Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3570 del 16/09/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3570 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: BEVERE ANTONIO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
GALATI MASSARO SANTO N. IL 22/07/1981
avverso l’ordinanza n. 133/2014 TRIB. LIBERTA’ di
CALTANISSETTA, del 13/03/2014
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ANTONIO BEVERE;
lette/sentite le conclusioni del PG Dott.
cADVQ29,…,-( –

Uditi difensor Avv.;

0)\

Data Udienza: 16/09/2014

Con ordinanza 13.3.2014, il tribunale di Caltanissetta ha rigettato la richiesta di riesame avverso
l’ordinanza 10.2.2014 del Gip del medesimo tribunale, con la quale era stata applicata a Galati
Massaro Santo la misura cautelare della custodia in carcere, in ordine al reato di partecipazione ad
associazione mafiosa ,aggravato dalla disponibilità di armi , denominata Cosa Nostra,
nell’articolazione territoriale operante nell’area di Centuripe , facente capo a quella di
Catenanuova diretta da Leonardi Salvatore , nonostante il suo stato di detenzione.
Nell’interesse dell’indagato è stato presentato ricorso per i seguenti motivi :
1. violazione di legge in relazione all’art. 292 co. 2 lett. b) c.p.p. : il tribunale non ha dato
adeguato rilievo alle censure formulate nella richiesta di riesame relative alla carente
individuazione , nell’ordinanza cautelare, degli elementi storico-soggettivi che dovevano
rappresentare il fatto associativo contestato , con specifico riferimento all’assenza di
indicazione degli eventuali sodali , dei soggetti posti al vertice„ dei territori interessati ;
2. violazione di legge in riferimento all’art. 416 bis c.p. : nell’ordinanza cautelare e
nell’ordinanza di riesame manca l’indicazione della caratteristiche indefettibili della
consorteria mafiosa : il numero degli associati, i promotori, gli organizzatori , la ripartizione
dei compiti , le specifiche attività illecite rientranti nel programma criminoso, la capacità
intimidatrice, idonea a piegare ai propri fini la volontà di quanti vengano in contatto con gli
affiliati;
3. violazione di legge e vizio di motivazione in riferimento alla sussistenza dei gravi indizi di
colpevolezza ex art. 273 co. 1 c.p.p. : l’accusa si basa sulle dichiarazioni del collaboratore
Mavica Antonino , il quale mostra di individuarlo con esclusivo riferimento al contesto
familiare di provenienza, senza attribuirgli un ruolo e una posizione specifici all’interno del
gruppo.. Unico episodio riferito dal Mavica riguarda il furto che l’indagato avrebbe
effettuato su suo ordine. Questo furto è stato oggetto di un diverso procedimento e aveva
come oggetto il delitto di estorsione contestato all’imprenditore Naselli Angelo, derubricato
in primo grado a esercizio arbitrario delle proprie ragioni . Dagli atti del processo non
risulta alcun coinvolgimento del Galati Massaro, tanto che la vicenda del furto ,è stata
ridotta dal tribunale a mero elemento di riscontro della storicità dell’episodio narrato dal
collaboratore . Altro elemento indiziario , qualificato come riscontro delle dichiarazioni del
Mavica, è ricavato dalla conversazione registrata tra Tirendi Salvatore e Tirendi Antonino,
appartenenti al clan Cappello, operante in territorio di Catenanuova . Nel corso della
conversazione si fa riferimento a un soggetto di nome Santo , che viene identificato
nell’indagato . Unico elemento di identificazione è costituito dal legame con tale Gianni,
identificato nel cugino Galati Massaro Gianni , che risulta cugino di tale Rocco, identificato
in Finocchiaro Rocco, esponente di spicco del clan Cappello. Sulla base di questi legami di
indicato come partecipante all’associazione mafiosa
parentela, l’indagato è stato
suindicata. Il Gip e il tribunale non hanno tenuto conto che Finocchiaro Rocco è cugino
anche di altro soggetto di nome Santo , cioè di Strano Santo, anche egli sodale del clan
Cappello di Catenanuova. Questi elementi possono condurre alla conclusione che i
riferimenti contenuti nella conversazione registrata riguardino soggetti del clan Cappello in
relazione a fatti criminosi avvenuti nel territorio di Catenanuova , conosciuto dagli
interlocutori, che non richiamano in alcuna occasione Centuripe. L’individuazione di questa
area territoriale , che sarebbe controllata dal ricorrente, è stata compiuta con argomentazione
del tutto deduttiva e per esclusione :secondo i giudici il territorio in questione non è
Catenanuova, non è Paternò, non è Ragalbuto, quindi non può che trattarsi di Centuripe,
collocato in mezzo rispetto agli altri comuni. A tale conclusione i giudici sono arrivati,
grazie all’avverbio /à usato dagli interlocutori per indicare la zona oggetto della
conversazione , interpretato come indicazione di un territorio diverso dal proprio, che è

FATTO E DIRITTO

Il ricorso è meritevole di accoglimento nei limiti che di seguito saranno indicati.
Sono manifestamente infondate le censure dirette a smentire l’esistenza di un ‘articolazione di Cosa
Nostra ,operante nella fascia territoriale compresa tra provincia di Enna e la parte settentrionale
della provincia di Catania. L’ egemonia del potere mafioso in questa area del territorio nazionale ha
costituito oggetto di approfondita analisi e di ineludibili conclusioni dell’autorità giudiziaria, che ha
dovuto svolgere indagini su precise e inconfondibili modalità di esercizio di questo potere e di
confronto con eventuali antagonisti( omicidi in Catenanuova di Prestifilippo Cirimbolo Salvatore,
nel 2008, e di Leonardo Prospero , nel 2012) .Nella medesima area di Catenanuova risultano
ancora operanti, in regime di concorrenza, il gruppo facente capo a Leonardi Salvatore e il clan
Cappello, facente capo a Passalacqua Filippo.
L’ordinanza impugnata descrive, con insindacabile rassegna storico-fattuale ,i1 complesso materiale
probatorio sin qui raccolto , articolato in intercettazioni telefoniche ed ambientali ,in denunce delle
persone offese, in sequestri, pedinamenti e dichiarazioni di alcuni collaboratori di giustizia.
Nei confronti della rilevanza delle conoscenze di questi ultimi e dalla forza persuasiva delle loro
narrazioni, i giudici di merito hanno espresso valutazioni positive, che per precisione, per
comparazione con altri convincenti dati confermativi,per assenza di controindicazioni su
travalicanti ambizioni premiali , non sono assolutamente sindacabili in questa sede.
Quanto alle accuse formulate dal collaboratore Mavica Antonino sull’inserimento del ricorrente nel
gruppo mafioso nella componente delegata al controllo di Centuripe e sul ruolo in esso svolto , va
osservato che l’ordinanza dà un ampio rilievo alla funzione affidata dal Leonardi al cugino del
ricorrente ,Galati Massaro Gianni, di riorganizzare il clan a Catenanuova , nonché alla comune
radice mafiosa che contraddistingue entrambi i cugini Galati Massaro.
Il tribunale , nell’esaminare in maniera diretta la posizione del Galati Massaro Santo, al di là della
sua “messa a disposizione all’inizio del 2005” e del compito assegnatogli,nel 2004-2005, di
gestire Centuripe “in uno col cognato Cala Lesina Salvatore, a sua volta cognato di Galati Giordano
Carmelo “, elenca i seguenti dati storici :
– furto di un macchinario in danno dell’imprenditore Bruccolieri Calogero, commissionato
dallo stesso collaboratore, per conto dell’imprenditore Naselli Salvatore e inquadrato poi
dagli inquirenti nel reato di esercizio arbitrario delle proprie ragioni;
riferimento , effettuato da Tirendi Salvatore e Tirendi Antonino, al ricorrente come addetto
al controllo di una porzione territoriale nella suindicata area siciliana;
sua disponibilità di armi, segnalata dal Mavica Antonino e da una conversazione registrata
tra Leonardi Salvatore e la moglie Cicero Agata, nel corso della quale il primo incaricava
la donna “di riferire a Galati Massimo Gianni che egli si sarebbe interessato sia per le armi
che per gli stupefacenti”.
Da tali elementi il tribunale ha tratto la conclusione che sia stata raggiunta la dimostrazione della
“gravità indiziaria in ordine alla partecipazione del Galati alla famiglia Cosa Nostra a Centuripe e
che pertanto vada allo stesso ascritto il delitto di associazione di tipo mafioso di cui all’art. 416 bis,
aggravato dalla disponibilità di armi”.

Catenanuova. Il ricorrente elenca inoltre una serie di conversazioni ,riportate nell’ordinanza
cautelare, in cui il Rocco Finocchiaro è citato insieme al cugino Strano Santo . Il tribunale
trascura e/o interpreta non correttamente la posizione di rilievo rivestita dal Rocco
Finocchiaro nella questione relativa alle indebite ingerenze di Galati Massaro Gianni,
accusato dai Tirendi di aver assoldato per lo spaccio di droga a Centuripe Di Marco
Prosperino, soggetto appartenente alla loro squadra . Secondo il tribunale, se Di Marco
Prosperino spacciava per conto di Galati Massaro Gianni e se questi è cugino di Galati
Massaro Gianni, la conversazione dei Tirendi converge proprio su quest’ultimo quale
referente del territorio in questione. Trattasi di argomentazione del tutto illogica e
fortemente presuntiva, in quanto non vi è alcuna indicazione specifica che possa
logicamente condurre all’indagato.

PQM
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame al tribunale di Caltanisetta.
Roma, 16.9. 2014

Questa conclusione non appare condivisibile , alla luce della consolidata e condivisibile
interpretazione giurisprudenziale sulla sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza necessari per
l’emissione della misura cautelare : le dichiarazioni provenienti dai collaboratori di giustizia
possono fornire un adeguato supporto indiziario quando siano riscontrate attraverso l’incrocio di
dichiarazioni provenienti da soggetti diversi e da altri dati di carattere ambientale e culturale ( radici
geografiche e familiari, comuni con esponenti di alto rango) ; tuttavia è necessario che i fatti
riferiti abbiano almeno potenzialmente una specifica idoneità dimostrativa e che tali dichiarazioni
siano sufficientemente precise e definite , tanto da prestarsi alla identificazione ,. con il grado di
relativa certezza propria della fase di indagini preliminari, del ruolo svolto dall’indagato o della
peculiare attività tenuta nell’ambito del sodalizio.
Ai fini dell’integrazione della condotta di partecipazione ad associazione di tipo mafioso, non è
necessario che il membro del sodalizio si renda protagonista di specifici reati – fine, perché il
contributo del partecipe può essere costituito anche dal semplice inserimento all’interno della
compagine criminale, secondo modalità tali da poterne desumere la completa “messa a
disposizione” dell’organizzazione mafiosa, anche solo per la disponibilità ad agire per il gruppo . La
S.C. ha però precisato che la base indiziaria non può esaurirsi in una mera manifestazione positiva
di volontà di adesione morale al sodalizio criminale, essendo comunque necessario la delineazione
di un contributo comunque idoneo a fornire efficacia al mantenimento in vita e al perseguimento
degli scopi di esso(cfr.. Sez.5,n.49793 del 05/06/2013 Rv. 257826).
Al di là delle argomentazioni difensive
– sull’incertezza della precisa località in cui Galati Massaro Santo svolge il suo ruolo di
controllore territoriale, sottoposto a sua volta al controllo del superiore vertice, Leonardi
Salvatore (l’area del territorio italiano governato di fatto dalla mafia ha confini ben precisati
dai giudici) e
– sull’indimostrata rilevanza dell’omonimia di congiunti all’interno della famiglia Galati
Massaro,
– va rilevato che allo stato si presenta la necessità che gli elementi sin qui raccolti siano
integrati da quelli che consentano , con la relativa certezza della fase in corso , la
delineazione del contributo del Galati Massaro Santo, come potenzialmente idoneo al
mantenimento in vita e al perseguimento degli scopi del suindicato clan territorialmente
operante nella provincia di Enna.
L’ordinanza impugnata va quindi annullata con rinvio per nuovo esame al tribunale di Caltanisetta.

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