Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35709 del 09/06/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35709 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: ZAZA CARLO

SENTENZA

sul ricorso proposto da
Chiarolini Abele, nato a Brescia il 21/04/1941

avverso la sentenza del 09/07/2014 della Corte d’Appello di Genova

visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Carlo Zaza;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale
Giuseppe Corasaniti, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per la parte civile l’avv. Giuseppe Maria Gallo, che ha concluso per
l’inammissibilità o il rigetto del ricorso depositando nota spese;
udito per l’imputato l’avv. Pietro Bogliolo, che ha concluso per l’accoglimento del
ricorso;

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Data Udienza: 09/06/2015

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza impugnata veniva confermata la sentenza del Tribunale
di Genova del 22/11/2012, con la quale Abele Chiarolini era ritenuto
responsabile del reato continuato di cui all’art. 216 r.d. 16 marzo 1942, n. 267,
commesso
1.1. quale amministratore unico della Colonia della Salute Carlo Arnaldi
s.r.I., dichiarata fallita in Genova il 25/10/1999, sottraendone le scritture

tenendo quelle relative al 1999 in modo da impedire la ricostruzione del
patrimonio e del movimento degli affari della società, in particolare annotando
immobilizzazioni materiali in base a fatture in parte fittizie e inesistenti
finanziamenti dell’amministratore; indicando fatti non veritieri nei bilanci relativi
agli anni 1995, 1996 e 1997, in particolare indicandovi immobilizzazioni per
valori superiori a quelli reali, interessi passivi verso banche nel 1996 in misura
inferiore a quella effettiva, risconti attivi pluriennali nel 1997 in realtà inesistenti
e crediti insussistenti o inesigibili negli anni 1995 e 1996, così consentendo alla
società di continuare a ricorrere al credito e cagionandone il fallimento;
distraendo somme corrispondenti a versamenti in favore della Impresa Bresciana
Scavi s.r.l. e della Impresa Chiarolini s.r.I., facenti capo alla famiglia
dell’imputato, in pagamento di lavori di ristrutturazione non eseguiti o
sopravalutati; distraendo immobili ceduti alla Irea s.r.I., amministrata dalla figlia
dell’imputato Ippolita Chiarolini, ad un prezzo incongruo e pagato solo in parte; e
distraendo l’azienda della fallita che affittava alla Colonia Arnaldi s.r.I.,
amministrata dalla moglie Rachele Pelarnatti, per un canone incongruo e con
accollo alla fallita di spese per acquisti e pagamento di utenze relativa
all’esercizio della cessionaria;
1.2. quale amministratore unico e poi amministratore di fatto della Colonia
Arnaldi s.r.I., dichiarata fallita in Genova il 14/02/2000, distraendo somme
prelevate dalla cassa e dai conti correnti della fallita e tenendone le scritture
contabili in modo da impedire la ricostruzione del patrimonio e del movimento
degli affari della società, in particolare annotandovi immobilizzazioni materiali in
base a fittizie fatture di spese per pubblicità emessa dalla Ace Power s.r.l. e
pagamenti di dette fatture con crediti verso gli amministratori corrispondenti ai
prelievi distrattivi di cui sopra.
2. Veniva altresì confermata la condanna dell’imputato alla pena di anni otto
di reclusione, oltre al risarcimento dei danni in favore della parte civile.
2. L’imputato ricorrente deduce:

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contabili redatte fino al 1998, delle quali veniva falsamente denunciato il furto, e

2.1. violazione di legge sull’affermazione di responsabilità; non sarebbero
stati valutati i motivi di appello sulla distrazione dell’azienda in favore della
Colonia Arnaldi, sulla bancarotta impropria relativa all’appostazione a bilancio
degli interessi passivi e dei risconti attivi e sulla tenuta della contabilità della
Colonia della Salute Carlo Arnaldi nel 1999; la simulazione del furto della
contabilità tenuta da quest’ultima fino al 1998 sarebbe stata ritenuta in contrasto
con le dichiarazioni del teste Comelli; le immobilizzazioni materiali riportate nei
bilanci sarebbero state considerate fittizie nonostante il teste Parodi avesse

successivi al 1994, il teste Lazzareschi avesse accennato ad una perizia di
conferma dei valori iscritti e la Banca Nazionale del lavoro avesse erogato un
mutuo per i lavori di ristrutturazione; non sarebbero state esaminate le
fatturazioni indicate nei motivi di appello con riguardo alla cessione degli
immobili alla Irea; e sulla fittizietà della fatture della Ace Power vi sarebbe un
generico richiamo ad un accertamento documentale.
2.2. violazione di legge sul diniego delle attenuanti generiche, l’applicazione
dell’aumento per la recidiva e la determinazione della pena; non si sarebbe
tenuto conto dell’intento dell’imputato di risanare l’attività, con impiego di propri
beni perduti a seguito del fallimento.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. I motivi dedotti sull’affermazione di responsabilità sono inammissibili.
La censura di mancanza di motivazione su motivi di appello relativi alla
distrazione dell’azienda in favore della Colonia Arnaldi, sulla bancarotta impropria
relativa all’appostazione a bilancio degli interessi passivi e dei risconti attivi e
sulla tenuta della contabilità della Colonia della Salute Carlo Arnaldi nel 1999 i è
manifestamente infondata nel momento in cui, come del resto esattamente
rilevato nella sentenza impugnata, tali argomenti non erano in realtà trattati
nell’atto di appello.
Sulla sottrazione delle scritture contabili della Colonia della Salute Carlo
Arnaldi per gli esercizi precedenti al 1999, il ricorrente ripropone genericamente
il riferimento alle dichiarazioni del teste Comelli, già esaminate nella sentenza
impugnata e ritenute inattendibili, nell’affermazione per le quale la contabilità
sarebbe stata oggetto di furto con l’autovettura nella quale la stessa si trovava
mentre egli ed il Chiarolini si trovavano in sosta in un’area di servizio, in quanto
vaghe nella descrizione dei documenti presenti sul veicolo, e prive di spiegazioni
sulla necessità di caricare l’intera contabilità su un’autovettura per portarla da un
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riferito, pur non essendovi stato presente, di lavori eseguiti anche in anni

commercialista, a fronte dell’illogicità dell’allocazione di scritture contabili relative
a cinque anni di attività in un veicolo, della mancata conservazione di copie delle
stesse presso la sede della società e dell’anomala circostanza per la quale fino a
quel momento non si era fatto ricorso all’opera di un professionista.
Anche sulle annotazioni di bilancio relative alle immobilizzazioni materiali, il
ricorso è meramente reiterativo di argomenti già esaminati e ritenuti irrilevanti
dalla Corte territoriale, laddove la stessa osservava che il teste Parodi aveva
riferito di lavori eseguiti solo fino al 1994, mentre l’incremento delle

giustificato con l’indicazione delle imprese che avevano operato ed era anzi
smentito dalla mancata esecuzione della preventivata costruzione di un
capannone e dalla effettuazione, riferita dallo stesso teste Parodi oltre cha
dall’altro teste Giuffra, di lavori di demolizione che semmai diminuivano il valore
delle immobilizzazioni; che il teste Lazzareschi, citato dal ricorrente, aveva
accennato ad una perizia di conferma del valore dei sole lavori eseguiti nell’anno
1993; e che l’erogazione di un mutuo bancario per i lavori non era dimostrativo
dell’effettività degli stessi. Il richiamo del ricorrente a dichiarazioni del teste
Parodi, sull’esecuzione di lavori anche negli anni successivi al 1994, è generico e
peraltro proposto nei termini contraddittori nell’asserzione per la quale il teste
non era presente a tali lavori.
Manifestamente infondata è poi la censura relativa al mancato esame delle
l
fatture indicate nei motivi di appello con riguardo al a cessione degli immobili alla
Irea, fatture viceversa valutate nella sentenza impugnata e ritenute non decisive
in quanto riferite a mere appostazioni contabili, alle quali non corrispondevano
effettive movimentazioni finanziarie; mentre del tutto generico è l’accenno del
ricorso all’accertamento documentale a sostegno della ritenuta fittizietà delle
fatture emesse dalla Ace Power.

2. Sono altresì inammissibili i motivi dedotti sul diniego delle attenuanti
generiche, l’applicazione dell’aumento per la recidiva e la determinazione della
pena.
La censura di mancata valutazione dell’intento dell’imputato di risanare
l’attività è generica nel richiamo ad un argomento superato, nella motivazione
della sentenza impugnata, con il riferimento all’opposta conclusione dell’assenza
di alcun criterio imprenditoriale nella gestione dell’imputato, viceversa risoltasi in
una sistematica spoliazione della società fallita; e d’altra parte il ricorso trascura
le ulteriori considerazioni della Corte territoriale sul significativo periodo
temporale, nel quale le condotte si svolgevano, e sui precedenti penali
dell’imputato.
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immobilizzazioni per circa sei miliardi di lire per gli anni successivi non era

Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della
Cassa delle Ammende che, valutata l’entità della vicenda processuale, appare
equo determinare in C 1.000.

P. Q. M.

spese processuali e della somma di C 1.000,00 in favore della Cassa delle
Ammende, nonché alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla parte
civile, liquidate in C 2.000 oltre accessori di legge.
Così deciso il 09/06/2015

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle

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