Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35702 del 19/05/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35702 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: SETTEMBRE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ZORNITTA GALLIANO N. IL 14/10/1952
nei confronti di:
CASE RAFFAELLA N. IL 05/08/1977
BRINDANI UMBERTO N. IL 04/04/1958
avverso la sentenza n. 1413/2010 CORTE APPELLO di MILANO, del
09/06/2014
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 19/05/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ANTONIO SETTEMBRE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Uditi difensor Avv.

Data Udienza: 19/05/2015

- Udito il Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Cassazione,
dr. Eduardo Scardaccione, che ha chiesto l’annullamento della sentenza
impugnata con rinvio al giudice civile competente.
– Udito, per la parte civile, l’avv. Paolo Patelmo, che ha chiesto l’annullamento
della sentenza impugnata con rinvio al giudice competente.
Udito, per l’imputato, l’avv. Gianpiero Biancolella, che ha concluso per il rigetto

RITENUTO IN FATTO

1. La Corte d’appello di Milano ha, con la sentenza impugnata, in totale riforma
di quella emessa dal Tribunale di Monza, assolto Case Raffaella dal delitto di cui
all’art. 595 cod. pen. perché il fatto non costituisce reato e Brindani Umberto dal
delitto di cui all’art. 57 cod. pen. (omesso controllo sul contenuto di una
pubblicazione) perché il fatto non sussiste.
In particolare, Case era imputata di aver pubblicato, sul settimanale “Gente”, un
articolo in cui si affermavano fatti non veri, lesivi della reputazione di Zornitta
Galliano; vale a dire, che Zornitta aveva subìto una perquisizione durata dalle
8,00 alle 16; che gli inquirenti avrebbero sequestro due borsoni di materiale; che
la mansarda da lui abitata era un laboratorio artigianale, usata da lui e dal
fratello Elvo per smontare e rimontare pistole e fucili, con pile, fili elettrici e
sostanze chimiche; che dopo la perquisizione Zornitta non si era più presentato
al lavoro e che aveva rilasciato una intervista. Inoltre, venivano fatte su di lui
affermazioni insinuanti, tra cui quella che, “forse”, aveva perso una mano
mentre giocava con dei petardi, al fine di avvalorare l’ipotesi che avesse una
incontrollabile passione per gli esplosivi.
La Corte d’appello, che ha riformato la sentenza di condanna del primo
giudice, rileva, innanzitutto, che l’articolo incriminato era intervenuto a proposito
delle indagini sul caso “unabomber” (attentati dinamitardi posti in essere nel
Nord-Italia nei primi anni 2000) e che faceva seguito ad altri articoli, pubblicati
su numerosi giornali, riguardanti gli accertamenti compiuti dalla polizia
giudiziaria per individuare gli autori degli attentati. Rilevava che la giornalista,
che aveva attinto a piene mani dalle pubblicazioni precedenti, aveva esposto i
fatti “in maniera piuttosto colorata e con linguaggio ammiccante”, ma non aveva
aggiunto particolari di rilievo tali da modificare la posizione dei soggetti coinvolti
(i due fratelli Zornitta) e compromettere ulteriormente la loro reputazione, dal
momento che la passione per le armi era stata confermata anche dal padre della
persona offesa ed • era già stata propalata da diversi giornali. Quanto alla
menomazione fisica, rilevava che la propalazione del fatto poteva essere oggetto

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del ricorso.

di un diverso addebito, non compreso nell’imputazione. In sintesi, rilevava che il
tenore dell’articolo portava ad escludere un intento del giornalista di enfatizzare
il coinvolgimento di Zornitta Galliano nelle indagini. Difatti, si affermava che la
posizione di quest’ultimo era molto più leggera di quella del fratello ingegnere e
che gli inquirenti stavano svolgendo accertamenti anche in altre direzioni.
Pertanto, concludeva la Corte d’appello, l’articolista – che aveva divulgato fatti
aventi indubbia rilevanza pubblica – non aveva alterato sensibilmente la realtà e

2. Contro la sentenza suddetta ha proposto ricorso per Cassazione, nell’interesse
della persona offesa, l’avv. Paolo Patelmo per violazione di legge e vizio di
motivazioone. Lamenta, innanzitutto, che la Corte di merito abbia disatteso la
consolidata giurisprudenza di questa Corte, secondo cui l’autore dello scritto non
può limitarsi ad una valutazione della verosimiglianza della notizia né può
ottenere riscontro di tale veridicità dal fatto che la notizia sia stata diffusa in altri
articoli, dovendo il giornalista ricercare il contatto ed il vaglio delle fonti
accreditate, controllare e verificare i fatti oggetto della narrazione, con cura tale
da vincere ogni dubbio ed incertezza prospettabili in ordine a quella verità,
poiché non esistono fonti informative privilegiate. Al contrario, la Case aveva
riferito, nel proprio esame, di non aver nemmeno parlato col giornalista dal quale
aveva copiato la notizia dell’indagine a carico dei due fratelli.
Lamenta, poi, che la Corte di merito abbia – irragionevolmente – escluso il
carattere diffamatorio dello scritto in considerazione del fatto che la reputazione
di Zornitta Galliano era già stata pregiudicata dalla diffusione di altri articoli di
stampa e che abbia omesso la valutazione di prove – sottoposte al suo esame che “esprimevano fatti storici assolutamente opposti a quanto riportato in
motivazione”, rappresentate dalle dichiarazioni di Zornitta Claudio e Zornitta
Galliano, i quali avevano chiarito che nei due borsoni trasportati dalla polizia
giudiziaria non v’era materiale sequestrato, ma gli strumenti utilizzati per
l’indagine; che nella mansarda non v’arano pile, fili e sostanze chimiche, ma si
trattava di una comune mansarda, peraltro pochissimo adoperata; che Zornitta
Galliano non aveva la disponibilità della mansarda, non si chiudeva nella stessa e
non aveva, come hobby, quello di smontare e rimontare fucili, ma solo l’hobby
del tiro a segno e la passione delle armi storiche; che non aveva perso il braccio
a seguito di una esplosione e che si era regolarmente presentato al lavoro il
giorno successivo alla perquisizione; che nessuno della sua famiglia aveva mai
rilasciato interviste. Così come aveva trascurato gli esiti di indagini difensive,
raccolte nel fascicolo del Pubblico Ministero, da cui risultava che nessuno dei
vicini di casa del ricorrente era mai stato contattato ed aveva mai fornito notizie
alla giornalista.
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si era tenuto nei limiti della continenza.

Il ricorrente riporta poi sentenze che fanno riferimento alla continenza delle
espressioni verbali e alla necessità di distinguere le posizioni dei vari soggetti
coinvolti in una indagine giudiziaria, al fine di evitare che il destinatario della
notizia sia indotto a credere che ogni persona sia responsabile di tutti gli episodi:
cosa che, nella specie, è accaduta, essendo stata la posizione di Galliano
associata indebitamente a quella del fratello Elvo, unico indagato.

Il ricorso è fondato.
1. Occorre in primo luogo osservare come sia innegabile che l’articolo di cui il
ricorrente si duole sia lesivo della di lui reputazione, dal momento che, seppur
col beneficio del dubbio circa il suo coinvolgimento nelle vicende delittuose che
hanno sgomentato il Nord-Est d’Italia nei primi anni 2000, espresso nell’ultima
parte dello scritto, Zornitta Galliano viene accumunato al fratello Elvo nel
sospetto di essere “unabomber”; inoltre, gli viene attribuita, nell’articolo, la
disponibilità della mansarda oggetto della perquisizione, da cui, si dice, furono
prelevati “due borsoni di materiale”, per farne oggetto di sequestro, e all’interno
della quale furono ritrovati “pile, fili elettrici e sostanze chimiche”, di cui si dice
che “verranno comparati con i resti delle bombe rinvenute sui luoghi degli
attentati”; si parla della menomazione fisica da cui Zornitta Galliano è affetto
insinuando il sospetto che derivi da un uso precoce degli esplosivi (“forse è nato
focomelico, forse ha perso la mano mentre giocava con dei petardi’):

notazione

che rimanda immediatamente ai delitti di “unabomber”, essendo evocativa del
materiale di cui si serviva l’ignoto dinamitardo. Infine, si parla di lui come di
soggetto che “smonta e rimonta pistole e fucili: è uno bravo, col porto d’armi,
maneggia bene la polvere da sparo”.

2. Orbene, secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, l’esercizio del
diritto di cronaca – a cui la sentenza appellata ha fatto riferimento per dedurre la
legittimità della pubblicazione — rende giuridicamente irrilevante la lesione.della
reputazione quando concorrono tre requisiti: la rilevanza sociale della notizia, la
verità dei fatti divulgati e la continenza dell’espressione. Fermo restando che,
nella specie, non sono in discussione né la rilevanza sociale della notizia né la
continenza delle espressioni, non risulta che la sentenza impugnata si sia
cimentata Col terzo requisito richiesto dalla giurisprudenza. La sentenza
impugnata sorvola, infatti, in maniera scivolosa, sulla veridicità di quanto
divulgato nell’articolo, omettendo completamente di confrontarsi con la puntuale
e tranciante sentenza appellata, la quale aveva invece dato per scontato che:

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CONSIDERATO IN DIRITTO

- Zornitta Galliano non era oggetto di indagine, in quanto gli investigatori
avevano concentrato la loro attenzione sul fratello Elvo;
– la mansarda, oggetto di perquisizione, era nella disponibilità di Zornitta Elvo, e
non anche del fratello Galliano;
– nulla si sapeva sugli esiti della perquisizione. Era dovuta a pura fantasia ovvero a maldestra operazione di copiatura – l’affermazione che nella mansarda
erano stati rinvenuti “pile, fili elettrici e sostanze chimiche”, che gli investigatori
avevano sequestrato per confrontarli con quelli usati da “unabomber”; così come

“due borsoni di materiale”, evidentemente compromettente;
– era del tutto gratuita l’insinuazione che Zornitta Galliano potesse aver perso un
braccio maneggiando petardi, perché era affetto da malformazione congenita; ed
era gratuita l’affermazione che fosse aduso a montare e smontare armi e
maneggiare polvere da sparo, perché il suo stato fisico non glielo consentiva.

3. A fronte a tale compendio argomentativo – chiaramente deponente per
l’assenza di veridicità nella propalazione incriminata – la Corte d’appello, senza
misurarsi in alcuna maniera col requisito della veridicità, contrappone due dati
decisamente ininfluenti per la valutazione che era chiamata ad operare: il fatto
che la giornalista si era limitata a mutuare le notizie dalle pubblicazioni già
intervenute sull’argomento e il fatto che – seppur con linguaggio colorato ed
ammiccante – aveva commentato la vicenda senza aggiungere particolari di
rilievo, idonei a modificare sensibilmente la posizione dei soggetti coinvolti e
compromettere ulteriormente la loro reputazione. E’ da ricordare allora che, per
giurisprudenza consolidata, il giornalista deve, nell’esercizio del diritto di
cronaca, esaminare, controllare e verificare attentamente la notizia, in modo da
superare ogni dubbio, non essendo a tal fine sufficiente l’affidamento ritenuto in
buona fede sulla fonte (ex multis, Cass., 9/4/2010, n. 27106), specie quando la
fonte sia costituita da altra pubblicazione giornalistica, giacché l’agente, in tal
caso, lungi dall’attingere ad una fonte accreditata, non fa che confidare sulla
professionalità e correttezza dei colleghi, chiudendosi volontariamente in un
circuito autoreferenziale, di cui si assume i rischi.
Del tutto ininfluente è, poi, la circostanza che la giornalista non aveva aggiunto rispetto alle pubblicazioni precedenti – particolari di rilievo, giacché la
divulgazione della notizia a distanza di tempo non fece che aumentare la carica
di discredito collegata alle pubblicazioni già intervenute ed assunse, pertanto,
autonoma valenza offensiva.

4. La Corte d’appello svaluta poi, illogicamente, la valenza offensiva di altre
affermazioni contenute nell’articolo: il fatto che Zornitta Galliano fosse aduso a
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fantasiosa era l’affermazione che gli investigatori erano usciti dalla mansarda con

”maneggiare polvere da sparo” ed il fatto che, “forse”, la sua menomazione era
dovuta all’uso precoce dei petardi. E’ evidente, infatti, stante il contesto di
riferimento, che il maneggio della “polvere da sparo” era cosa diversa dalla
passione per le armi, su cui si intrattiene – impropriamente – la Corte d’appello,
perché il primo – a differenza della seconda – rimandava direttamente alla
materia prima usata da “unabomber” per la preparazione degli ordigni, e quindi
evocava un collegamento tra il criminale dinamitardo ed il soggetto che, secondo
la giornalista, era familiare con la polvere da sparo. Dipoi, la rappresentazione –

offensiva dell’insinuazione, lasciando il sospetto che Zornitta Galliano se la fosse
procurata dando sfogo ad una insana e incontrollabile passione. Il •dato,
pertanto, contrariamente a quanto ritenuto dalla Corte d’appello, non rilevava
soltanto sotto l’aspetto della propalazione di un dato sensibile, ma, stante le
circostanze in cui era stato reso di pubblico dominio, anche sotto l’aspetto della
diffamazione.

5. In conclusione, la sentenza impugnata si è rivelata carente nell’esame della
veridicità dei dati (tutti quelli menzionati al punto 2) diffusi con l’articolo
incriminato; ha illogicamente svalutato la potenzialità offensiva di altri dati
(quelli menzionati al punto 4); ha fatto erronea applicazione della giurisprudenza
– pure evocata – concernente il diritto di cronaca e la potenzialità lesiva di
pubblicazioni meramente ripetitive di altre (per le ragioni esposte al punto 3). Di
conseguenza, se ne impone l’annullamento con rinvio – stante la n .atura
dell’impugnazione, Proposta dalla sola parte civile – al giudice civile competente
per valore in grado di appello.

P.Q.M.

Annulla la sentenza impugnata agli effetti civili e rinvia al giudice civile
competente per valore in grado di appello.
Così deciso il 19/5/2015

in maniera dubbiosa – delle cause della menomazione non elideva la potenzialità

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