Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35710 del 07/05/2013


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Penale Sent. Sez. 4 Num. 35710 Anno 2013
Presidente: D’ISA CLAUDIO
Relatore: IZZO FAUSTO

Data Udienza: 07/05/2013

NR. 9159\13

SENTENZA
sul ricorso proposto da :

DI FELICE Massimiliano,

n. a Roma

il 21\4\1975

avverso l’ordinanza del Tribunale del Riesame di Roma
del 14\2\2013 (n. 179\2013);

udita la relazione fatta dal Consigliere dott. Fausto Izzo ;
udite le conclusioni del Procuratore Generale che ha chiesto
dichiararsi inammissibile il ricorso;
Gianfranco Polselli, in
udite le conclusioni dell’Avv.
sostituzione dell’Avv. Marco Cinquegrana, che ha chiesto
l’accoglimento del ricorso;

I

1. Con ordinanza del 18\1\2013 il G.I.P. del Tribunale di Roma, in sede di udienza di
convalida, rigettava la richiesta del P.M. di applicazione a carico di Di Felice
Massimiliano della misura della custodia in carcere per il delitto di cui all’art. 73 T.U.
309 del 1990, relativo alla detenzione per fini di cessione di gr. 25 circa di hashish e
marijuana (acc. in Roma il 17\1\2013).
Con provvedimento del 14\2\2013 il Tribunale del Riesame di Roma, su appello del
P.M., riformava il provvedimento, applicando a carico del Di Felice la • misura della
custodia carceraria. Osservava il Tribunale, quanto ai gravi indizi, che essi
emergevano dalla intervenuta condanna in primo grado in sede di giudizio abbreviato.
Quanto alle esigenze cautelari, esse emergevano dalla gravità del fatto (45 dosi medie)
e dalla pericolosità sociale dell’imputato, gravato da precedenti specifici ed altri gravi
precedenti penali. Pertanto l’unica misura idonea a garantire le esigenze di
prevenzione sociale era la custodia carceraria.
2. Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato,
lamentando la erronea applicazione della legge ed il vizio di motivazione laddove il
Tribunale non aveva valutato che i precedenti penali gravanti sul Di Felice erano
risalenti nel tempo e tra di essi non vi era il tentato omicidio. Inoltre non era stato
valutato che l’imputato era portatore di gravi problemi psichiatrici.
CONSIDERATO in DIRITTO
3. Il ricorso è inammissibile.
3.1. Va ricordato preliminarmente quali siano i limiti del sindacato della Corte di
Cassazione in materia cautelare. In particolare è stato più volte ribadito che
“l’ordinamento non conferisce alla Corte alcun potere di revisione degli elementi
materiali e fattuali delle vicende indagate, ivi compreso lo spessore degli indizi, ne’
alcun potere di riconsiderazione delle caratteristiche soggettive degli indagati, ivi
compreso l’apprezzamento delle esigenze cautelari e delle misure ritenute adeguate,
trattandosi di accertamenti rientranti nel compito esclusivo ed insindacabile del
giudice cui è stata richiesta l’applicazione delle misura cautelare e del tribunale del
riesame. Il controllo di legittimità è perciò circoscritto all’esclusivo esame dell’atto
impugnato al fine di verificare che il testo di esso sia rispondente a due requisiti, uno
di carattere positivo e l’altro di carattere negativo, il cui possesso rende l’atto
insindacabile: 1) l’esposizione delle ragioni giuridicamente significative che lo hanno
determinato; 2) l’assenza nel testo dell’esposizione di illogicità evidenti, ossia la
congruenza delle argomentazioni rispetto al fine giustificativo del provvedimento”
(Cass. IV, n. 2050\96, imp. Marseglia, rv. 206104; Cass. Sez. 3, Sentenza n. 40873 del
21/10/2010 Cc. (dep. 18/11/2010), Rv. 248698; Cass. Sez. 6, Sentenza n. 3529 del
12/11/1998 Cc. (dep. 01/02/1999), Rv. 212565).

3.2. Nel caso di specie il giudice di merito, in sede di appello cautelare, ha ritenuto
che la gravità del fatto commesso e le precedenti condanne per traffico di
stupefacenti, furto (4), ricettazione, rissa, evasione, rapina, tentato omicidio,
manifestassero una concreta pericolosità sociale del Di Felice e che una misura diversa
dalla custodia carceraria non era idonea ad arginare.
In tema di valenza dei precedenti penali a incidere sulla valutazione delle esigenze
cautelari, va ricordato che questa Corte ha ribadito che “ai fini della prognosi della
cosiddetta pericolosità sociale, il giudice deve porre particolare attenzione ai dati
riguardanti i precedenti penali del soggetto, stante l’alta significazione, a tale fine,
della recidiva nel reato e deve, altresì, tenere conto delle specifiche modalità e delle

2

RITENUTO in FATTO

circostanze del fatto (Sez. 5, Sentenza n. 21441 del 17/04/2009 Cc. (dep. 22/05/2009), Rv.
243887; Cass. Sez. 1, Sentenza n. 4310 del 01/08/1995 Cc. (dep. 08/08/1995), Rv. 202197).

La coerenza della motivazione e la sua non manifesta illogicità, la rendono
insindacabile in questa sede.

La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di € 1.000,00= in favore della Cassa delle Ammende.
La Corte dispone inoltre che copia del presente provvedimento sia trasmesso al
direttore dell’Istituto penitenziario competente, perché provveda a quanto stabilito
dall’art. 94, co. 1°, ter, disp. att. cod. proc. pen.
Così deciso in Roma il 7 maggio 2013

Il President
t_y___27

Segue, per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali,
nonchè (trattandosi di causa di inammissibilità riconducibile alla volontà, e quindi a colpa,
del ricorrente: cfr. Corte Costituzionale, sent. N. 186 del 7-13 giugno 2000) al
versamento a favore della cassa delle ammende di una somma che si ritiene equo e
congruo determinare in euro 1.000,00.
P.Q.M.

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