Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35691 del 31/03/2015


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35691 Anno 2015
Presidente: LAPALORCIA GRAZIA
Relatore: MICCOLI GRAZIA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ALLIONI CRISTIAN N. IL 12/04/1982
avverso la sentenza n. 1088/2009 CORTE APPELLO di BRESCIA, del
16/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 31/03/2015 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GRAZIA MICCOLI
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 31/03/2015

Il Procuratore Generale della Corte di Cassazione, dott. Mario FRATICELLI, ha concluso
chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.

Con sentenza del 16 gennaio 2013 la Corte di appello di Brescia, in parziale riforma della

pronunzia di primo grado emessa dal GUP del Tribunale della stessa città, dichiarava non
doversi procedere nei confronti di Cristian ALLIONI e Luigi ALLIONI in ordine al reato di
bancarotta semplice documentale, perché estinto per prescrizione, e per l’effetto riduceva la
pena inflitta ai suddetti imputati, confermando nel resto la sentenza con la quale era stata

fallimento della ITAL.MONT s.r.I., di cui Cristian ALLIONI (per quanto di interesse in questa
sede) era stato socio e uno degli amministratori.
2. Con atto sottoscritto dal suo difensore, ha proposto ricorso l’imputato Cristian ALLIONI,
deducendo i seguenti due motivi.
2.1. Con il primo vengono denunziati violazione di legge e vizio di motivazione,
sostenendo che la Corte territoriale avrebbe dovuto assolvere l’imputato dal reato di
bancarotta patrimoniale, giacché egli aveva dismesso la carica di amministratore in data 26
febbraio 2004 e i fatti distrattivi indicati nei capi di imputazione erano stati commessi
successivamente a tale data.
2.2. Con il secondo motivo vengono dedotti violazione di legge e vizio di motivazione in
relazione al mancato riconoscimento dell’ipotesi attenuata di cui all’art. 219 legge fallimentare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1. Entrambi i motivi dedotti in questa sede reiterano pedissequamente quelli già proposti in
appello avverso la sentenza di primo grado; e l’esame della sentenza impugnata consente di
ritenere che su di essi è stata fornita adeguata, congrua e logica risposta in motivazione.
Va ricordato a tal proposito che la funzione tipica dell’impugnazione è quella della critica
argomentata avverso il provvedimento cui si riferisce, che si realizza con la presentazione di
motivi che, a pena di inammissibilità (artt. 581 e 591 cod. proc. pen.), debbono indicare
specificamente le ragioni di diritto e gli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta.
Il motivo di ricorso in cassazione, poi, è caratterizzato da una duplice specificità. Deve essere
senz’altro conforme all’art. 581, lett. c, cod. proc. pen. ovvero contenere l’indicazione delle
ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta presentata al giudice
dell’impugnazione; ma quando censura le ragioni che sorreggono la decisione deve, altresì,
enucleare in modo specifico il vizio denunciato, in modo che sia chiaramente sussumibile fra i
tre soli vizi previsti dall’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., deducendo poi, altrettanto
specificamente, le ragioni della sua decisività rispetto al percorso logico seguito dal giudice del
merito per giungere alla deliberazione impugnata, sì da condurre a decisione differente (Sez.
6, n. 8700 del 21/01/2013, Leonardo ed altri, Rv. 254584). Risulta pertanto di chiara
evidenza che se il motivo di ricorso si limita – come nel caso in esame- a riprodurre il motivo
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dichiarata la responsabilità degli stessi per bancarotta fraudolenta patrimoniale in relazione al

d’appello, viene meno in radice l’unica funzione per la quale è previsto e ammesso (la critica
argomentata al provvedimento), posto che con siffatta mera riproduzione il provvedimento
impugnato, invece di essere destinatario di specifica critica argomentata, è di fatto del tutto
ignorato (tra le tante, Sez. 5 n. 25559 del 15 giugno 2012, Pierantoni; Sez. 6 n. 22445 del 8
maggio 2009, p.m. in proc. Candita, rv 244181; Sez. 5 n. 11933 del 27 gennaio 2005,
Giagnorio, rv. 231708).
In conclusione, la riproduzione, totale o parziale, del motivo d’appello può essere presente nel
motivo di ricorso solo quando ciò serva a “documentare” il vizio enunciato e dedotto con

con il ricorso e che si confronti con la sua integrale motivazione (si vedano, tra le più recenti,
Sez. 3, n. 44882 del 18/07/2014, Cariolo e altri, Rv. 260608; Sez. 6, n. 34521 del
27/06/2013, Ninivaggi, Rv. 256133).
Nel caso in esame il ricorso, per quanto già accennato, si limita a ribadire le contestazioni
mosse in appello alla sentenza di primo grado, senza tener conto del tenore effettivo della
sentenza impugnata e della argomentazioni espresse per superare i rilievi; sentenza che
peraltro va apprezzata per la motivazione congrua ed improntata a criteri di logicità e
coerenza.
2. Va giusto ulteriormente precisato, con riferimento al primo motivo di ricorso, che a questa
Corte non possono essere sottoposti giudizi di merito, non consentiti neppure alla luce del
nuovo testo dell’art. 606, lettera e), cod. proc. pen.; la modifica normativa di cui alla legge 20
febbraio 2006 n. 46 lascia inalterata la natura del controllo demandato alla Corte di
cassazione, che può essere solo di legittimità e non può estendersi ad una valutazione di
merito. Il nuovo vizio introdotto è quello che attiene alla motivazione, la cui mancanza,
illogicità o contraddittorietà può essere desunta non solo dal testo del provvedimento
impugnato, ma anche da altri atti del processo specificamente indicati; è perciò possibile ora
valutare il cosiddetto travisamento della prova, che si realizza allorché si introduce nella
motivazione un’informazione rilevante che non esiste nel processo oppure quando si omette la
valutazione di una prova decisiva ai fini della pronunzia. Attraverso l’indicazione specifica di
atti contenenti la prova travisata od omessa, si consente nel giudizio di cassazione di verificare
la correttezza della motivazione. Più approfonditamente, si è affermato che la specificità
dell’art. 606, lett. e), cod. proc. pen., dettato in tema di ricorso per Cassazione al fine di
definirne l’ammissibilità per ragioni connesse alla motivazione, esclude che tale norma possa
essere dilatata per effetto delle regole processuali concernenti la motivazione, attraverso
l’utilizzazione del vizio di violazione di legge di cui al citato articolo, lett. c). E ciò, sia perché la
deducibilità per Cassazione è ammessa solo per la violazione di norme processuali stabilita a
pena di nullità, inutilizzabilità, inammissibilità o decadenza, sia perché la puntuale indicazione
di cui al punto e) ricollega ai limiti in questo indicati ogni vizio motivazionale; sicché il concetto
di mancanza di motivazione non può essere utilizzato sino a ricomprendere ogni omissione od

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autonoma specifica ed esaustiva argomentazione, che si riferisca al provvedimento impugnato

errore che concernano l’analisi di determinati, specifici elementi probatori (Sez. 3, n. 44901 del
17/10/2012, F., Rv. 253567).
Tanto premesso, occorre rilevare che il primo motivo proposto dal ricorrente si limita a
censurare la sentenza impugnata che avrebbe ritenuto sulla base di erronea valutazione delle
risultanze processuali sussistente la sua responsabilità per fatti distrattivi commessi dopo la
dismissione dalla carica di amministratore. Giova, a tal proposito, ricordare che in sede di
legittimità non è consentita una diversa lettura ed interpretazione delle risultanze processuali
finalizzata alla ricostruzione dei fatti. Né la Corte di cassazione può trarre valutazioni autonome

l’argomentazione critica che si fonda sugli elementi di prova e sulle fonti indiziarie contenuta
nel provvedimento impugnato può essere sottoposto al controllo del giudice di legittimità, al
quale spetta di verificarne la rispondenza alle regole della logica, oltre che del diritto, e
all’esigenza della completezza espositiva (Sez. 6, n. 40609/2008, Rv. 241214, Ciavarella).
Orbene, va ribadito che l’esame del provvedimento impugnato consente di apprezzare come la
motivazione sia congrua ed improntata a criteri di logicità e coerenza, anche con riferimento
alla valutazione delle risultanze processuali dalle quali emerge la responsabilità dell’imputato.
Né va trascurato nel caso in esame che la sentenza impugnata in punto di responsabilità ha
confermato quella di primo grado, sicché vanno ricordati i principi secondo i quali, in tema di
ricorso per cassazione, quando ci si trova dinanzi a una “doppia pronuncia conforme” e cioè a
una doppia pronuncia (in primo e in secondo grado) di eguale segno (vuoi di condanna, vuoi
di assoluzione), l’eventuale vizio di travisamento può essere rilevato solo nel caso in cui il
ricorrente rappresenti (con specifica deduzione) che l’argomento probatorio asseritamente
travisato è stato per la prima volta introdotto come oggetto di valutazione nella motivazione
del provvedimento di secondo grado (Sez. 4, n. 4060 del 12/12/2013, Capuzzi e altro, Rv.
258438).
In punto di diritto, peraltro, si rileva che, in tema di bancarotta fraudolenta, concorrono alla
consumazione del delitto tutti coloro che abbiano, con la loro attività, apportato un concreto
contributo causale alla produzione del dissesto dell’azienda (Sez. 5, n. 7583 del 06/05/1999,
Grossi, Rv. 213646). I giudici di merito hanno fatto buon governo di tali principi di diritto,
evidenziando con motivazione congrua ed esente da vizi logici e di metodo il ruolo assunto
dall’imputato anche dopo la dismissione da parte sua della carica formale di amministratore e il
contributo fondamentale dallo stesso avuto nella vita della società fallita e nella causazione del
suo dissesto (si veda in particolare pag. 6 e ss. della sentenza impugnata).
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali e della somma di euro 1000,00 in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma, il 31 marzo 2015
Il Presidente

Dsita ta in Canceller ia_ raz LAPALORCIA
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dalle prove o dalle fonti di prova, neppure se riprodotte nel provvedimento impugnato. Solo

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