Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35706 del 25/06/2014


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 5 Num. 35706 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Spinelli Claudio, nato a Pescara, il 16/11/1987;

avverso la sentenza del 10/5/2013 della Corte d’appello di L’Aquila;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Roberto
Aniello, che ha concluso per il rigetto del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Marco Di Giulio, che ha concluso chiedendo l’accoglimento
del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte d’appello di L’Aquila, in parziale riforma della pronunzia di primo grado e in
accoglimento dell’appello dell’imputato, condannava Spinelli Claudio per il reato di

Data Udienza: 25/06/2014

lesioni volontarie gravi ai danni Zerrilli Luciano, così diversamente qualificando il fatto
originariamente contestato come tentato omicidio. Rigettava nel resto il gravame di
merito dello Spinelli, in particolare negandogli le invocate attenuanti generiche, nonché
quelle della provocazione e del concorso del fatto doloso della persona offesa e
confermando l’applicazione dell’aumento di pena conseguente alla contestazione della
recidiva reiterata.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore di fiducia

correlati difetti di motivazione in merito al mancato riconoscimento delle attenuanti di
cui all’art. 62 nn. 2 e 5 c.p., rilevando come non sarebbe ostativa alla configurabilità
della prima attenuante la ritenuta sproporzione tra provocazione e reazione e, come,
invece non potrebbe esservi dubbio sulla connessione eziologica tra il comportamento
della vittima (la quale avrebbe ingiuriato l’imputato) e l’evento lesivo contestato. Con il
terzo motivo analoghe doglianze propone il ricorrente in merito al diniego delle
attenuanti generiche e alla mancata esclusione della contestata recidiva.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è inammissibile.

2. Manifestamente infondato e generico è il primo motivo.
2.1 La Corte distrettuale ha infatti escluso la configurabilità dell’attenuante della
provocazione, rilevando come, a fronte delle ingiurie di cui l’imputato sarebbe stato
fatto segno dalla vittima, questi avrebbe reagito in maniera del tutto sproporzionata,
colpendo lo Zerrilli con due pugni che gli provocavano le gravi lesioni contestate. In tal
senso i giudici dell’appello hanno implicitamente ritenuto che la macroscopica
disomogeneità tra i beni giuridici in contrapposizione fosse tale da interrompere
qualsiasi rapporto di causalità diretta tra la prospettata provocazione e l’azione posta in
essere dallo Spinelli, facendo così corretta applicazione della giurisprudenza di questa
Corte – richiamata in motivazione – per cui la menzionata attenuante non ricorre ogni
qualvolta la sproporzione fra il fatto ingiusto altrui ed il reato commesso sia talmente
grave e macroscopica da escludere o lo stato d’ira ovvero il nesso causale fra il fatto
ingiusto e l’ira, pur non essendo il concetto di adeguatezza e proporzione connotato
della circostanza attenuante medesima (Sez. 1, n. 30469 del 15 luglio 2010, Lucianò,
Rv. 248375; Sez. 5, n. 604/14 del 14 novembre 2013, D’Ambrogi, Rv. 258678).
2.2 Ed altrettanto manifestamente infondate, nonché generiche, risultano le ulteriori
censure mosse sul punto, con le quali, senza tenere in considerazione la menzionata
disomogeneità tra i valori in gioco che ha costituito il reale e, come detto, corretto
fondamento della decisione sul punto, vengono evidenziati elementi di cui i giudici

articolando tre motivi. Con i primi due deduce l’errata applicazione della legge penale e

d’appello avrebbero omesso di tenere conto e la cui asserita pregnanza logica è in
realtà inconsistente una volta che attraverso gli stessi il ricorrente vorrebbe dimostrare
l’indimostrabile e cioè il difetto di sproporzione tra una aggressione a mani nude
sufficientemente violenta da determinare le gravi conseguenze sofferte dallo Zerrilli e
un’offesa verbale.

3. Ancora più manifesta è l’infondatezza del secondo motivo, atteso che l’attenuante di

causalità tra l’azione dolosa della vittima e l’evento del reato, del quale la condotta
dell’agente viene dunque a costituire solo una concausa (ex multis Sez. 1, n. 15990 del
6 aprile 2006, Muca, Rv. 234131). Nel caso di specie la presunta provocazione
ingiuriosa assume il ruolo di mero antecedente indiretto dell’evento lesivo, rispetto alla
cui verificazione si è interposta come unica ed effettiva causa efficiente la volontaria
azione dell’imputato.

4. Del tutto generiche sono infine le censure rivolte alla sentenza con il terzo motivo,
atteso che la Corte distrettuale ha fornito adeguata motivazione delle ragioni ostative al
riconoscimento delle attenuanti generiche e all’esclusione della ritualmente contestata
recidiva, ancorandosi in tal senso alla ritenuta gravità del fatto ed ai precedenti specifici
e recenti da cui risulta gravato l’imputato, rilevando altresì la pregnante espressività di
questi ultimi ai fini della valutazione imposta dall’art. 99 c.p. Motivazione con cui il
ricorrente sostanzialmente non si confronta se non in maniera del tutto assertiva e
dimenticando i consolidati principi affermati da questa Corte, secondo cui il diniego
delle

attenuanti

generiche

può

essere

legittimamente

fondato

anche

sull’apprezzamento di un solo dato negativo, oggettivo o soggettivo, che sia ritenuto
prevalente rispetto ad altri elementi (Sez. 6 n. 8668 del 28 maggio 1999, Milenkovic,
rv 214200) e secondo la quale tale dato può essere costituito anche dalla valutazione
della gravità del fatto o dei precedenti penali dell’imputato, che sono tra gli indici
normativi dettati per la determinazione del trattamento sanzionatorio (Sez. 3 n.
11963/11 del 16 dicembre 2010, p.g. in proc. Picaku, rv 249754).

5. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la
condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della
somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.

P.Q.M.

cui all’art. 62 n. 5 c.p. ricorre solo quando sia configurabile un diretto rapporto di

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.

Così deciso il 25/6/2014

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA