Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35707 del 09/06/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35707 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: DE MARZO GIUSEPPE

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SALIGERI ZUCCHI EUGENIO N. IL 10/02/1959
avverso la sentenza n. 2973/2011 CORTE APPELLO di MILANO, del
24/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 09/06/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GIUSEPPE DE MARZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per ,_;t- -v 5,v1/421–

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udig difensortAvv.

kc c-o Q.P.,
(

) 54 – L9-

,

QAD &A_

c/R-AdvA,

Data Udienza: 09/06/2015

Ritenuto in fatto
1. Con sentenza del 24/06/2014 la Corte d’appello di Milano ha confermato la
decisione di primo grado, che, riqualificato il fatto contestato in termini di
bancarotta preferenziale, aveva condannato alla pena di giustizia Eugenio
Saligeri Zucchi, per avere, nella qualità di amministratore della Innuendo s.r.I.,
dichiarata fallita in data 09/04/2009, disposto la restituzione in proprio favore,
quando già la società versava in stato di dissesto, della somma di euro
290.890,00, quale parte dei finanziamenti erogati come socio nei confronti della

2. Nell’interesse dell’imputato è stato proposto ricorso per cassazione, affidato
ad un unico motivo.
In particolare, si lamentano vizi motivazionali e violazione di legge, per avere la
Corte territoriale omesso di considerare le doglianze formulate nell’atto di appello
e la denuncia-querela prodotta anche all’udienza del 24/02/2011, attestante il
pericolo grave corso dall’imputato, a seguito dei ritardi nella restituzione delle
somme prese in prestito per salvare la società, in modo non ufficiale, e il
conseguente stato di necessità nel quale si era, per tale ragione, venuto a
trovare.
Il ricorrente aggiunge, con distinta articolazione, che vizi motivazionali erano
riscontrabili anche con riguardo alla ritenuta sussistenza dell’elemento
soggettivo, ribadendo che l’unico intento perseguito dall’imputato era quello di
salvare la società, come dimostrato dalle ingenti risorse proprie impiegate, e che
insussistente era comunque il fine di favorire alcuni creditori e non altri.
Con l’ultima articolazione, il ricorrente rileva l’insussistenza dell’elemento
oggettivo del reato, sottolineando che le somme immesse nella società
dall’imputato non costituivano conferimenti in senso tecnico e quindi non erano
andati ad integrare il capitale sociale.

Considerato in diritto
1. La prima articolazione del motivo è infondata.
La Corte, con una traiettoria argomentativa assolutamente autonoma rispetto a
quella relativa alla sussistenza di un pericolo danno grave alla persona, sofferto
dal ricorrente per essersi trovato costretto a restituire le somme conseguite con
prestiti usurari, ha sottolineato che tale situazione era comunque ricollegabile a
scelte soggettive, ossia era stata volontariamente creata, con conseguente
inapplicabilità dell’art. 54 cod. pen.
Il ricorrente, per un verso, insiste, anche attraverso il richiamo ad una prova che
sarebbe stata trascurata, nel rilevare che ricorreva la ragionevole minaccia di
una causa imminente e prossima di danno e, per altro verso, occupandosi della
riconducibilità di tale situazione a proprie scelte soggettive, finisce per
1

medesima Innuendo s.r.l.

sovrapporre i presupposti della punibilità dell’usura, assolutamente inconferenti
nel caso di specie, con quelli che giustificano la sussistenza dello stato di
necessità.
In realtà, lo stato di bisogno della vittima del reato di usura, proprio perché
riposa a monte su una scelta volontaria di quest’ultima di fare ricorso a tale
modalità di acquisizione del denaro, non vale a giustificare la commissione di
reati asseritamente prodotti dalla necessità di procurarsi le somme occorrenti per
far fronte a violente o minacciose richieste di restituzione di quanto conseguito.

finalizzati a dimostrare la gravità del pericolo corso per il caso di mancata
restituzione delle somme ricevute.
La seconda articolazione del motivo è manifestamente infondata.
Al riguardo, va ribadito che, ai fini della configurabilità del reato di bancarotta
preferenziale, è necessaria la violazione della

par condicio creditorum

nella

procedura fallimentare (elemento oggettivo) e il dolo specifico costituito dalla
volontà di recare un vantaggio al creditore soddisfatto, con l’accettazione della
eventualità di un danno per gli altri (elemento soggettivo), con la conseguenza
che la condotta illecita non consiste nell’indebito depauperamento del patrimonio
del debitore ma nell’alterazione dell’ordine, stabilito dalla legge, di soddisfazione
dei creditori (Sez. 5, n. 15712 del 12/03/2014, Consol, Rv. 260221).
Ciò posto, nella specie, del tutto irrilevante è il fine dichiarato dall’imputato di
voler salvare la società, dal momento che tale obiettivo rappresenta
verosimilmente la spiegazione degli interventi personali del socio, che
rappresentano il prius della condotta contestata e hanno creato i crediti dei quali
si è poi ripagato, quando ormai era conclamato lo stato di insolvenza della
società, ma certo non l’obiettivo perseguito quando il ricorrente ha agito per
conseguire il soddisfacimento delle proprie ragioni.
In tale prospettiva, non si riesce ad intendere la deduzione del ricorrente,
secondo il quale la sua condotta non sarebbe stata destinata a preferire alcuni
creditori rispetto ad altri, quando è evidente che le risorse destinate al rimborso
dei finanziamenti hanno evidentemente ridotto la massa da ripartire tra i
creditori sociali.
In definitiva, è certo condivisibile l’orientamento in forza del quale, in tema di
bancarotta preferenziale, l’elemento soggettivo del reato non è ravvisabile
allorché il pagamento sia volto, in via esclusiva o prevalente, alla salvaguardia

della attività sociale o imprenditoriale ed il risultato di evitare il fallimento possa
ritenersi più che ragionevolmente perseguibile (Sez. 5, n. 16983 del 05/03/2014,
Liori, Rv. 262904), ma siffatta situazione ricorre quando la condotta sia diretta a
tacitare le ragioni di creditori in vista della prosecuzione dell’attività, non quando
2

E tale rilievo vale ad escludere in radice ogni rilevanza agli elementi probatori

l’imprenditore, in una situazione di difficoltà, intenda recuperare le somme
investite nell’attività economica.
L’ultima articolazione del motivo è poi assolutamente priva di concludenza,
giacché, rispetto al ritenuto reato di bancarotta preferenziale, la natura negoziale
dei versamenti del socio e la loro non qualificabilità in termini di conferimenti
giustificano la sussistenza del credito restitutorio, ma non la sua soddisfazione
con modalità idonee a pregiudicare la par condicío creditorum.
2. Non può accedersi alla richiesta di applicazione dell’art. 131-bis cod. pen.,

l’esclusione della punibilità per particolare tenuità del fatto richiede un’esiguità
del danno o del pericolo provocato dalla condotta certamente insussistente, nel
caso di specie, a fronte di pagamenti preferenziali per oltre 290.000 euro.
3. Alla pronuncia di rigetto consegue, ex art. 616 cod. proc. pen., la condanna
del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma il 09/06/2015
Il Componente estensore

Il Presidente

formulata nel corso dell’udienza di discussione, per l’assorbente ragione che

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