dalla Corte e sulla
quale questo giudice di legittimità non può rilevare alcun vizio
argomentativo, né di violazione di legge.
4. Il quarto motivo di ricorso è null’altro che un tentativo di rivalutare
gli elementi probatori al fine di trarne conclusioni in contrasto con
quelle del giudice del merito, chiedendo alla Corte di legittimità un

3

viene contestata altresì la irregolare tenuta della contabilità (come lui

giudizio di fatto che non le compete. Esula, infatti, dai poteri della
Corte di cassazione quello di una rilettura degli elementi di fatto posti
a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva,
riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di
legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente
più adeguata, valutazione delle risultanze processuali. Alla Corte di
cassazione è preclusa la rilettura di altri elementi di fatto rispetto a
quelli posti a fondamento della decisione impugnata e l’autonoma

dei fatti medesimi, ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una
migliore capacità esplicativa, dovendosi essa limitare a controllare se
la motivazione dei giudici di merito sia intrinsecamente razionale e
capace di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito. La denunzia
di minime incongruenze argomentative (peraltro spiegate dalla
Corte) o l’omessa esposizione di elementi di valutazione, che il
ricorrente ritenga tali da determinare una diversa decisione, ma che
non siano inequivocabilmente munite di un chiaro carattere di
decisività, non possono dar luogo all’annullamento della sentenza,
posto che non costituisce vizio della motivazione qualunque
omissione valutativa che riguardi singoli dati estrapolati dal contesto,
ma è solo l’esame del complesso probatorio entro il quale ogni
elemento sia contestualizzato che consente di verificare la
consistenza e la decisività degli elementi medesimi oppure la loro
ininfluenza ai fini della compattezza logica dell’impianto
argomentativo della motivazione (sezione 2, numero 9242 del 8
febbraio 2013, Reggio, rv. 254.988).
5. Il quinto motivo di ricorso è inammissibile in quanto privo di
specificità nella parte in cui rileva genericamente la violazione del diritto
di difesa per mancata assunzione di alcuni testi, senza ulteriormente
specificare e soprattutto senza confrontarsi sul punto con la sentenza
impugnata, la quale osservava, con particolare riferimento al teste Righi,
che la sua audizione era del tutto irrilevante, essendo certo che l’importo
dell’assegno emesso in suo favore non era mai stato incassato, ed
osservando altresì che l’imputato aveva rinunciato già nel giudizio di
primo grado all’esame del testimone.
6. Per quanto riguarda la decorrenza del termine prescrizionale, il
motivo è legato alla riqualificazione giuridica dei fatti ex articolo 217
della legge fallimentare che, essendo stata negata da questa Corte,

adozione di nuovi o diversi parametri di ricostruzione e valutazione

comporta automaticamente il rigetto del relativo motivo. Infine, la
mancata concessione della sospensione condizionale della pena
costituisce valutazione di merito non sindacabile in sede di legittimità, in
quanto correttamente ed adeguatamente motivata alla pagina 11 della
sentenza.
7. Per questi motivi il ricorso deve essere nrldichiarato
inammissibile; alla declaratoria di inammissibilità segue, per legge
(art. 616 c.p.p.), la condanna del ricorrente al pagamento delle spese

determinata da profili di colpa emergenti dal ricorso: cfr. Sez. 2, n.
35443 del 06/07/2007 – dep. 24/09/2007, Ferraloro, Rv. 237957) al
versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che
si ritiene equo e congruo determinare in Euro 1.000,00.

p.q.m.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 a
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 9/06/2015

processuali nonché (trattandosi di causa di inammissibilità

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