Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35692 del 31/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35692 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
CAUCHI GAETANO N. IL 05/07/1958
avverso la sentenza n. 279/2012 CORTE APPELLO di
CALTANISSETTA, del 19/12/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 31/03/2015

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Mario FRATICELLI, ha concluso
chiedendo la declaratoria di inammissibilità.
Per il ricorrente, l’avv. Carmelo TUCCIO ha concluso chiedendo l’accoglimento del ricorso.

RITENUTO IN FATTO
1.

Con sentenza del 19 dicembre 2013 la Corte di appello di Caltanisetta, in parziale riforma

della pronunzia di primo grado emessa dal Tribunale di Gela, concedeva all’imputato le
attenuanti generiche e riduceva la pena, sospesa condizionalmente, confermando nel resto la

pen., per aver preso cognizione del contenuto di una missiva chiusa, inviata dalla Banca Intesa
San Paolo all’indirizzo di Libero Di Fede, Antonino Di Fede e Antonina Sfalanga, contenente dati
bancari sensibili.
Con la sentenza di primo grado il CAUCHI era stato pure condannato al risarcimento dei danni
in favore della parte civile Antonina Sfalanga, mentre era stato assolto l’altro imputato Carmelo
Cauchi.

2. Ha proposto ricorso l’imputato, con atto sottoscritto personalmente.
2.1. Con il primo motivo viene dedotto il vizio di motivazione in ordine all’affermazione
di responsabilità. Il ricorrente censura la sentenza perché la decisione sarebbe inficiata da
motivazione apparente, atteso che in essa non sono stati indicati i criteri di valutazione della
prova e non si è proceduto all’accertamento in ordine alla credibilità della fonte di prova e
all’attendibilità intrinseca ed estrinseca della dichiarazione. In particolare, lamenta il fatto che
sono state utilizzate le dichiarazioni de relato della teste Sfalanga (costituitasi parte civile), che
non sarebbero riscontrate da quelle rese dalle sorelle Di Fede, mogli degli imputati e peraltro
esaminate senza gli avvertimenti di cui all’art. 199 cod. pen.
2.2. Con il secondo motivo viene eccepita la nullità della sentenza per violazione del
diritto di difesa.
Sostiene il ricorrente che la sentenza del Tribunale è stata emessa prima del deposito da parte
della ditta autorizzata delle trascrizioni degli esami dei testi in dibattimento, mentre nel verbale
redatto in forma riassuntiva si era fatto rinvio proprio alle trascrizioni.
2.3. Con il terzo motivo è stata eccepita la nullità della sentenza perché le testi Gaetana
Di Fede e Rosaria Di Fede, mogli degli imputati, sono state esaminate senza l’avvertimento di
cui all’art. 199 cod. pen.
2.4. Con l’ultimo motivo è stata dedotta la violazione di legge processuale essendo state
utilizzate le dichiarazioni de relato rese dalla persona offesa senza che siano stati esaminati i
testi diretti.

CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non è accoglibile.
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sentenza con la quale Gaetano CAUCHI era stato condannato per il reato di cui all’art. 616 cod.

1. Il primo motivo è inammissibile in quanto finalizzato solo ad una rilettura dei fatti come
ricostruiti nelle sentenze di primo e secondo grado.
A questa Corte non possono essere sottoposti giudizi di merito, non consentiti neppure alla
luce del nuovo testo dell’art. 606, lettera e), cod. proc. pen.; la modifica normativa di cui alla
legge 20 febbraio 2006 n. 46 lascia inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di
cassazione, che può essere solo di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di
merito. Il nuovo vizio introdotto è quello che attiene alla motivazione, la cui mancanza,
illogicità o contraddittorietà può essere desunta non solo dal testo del provvedimento

valutare il cosiddetto travisamento della prova, che si realizza allorché si introduce nella
motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la
valutazione di una prova decisiva ai fini della pronunzia. Attraverso l’indicazione specifica di
atti contenenti la prova travisata od omessa, si consente nel giudizio di cassazione di verificare
la correttezza della motivazione. Più approfonditamente, si è affermato che la specificità
dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., dettato in tema di ricorso per Cassazione al fine di
definirne l’ammissibilità per ragioni connesse alla motivazione, esclude che tale norma possa
essere dilatata per effetto delle regole processuali concernenti la motivazione, attraverso
l’utilizzazione del vizio di violazione di legge di cui al citato articolo, lett. c). E ciò, sia perché la
deducibilità per Cassazione è ammessa solo per la violazione di norme processuali stabilita a
pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, sia perché la puntuale indicazione
di cui al punto e) ricollega ai limiti in questo indicati ogni vizio motivazionale; sicché il concetto
di mancanza di motivazione non può essere utilizzato sino a ricomprendere ogni omissione od
errore che concernano l’analisi di determinati, specifici elementi probatori (Sez. 3, n. 44901 del
17/10/2012, F., Rv. 253567).
Tanto premesso, occorre rilevare che il primo motivo proposto dal ricorrente si limita a
censurare la sentenza impugnata perché non sussisterebbero prove sufficienti a suo carico e,
in particolare, egli lamenta il fatto che sono state utilizzate le dichiarazioni de relato della teste
Sfalanga (costituitasi parte civile), che non sarebbero riscontrate da quelle rese dalle sorelle Di
Fede, mogli degli imputati.
In sede di legittimità non è consentita una diversa lettura ed interpretazione delle risultanze
processuali finalizzata alla ricostruzione dei fatti. Né la Corte di cassazione può trarre
valutazioni autonome dalle prove o dalle fonti di prova, neppure se riprodotte nel
provvedimento impugnato. Solo l’argomentazione critica che si fonda sugli elementi di prova e
sulle fonti indiziarie contenuta nel provvedimento impugnato può essere sottoposto al controllo
del giudice di legittimità, al quale spetta di verificarne la rispondenza alle regole della logica,
oltre che del diritto, e all’esigenza della completezza espositiva (Sez. 6, n. 40609/2008, Rv.
241214, Ciavarella).
Orbene, va ribadito che l’esame del provvedimento impugnato consente di apprezzare come la
motivazione sia congrua ed improntata a criteri di logicità e coerenza, anche con riferimento
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impugnato, ma anche da altri atti del processo specificamente indicati; è perciò possibile ora

alla valutazione delle dichiarazioni della teste, costituitasi parte civile.
A tal proposito, va ricordato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno definitivamente chiarito
che “le regole dettate dall’art. 192, comma terzo, cod. proc. pen. non si applicano alle
dichiarazioni della persona offesa, le quali possono essere legittimamente poste da sole a
fondamento dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata
da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità intrinseca
del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere più penetrante e rigoroso rispetto a
quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni di qualsiasi testimone (Sez. U, n. 41461 del

19/07/2012, Bell’Arte ed altri, Rv. 253214).
Né va trascurato nel caso in esame che la sentenza impugnata in punto di responsabilità ha
confermato quella di primo grado, sicché vanno ricordati i principi secondo i quali, in tema di
ricorso per cassazione, quando ci si trova dinanzi a una “doppia pronuncia conforme” e cioè a
una doppia pronuncia (in primo e in secondo grado) di eguale segno (vuoi di condanna, vuoi
di assoluzione), l’eventuale vizio di travisamento può essere rilevato solo nel caso in cui il
ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente
travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione
del provvedimento di secondo grado (Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013, Capuzzi e altro, rv.
258438).

2. Infondato è il secondo motivo con il quale viene eccepita la nullità della sentenza per
violazione del diritto di difesa. Come si è visto, il ricorrente sostiene che la sentenza del
Tribunale è stata emessa prima del deposito delle trascrizioni degli esami dei testi in
dibattimento, mentre nel verbale redatto in forma riassuntiva si era fatto rinvio proprio a
quelle trascrizioni.
In primo luogo, deve rilevarsi che nel verbale d’udienza non risulta una istanza della difesa
finalizzata ad un rinvio della discussione per acquisire la trascrizione delle deposizioni dei testi
esaminati in dibattimento.
Questa Corte, peraltro, ha già avuto modo di rilevare che, nel giudizio di appello il tardivo
deposito della trascrizione dei verbali dibattimentali delle udienze di primo grado non
determina la nullità della sentenza e non costituisce causa che possa legittimare la
presentazione dell’atto di impugnazione oltre i termini previsti a pena di decadenza, in quanto
le parti possono esercitare i propri diritti richiedendo copia dei nastri magnetici oppure
utilizzando i verbali redatti in forma riassuntiva, con riserva di presentare al deposito delle
trascrizioni motivi nuovi o aggiunti (Sez. 3, n. 956 del 07/10/2014, Campisano, Rv. 261629)

3. Destituito di ogni fondamento è il terzo motivo con il quale è stata eccepita la nullità della
sentenza perché le testi Gaetana Di Fede e Rosaria Di Fede, mogli degli imputati, sarebbero
state esaminate senza l’avvertimento di cui all’art. 199 cod. pen.
Già la Corte territoriale ha avuto modo di rilevare che tale adempimento è stato osservato, così
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)

come si evince dal verbale dibattimentale redatto in forma riassuntiva.

4. Anche l’ultimo motivo proposto con il ricorso è infondato.
E’ stata dedotta la violazione di legge processuale per essere state utilizzate le dichiarazioni de
relato

rese dalla persona offesa senza che siano stati esaminati i testi diretti.

Non risulta, però, che alcuna delle parti abbia richiesto di esaminare tali testi, sicché va
applicato il principio di diritto secondo il quale, in tema di prova testimoniale, l’inutilizzabilità
della dichiarazione “de relato” resa dal testimone deriva esclusivamente dall’inosservanza della

dalla parte”, non abbia disposto che sia chiamata a deporre l’altra persona a cui si è riferito il
testimone per la conoscenza dei fatti, ma non anche, in assenza di tale richiesta, dal mancato
esercizio, da parte del giudice, del potere d’ufficio conferitogli dall’articolo 507 cod. proc. pen.
e richiamato dall’art. 195, comma secondo, cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 9274 del 03/12/2014,
Lopalco, Rv. 263062).
5. Durante la discussione orale il difensore dell’imputato ha sostenuto che nel caso in esame
non sussisterebbe l’elemento oggettivo del reato ascritto, nell’articolazione delle duplici
condotte di cognizione e divulgazione.
Si tratta di questione nuova e per questo inammissibile.
E’ ormai principio giurisprudenziale consolidato quello per cui i “motivi nuovi” a sostegno
dell’impugnazione, previsti nella disposizione di ordine generale contenuta nell’art. 585 cod.
proc. pen. (e, in quella particolare, di cui all’art. 611, per il procedimento in camera di
consiglio), devono avere ad oggetto i capi o i punti della decisione impugnata che sono stati
enunciati nell’originario atto di gravame (ex plurimis, Sez. U. del 25 febbraio 1998, Bono, RV.
210259; Sez. 3 del 22 gennaio 2004, Sbragi, RV. 228525; Sez. 2 del 4 novembre 2003,
Marzullo, RV. 226976) e devono semplicemente specificare le doglianze tempestivamente
presentate, non potendosi risolvere nella prospettazione di nuovi vizi (Sez. 5, n. 14991 del
12/01/2012, P.G. in proc. Strisciuglio e altri, Rv. 252320; Sez. 1 del 30 settembre 2004,
Burzotta, RV. 230634; Sez. 1, n. 40174 del 2009; Sez. 6, n. 27325 del 20/05/2008, Rv.
240367, D’Antino).
La normativa consente la presentazione di motivi nuovi e i motivi non sono altro che le ragioni
che sostengono una certa domanda; nel ricorso per cassazione le domande si identificano con
le specifiche censure che vengono mosse al provvedimento impugnato e che identificano i vizi
da cui il provvedimento sarebbe affetto. Consentendo la proposizione di nuovi motivi, ma non
di nuove censure, la normativa ammette che possano essere portati nuovi argomenti a
sostegno di una specifica censura, ma non consente, invece, che possano essere indicate
censure del tutto nuove, mai indicate in precedenza.
E’ consentito, dunque, al ricorrente, indicare ulteriori elementi da cui si desume l’esistenza di
uno specifico vizio di motivazione del provvedimento impugnato, se tale era la censura
originaria, ma non è consentito dedurre una violazione di legge – pur se afferente allo stesso
5

disposizione del comma primo dell’articolo 195 cod. proc. pen., allorché il giudice, “richiesto

capo della sentenza – se si era originariamente dedotto solo il vizio di motivazione o diversa
violazione di legge.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso in Roma, il 31 marzo 2015
Il Presidente

Il consigliere estensore

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