Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35693 del 17/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 35693 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LOGLISCI SABINO N. IL 17/11/1968
avverso l’ordinanza n. 1782/2012 TRIB. LIBERTA’ di BARI, del
19/11/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MIRELLA
CERVADORO;
l tte/sentite le conclusioni del PG Dott.

Data Udienza: 17/04/2013

4.
.,

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del dr.
Giuseppe Volpe che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato

Osserva

Con ordinanza del 31.10.2012, il Giudice per le indagini preliminari
presso il Tribunale di Bari dispose la custodia cautelare in carcere di Loglisci
Sabino, indagato per i reati di tentata estorsione, ingiuria, e violazione alle
prescrizioni della sorveglianza speciale, riqualificato il reato di tentata
estorsione in tentata violenza privata.
Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame e il
Tribunale di Bari, con ordinanza del 19.11.2012, confermava l’ordinanza.
Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo: 1) la
violazione dell’art.606, co.1, lett.b) ed e) c.p.p. per errata applicazione della
legge penale e mancanza di motivazione in riferimento all’applicabilità della
norma di cui all’art.280 c.p.p., essendo il delitto di violenza privata tentato e
il minimo della pena previsto per il reato tentato, pur aggravato ai sensi
dell’art.71 del dlgs n.159/2011, inferiore ad anni tre di reclusione; 2) la
violazione dell’art.606, co.1 lett. e c.p.p. in relazione agli artt.292 co.2 lett. c) e

inammissibile.

273, 274, 275 c.p.p. per la mancanza e manifesta illogicità di motivazione
circa la sussistenza delle esigenze cautelari.
Chiede pertanto l’annullamento dell’ordinanza.

Motivi della decisione

1. Il primo motivo di ricorso, con il quale si censura l’ordinanza
impugnata in riferimento ai minimi di pena previsti dall’art.280, co. 1 e 2 (
c.p.p. per l’applicazione delle misure coercitive (superiore nel massimo ad/

anni tre per le misure diverse dalla custodia in carcere – non inferiore ad anni
quattro per la custodia in carcere), è manifestamente infondato.
La determinazione della pena, ai fini dell’individuazione dei termini di
durata massima della custodia cautelare per un’imputazione di tentativo di
delitto aggravato da circostanze ad effetto speciale o per le quali la legge
stabilisce una pena di specie diversa, deve essere operata individuando,

delitto circostanziato consumato per poi applicare, su di essa, la riduzione
minima per la forma tentata (v. Cass.Sez.II, Sent. n. 7995 /2010 Rv. 249914;
Sez.I, Sent. n. 4298/1998) Rv. 211427).
Poiché il reato di violenza privata è punito con una pena fino ad anni
quattro, ed il reato, in quanto posto in essere da soggetto sottoposto alla
misura di prevenzione della sorveglianza speciale di P.S. con obbligo di
soggiorno, è aggravato dalla circostanza ad effetto speciale di cui all’art.71
d.lgs.159/ 2011 che comporta l’aumento da un terzo alla metà, correttamente
il Tribunale ha ritenuto che il reato, anche così come qualificato dal giudice
per le indagini preliminari, consente l’emissione della misura inframuraria,
essendo integrati i limiti edittali richiesti dal codice di rito (pena massima
edittale anni quattro, aumentata di anni due per la circostanza aggravante ad
effetto speciale, anni sei, ridotta di un terzo per il tentativo ad anni quattro).
2. Il secondo motivo, che censura l’ordinanza sotto il profilo delle
esigenze cautelari e dell’adeguatezza della misura cassazione, ripropone le
stesse ragioni già discusse e ritenute infondate dal giudice del gravame; la
mancanza di specificità del motivo va, pertanto, apprezzata non solo per la
sua assoluta genericità, come indeterminatezza, ma anche per la mancanza di
correlazione tra le ragioni argomentate della decisione impugnata e quelle
poste a fondamento dell’impugnazione, questa non potendo ignorare le
esplicitazioni del giudice censurato senza cadere nel vizio di specificità
conducente, a mente dell’art.591,co.1 lett.c) c.p.p., nell’inammissibilità
(Cass.Sez.IVn.5191/ 2000 Rv .216473).
Sul punto l’ordinanza è adeguatamente e logicamente motivata, sia
sulla valutazione negativa della personalità dell’indagato gravato desunta

secondo consolidata giurisprudenza di questa Corte, la pena massima del

dai numerosi precedenti penali e dal fatto che neppure la sottoposizione alla
sorveglianza speciale ha scoraggiato il Logisci dal proseguire nella sua
carriera criminale, nonché dalle modalità dei fatti particolarmente allarmanti
e manifestazione di una marcata devianza criminale, che sull’adeguatezza
della misura stante la non occasionalità dell’attività delinquenziale e la
gravità dei fatti contestati.

dichiara inammissibile il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve
essere condannata al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di
inammissibilità – al pagamento a favore della Cassa delle ammende della
somma di mille euro, così equitativamente fissata in ragione dei motivi
dedotti. Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione
in libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter,
delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia
della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui
l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1
bis del citato articolo 94.
P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro mille alla Cassa delle ammende.
Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94, comma 1
ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
berato, in camera di consiglio il 17.4.2013
liere estensore
a Cerv oro
tlE

residente
io Esposito

Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che

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