Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35696 del 25/06/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35696 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: PISTORELLI LUCA

SENTENZA

sul ricorso proposto dal difensore di:
Lovecchio Giuseppe Flavio, nato a Monopoli, il 25/1/1970;

avverso la sentenza del 21/3/2013 del Tribunale di Bari sez. dist. di Monopoli;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere Dott. Luca Pistorelli;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale Dott. Roberto
Aniello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito per l’imputato l’avv. Giuseppe Sardano, che ha concluso chiedendo
l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 21 marzo 2013 il Tribunale di Bari sez. dist. di Monopoli, in parziale
riforma della pronunzia di primo grado e su appello della sola parte civile, affermava la

Data Udienza: 25/06/2014

responsabilità agli effetti civili di Lovecchio Giuseppe Flavio per il reato di lesioni
personali commesse ai danni di Presicci Mario, condannandolo al risarcimento del
danno in favore di quest’ultimo e alla refusione delle spese legali sostenute dallo stesso
in entrambi i gradi di giudizio. Il Tribunale confermava invece l’assoluzione del
Lovecchio per l’ulteriore reato di minacce contestatogli.
2. Avverso la sentenza ricorre l’imputato a mezzo del proprio difensore articolando due
motivi.

a) il difetto di assistenza dell’imputato in entrambe i gradi di giudizio per l’inesistenza
dell’atto di nomina del presunto difensore di fiducia avv. Giuseppe Sardano, nonchè
l’omessa notifica allo stesso imputato dell’atto introduttivo del giudizio, essendo la
notifica stata effettuata al difensore presso il cui studio asseritamente il Lovecchio
avrebbe eletto domicilio, elezione invero mai effettuata e comunque non risultante
dagli atti;
b) la mancata osservanza, sempre nel giudizio di primo grado, del termine a comparire
dell’imputato, inosservanza rilevata dall’avv. Sardano negli atti preliminari al
dibattimento, ma che lo stesso nel medesimo frangente rinunziò ad eccepire
formalmente in ragione del menzionato difetto di nomina e che quindi non potrebbe
ritenersi sanata per omessa tempestiva deduzione o a seguito della comparizione del
Lovecchio, invero rimasto contumace;
c) l’inammissibilità della costituzione di parte civile per generica indicazione sia del
petitum che della causa petendi, come rilevato all’udienza del 6 giugno 2008 dall’avv.
Sardano, sebbene sprovvisto di effettivo mandato difensivo;
d)

la mancata acquisizione della documentazione medica prodotta dalla difesa

all’udienza menzionata e relativa alle lesioni subite dall’imputato per mano del Presicci
nel medesimo contesto in cui venne presuntivamente consumato il reato contestato;
documentazione la cui acquisizione era stata invero disposta dal Giudice di Pace, il
quale dunque non ha dato seguito al suo provvedimento e non ha tenuto conto della
suddetta documentazione ai fini della decisione con la conseguente nullità della
sentenza di primo grado;
e) l’illegittima acquisizione all’udienza del 9 gennaio 2009 dei verbali di prove di altro
procedimento prodotti dalla parte civile, acquisizione che sarebbe avvenuta in spregio
alle regole fissate in proposito dall’art. 238 c.p.p., trattandosi di testimonianze assunte
in assenza della difesa dell’imputato e comunque non collegate all’oggetto del
processo;
f) la nullità della sentenza impugnata per l’erronea indicazione in calce al dispositivo
della data del 20 marzo 2013, mentre il giudizio d’appello sarebbe stato celebrato il
giorno successivo.

2.1 Con il primo vengono eccepiti diversi vizi di natura processuale ed in particolare:

2.2 Con il secondo motivo il ricorrente deduce invece vizi motivazionali della sentenza
impugnata conseguenti alla mancata valutazione delle dichiarazioni rese dall’imputato,
nonchè della documentazione medica e della deposizione del teste Garganese in ordine
alle lesioni riportate dall’imputato ed alla loro eziogenesi.
CONSIDERATO IN DIRITTO

2. Quanto alla nomina dell’avv. Giuseppe Sardano deve evidenziarsi che l’imputato l’ha
effettuata nella querela proposta avverso il Presicci nell’ambito dello stesso
procedimento da cui poi è invece scaturito il suo rinvio a giudizio.
2.1 Non di meno deve osservarsi come il legale non solo abbia prestato la sua
assistenza al Lovecchio nel corso di entrambi i gradi di giudizio, ma abbia
ripetutamente dichiarato la propria qualifica di difensore di fiducia del medesimo in atti
presentati a propria firma (si v. ad esempio la lista testi depositata il 23 gennaio 2008
o l’istanza di rinvio dell’udienza presentata il 19 novembre 2008).
2.2 Infine va rilevato come l’imputato abbia presenziato alle udienze del 6 giugno
2008, del 3 luglio 2009, del 19 febbraio 2010 e del 9 aprile 2010, sempre assistito
dall’avv. Sardano, senza nulla eccepire sull’esercizio da parte di quest’ultimo
dell’attività defensionale, circostanza particolarmente rilevante nell’ultimo caso,
trattandosi dell’udienza in cui si è svolta la discussione finale nel primo grado di
giudizio.
2.3 Deve dunque concludersi che, anche volendo ritenere che la nomina effettuata
nella veste di persona offesa querelante non possa immediatamente riferirsi anche alla
diversa qualifica assunta nell’ambito del procedimento dal Lovecchio, la stessa e gli altri
comportamenti tenuti dal medesimo risultano inequivocabilmente indicativi della sua
volontà di nominare l’avv. Sardano come proprio difensore di fiducia nel processo,
secondo il consolidato insegnamento di questa Corte per cui è valida la nomina del
difensore di fiducia, pur se non effettuata con il puntuale rispetto delle formalità
indicate dall’art. 96 c.p.p., in presenza di elementi inequivoci dai quali la nomina possa
desumersi per facta condudentia (ex multis Sez. 2, n. 15740 del 22 febbraio 2011,
P.M. in proc. Donato, Rv. 249938 e Sez. 6 n. 16114 del 20 aprile 2012, Briganti, Rv.
252575; con particolare riferimento all’ipotesi dell’esercizio delle funzioni difensive nel
dibattimento da parte del professionista alla presenza dell’imputato, che nulla eccepisce
al riguardo si v. Sez. 3 n. 17056 del 26 gennaio 2006, Rv. 234188).
2.4 In proposito nella giurisprudenza della Suprema Corte è effettivamente rinvenibile
altro orientamento, come ricordato dal ricorrente, per cui la nomina del difensore di
fiducia è un atto che deve rispettare, per essere valido, forme e modalità previste
dall’art. 96 c.p.p. (in questo senso, in termini specifici, si sono espresse in tempi

1.11 ricorso è inammissibile.

recenti, Sez. 1, n. 35127, del 19 aprile 2011, Esposito, Rv. 250783, Sez. 6, n. 15311
del 14 marzo 2007, Floris, Rv. 236683 e Sez. 1, n. 11628 del 2 marzo 2007, Cravotto,
Rv. 236162), ma si tratta di indirizzo solo apparentemente in contrasto con quello cui il
collegio intende aderire. Ed infatti il principio illustrato è stato affermato in relazione a
fattispecie relative ad atti di nomina non provenienti dall’imputato ovvero disconosciuti
dal medesimo e comunque in relazione a casi in cui era in dubbio l’effettiva volontà di
quest’ultimo di investire il difensore del mandato professionale o in cui la nomina era

evidente, come accennato, che il contrasto tra i due orientamenti sia per l’appunto solo
apparente, atteso che le pronunzie sunnominate non hanno inteso escludere la
rilevanza di comportamenti concludenti inequivocabilmente finalizzati ad accreditare il
difensore presso l’autorità giudiziaria procedente.
2.5 L’eccezione del ricorrente deve dunque ritenersi manifestamente infondata.

2. Dalla ritenuta legittimazione del difensore discende la manifesta infondatezza della
seconda eccezione sollevata con il ricorso, atteso che la questione relativa al mancato
rispetto del termine a comparire dell’imputato – che non integra una nullità assoluta non venne tempestivamente dedotta nel termine di cui all’art. 491 c.p.p. (Sez. 5, n.
1765/08 del 28 novembre 2007, Panariti, Rv. 239097).

3. Manifestamente infondata è anche la doglianza relativa alla validità della costituzione
della parte civile. Rilevata l’intrinseca contraddittorietà di una censura fondata sul
mancato accoglimento di una eccezione sollevata dal difensore di cui il ricorrente nega
l’effettiva investitura, deve evidenziarsi che l’avv. Sardano aveva richiesto l’esclusione
della parte civile all’udienza del 6 giugno 2008 e che tale richiesta era stata rigettata in
pari data dal giudice con ordinanza dettata a verbale.
Deve allora ricordarsi che la questione concernente l’eventuale esclusione della parte
civile già posta e risolta nel giudizio di primo grado non può essere oggetto di mera
riproposizione nei successivi gradi di giudizio, dovendosi considerare in tal caso
irrevocabile le decisione adottata nella fase antecedente di giudizio (Sez. 5, n. 2071/09
del 25 novembre 2008, Romanelli e altro, Rv. 242359). Non di meno deve osservarsi
come le doglianze del ricorrente sul punto risultano oltremodo generiche.

4. Inammissibile è poi la censura relativa alla mancata acquisizione delle prove
documentali ammesse dal giudice di primo grado. In proposito il ricorrente ha infatti
provveduto ad una solo generica indicazione delle prove in questione e non ne ha
illustrato la decisività e cioè la capacità di sovvertire la tenuta argomentativa della
motivazione che ha supportato la decisione assunta dal giudice del merito (Sez. 2, n.
21884 del 20 marzo 2013, Cabras, Rv. 255817). Non di meno valore dirimente in

stata invalidamente effettuata ad autorità diversa da quella procedente. E’ dunque

proposito riveste il consolidato principio affermato da questa Corte per cui, qualora il
giudice dichiari chiusa la fase istruttoria senza che sia stata assunta una prova in
precedenza ammessa e le parti, corrispondendo al suo invito, procedano alla
discussione senza nulla rilevare in ordine alla incompletezza dell’istruzione, la prova in
questione deve ritenersi implicitamente revocata con l’acquiescenza delle parti
medesime (Sez. 5, n. 19262 del 6 marzo 2012, Boni, Rv. 252523). In tal senso deve
allora osservarsi che il ricorrente non ha precisato in che termini egli si sarebbe

emergente dai verbali d’udienza.

5. Oltremodo generica è altresì l’eccezione relativa all’acquisizione nel primo grado di
giudizio di prove di altri procedimenti. Non solo il ricorrente non ha sufficientemente
precisato quali sarebbero le prove la cui acquisizione sarebbe avvenuta in difetto delle
condizioni poste dai commi 1 e 2 bis dell’art. 238 c.p.p., ma altresì ha omesso di
specificare se le medesime siano state utilizzate dal giudice d’appello (rimanendo
irrilevante l’eventuale utilizzo delle stesse nel giudizio di primo grado conclusosi con
esito assolutorio) e in che modo abbiano effettivamente concorso a formare il
convincimento dello stesso.

6.

Anche l’ultima questione processuale attinta dal primo motivo risulta

manifestamente infondata, dovendosi ricordare come la mancanza o l’evidente
erroneità della data non sia causa di nullità della sentenza allorché questa si possa
ricavare con esattezza dagli atti (Sez. 4, n. 26387 del 7 maggio 2009, Giunta, Rv.
244402). Posto che nel caso di specie dal verbale di udienza si evince in maniera
inequivocabile la data in cui è stato celebrato il giudizio d’appello a cui si riferisce la
sentenza impugnata – data che invero è riportata anche nell’intestazione di
quest’ultima – l’errore materiale commesso nella sua indicazione in calce al dispositivo
della sentenza-documento (riproduttivo di quello contenuto nel dispositivo letto in
udienza e allegato al menzionato verbale) non ne inficia dunque la validità non
sussistendo alcuna incertezza sulla effettiva datazione del provvedimento.

2. Il secondo motivo è inammissibile in quanto generico. Per la valida deducibilità
dell’omessa valutazione di prove (ammesso’ itra queste debba annoverarsi anche la
documentazione medica evocata dal ricorrente, atteso che non è nemmeno certo che la
stessa facesse parte del patrimonio cognitivo del giudice d’appello, circostanza invero
negata dallo stesso ricorrente, il quale della mancata acquisizione di tale
documentazione, come si è visto, si è lamentato con il primo motivo di ricorso) è infatti
richiesta la precisa identificazione della loro fonte e la specifica indicazione del loro
contenuto, oltre che delle ragioni per cui le prove pretermesse sarebbero decisive e

opposto alla chiusura dell’istruzione dibattimentale, opposizione non altrimenti

dunque idonee a compromettere la tenuta logica del discorso giustificativo svolto nella
decisione impugnata. Il ricorso si è invece limitato ad evocare delle prove di cui non ha
nemmeno indicato la data di assunzione, riassumendone in maniera del tutto sommaria
il contenuto ed impedendo così a questa Corte di apprezzare l’effettiva consistenza del
vizio denunciato.

3. Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue ai sensi dell’art. 616 c.p.p. la

somma, ritenuta congrua, di euro mille alla cassa delle ammende.

P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso il 14/4/2014

condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento della

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