Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35691 del 17/04/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 35691 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: CERVADORO MIRELLA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
LECHIARA LUIGI N. IL 19/03/1966
avverso l’ordinanza n. 1032/2012 TRIB. LIBERTA’ di CATANZARO,
del 20/09/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. MIRELLA
CERVADORO;
l .tte/sentite le conclusioni del PG Dott.

Uditi difensor A

Data Udienza: 17/04/2013

Udita la requisitoria del sostituto procuratore generale, nella persona del dr.
Giuseppe Volpe che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso.
Udito il difensore avv.Gregorio Viscomi, in sostituzione dell’avv.Luigi Falcone che

ha concluso per l’accoglimento del ricorso.

Osserva

Con ordinanza del 29.8.2012, il Giudice per le indagini preliminari

presso il Tribunale di Catanzaro dispose la custodia cautelare in carcere di
Lechiara Luigi, indagato per i reati di cui agli artt.61, n.2, 81 cpv, 110, 112 n.1,
56, 575, 577, 648 c.p. 10, 12, 14 L.n.474/ 74 23 L.110/75, 7 d.l. n.152/91 di cui ai
ai capi a) b) c) d) e) ed f) della rubrica provvisoria.
Avverso tale provvedimento l’indagato propose istanza di riesame, e il
Tribunale del Riesame di Catanzaro, con ordinanza del 20.9.2012,
confermava l’ordinanza.
Ricorre per cassazione il difensore dell’indagato deducendo: 1) la
violazione dell’art.606, co.1, lett.b) c.p.p. per errata applicazione della legge
penale in relazione all’art.267 c.p.p., in relazione al decreto di convalida di
intercettazione n.312/2012 del 6.4.2012; 2) la violazione dell’art.606, co.1 lett.
b) c.p.p. in relazione agli artt.203, 206 e 267 in riferimento all’art.271 c.p.p. e,
conseguentemente, in relazione all’art.273 c.p.p., per nullità del decreto di
convalida di intercettazione n.312/2012 del 6.4.2012, in quanto il decreto
autorizzativo delle intercettazioni ambientali da svolgersi all’interno
dell’autoveicolo del Lechiara non contiene alcuna motivazione riguardo alle
ragioni che impongono l’intercettazione sull’autovettura che fa capo al
Lechiara Luigi, né indica il collegamento tra l’indagine in corso e il Lechiara
medesimo. L’indagine in corso riguardava l’omicidio di Manfreda Vincenzo
g

e il Lechiara non era indiziato nell’omicidio del Manfreda, né in altro

procedimento emergente dagli atti; 3) Illogicità e contraddittorietà della
motivazione in punto di gravità indiziaria.
Chiede pertanto l’annullamento dell’ordinanza.

Motivi della decisione

1. Per quanto concerne il primo e il secondo motivo di ricorso, e cioè la
dedotta inutilizzabilità delle intercettazioni ambientali sull’autovettura
Citroen in uso al Lechiara, non può che rilevarsene la inammissibilità per
genericità, dal momento che il ricorso non indica la collocazione del
provvedimento che si assume inficiato da nullità e neppure ha supportato la
doglianza con l’allegazione del provvedimento che si assume viziato.
Opera infatti in materia il principio più volte affermato da questa
Corte, e condiviso dal Collegio, per cui, qualora venga eccepita in sede di
legittimità l’inutilizzabilità dei risultati delle intercettazioni, siccome
asseritamente eseguite fuori dai casi consentiti dalla legge o qualora non
siano state osservate le disposizioni previste dall’art. 267 c.p.p. e art. 268
c.p.p., commi 1 e 3, (art. 271 c.p.p., comma 1), è onere della parte indicare
specificamente l’atto asseritamente affetto dal vizio denunciato e curare che
tale atto sia comunque effettivamente acquisito al fascicolo trasmesso al
giudice di legittimità, magari provvedendo a produrlo in copia nel giudizio
di Cassazione. In difetto, il motivo è inammissibile per genericità, non
essendo consentito alla Suprema Corte di individuare l’atto affetto dal vizio
denunciato (v. Cass.Sez.V, Sent.n. 37694/2008 Rv. 241300; Rv 229098; Rv
234809 esattamente in termini, e S.U, Sent. n. 23868/2009 Rv. 243416
relativamente all’onere della parte, che eccepisce l’inutilizzabilità di atti
processuali, di indicare, pena l’inammissibilità del ricorso per genericità del
motivo, gli atti specificamente affetti dal vizio e chiarirne altresì la incidenza
sul complessivo compendio indiziario già valutato, sì da potersene inferire la
decisività in riferimento al provvedimento impugnato).
Per quanto riguarda il primo motivo, rileva inoltre il Collegio che H
Tribunale ha evidenziato che il contenuto degli atti intercettivi richiamati da
2

primo decreto di intercettazione d’urgenza non costituiscono i presupposti
legittimanti l’attività tecnica disposta, dal momento che vi erano gravi anzi
gravissimi indizi di reità idonei a legittimare l’attività intercettiva (in quanto
si procedeva per il delitto di omicidio di Manfreda Vincenzo, eseguito con
chiara modalità mafiosa nei confronti di noto pregiudicato), e tali indizi non
necessitavano di essere integrati dagli altri atti richiamati dal decreto

proposta eccezione, invocando – a sostegno della tesi difensiva – una
pronuncia di questa Corte (Sez.I, sent.n.33281 del 17.7.2012) che ha annullato
per vizio di motivazione l’ordinanza di altro Tribunale del Riesame, per
difetto di motivazione in ordine alle contestazioni della difesa, dimenticando
però che – in quel caso – il ricorrente aveva ottemperato all’onere su di lui
incombente allegando al ricorso copia degli atti in base ai quali si invocava
l’inutilizzabilità delle intercettazioni.
2. Il terzo motivo è infondato.
In primo luogo, va rammentato che secondo l’orientamento di questa
Corte, condiviso dal Collegio, anche nella vigenza del “nuovo” codice di
procedura penale vale il principio secondo cui il vizio di motivazione non
può essere utilmente dedotto in Cassazione sol perché il giudice abbia
trascurato o disatteso degli elementi di valutazione che, ad avviso della
parte, avrebbero dovuto o potuto dar luogo ad una diversa decisione, poiché
ciò si tradurrebbe in una rivalutazione del fatto preclusa in sede di
legittimità. Esso è configurabile, invece, unicamente quando gli elementi
trascurati o disattesi abbiano un chiaro ed inequivocabile carattere di
decisività, nel senso che una loro adeguata valutazione avrebbe dovuto
necessariamente portare, salvo intervento di ulteriori e diversi elementi di
giudizio, ad una decisione più favorevole di quella adottata (v.Cass.Sez.I,
sent.n.6992/1992 Rv.190572); è poi giurisprudenza consolidata che, nella
motivazione della sentenza, il giudice di merito non è tenuto a compiere
un’analisi approfondita di tutte le deduzioni delle parti e a prendere in
esame dettagliatamente tutte le risultanze processuali, essendo invece
sufficiente che, anche attraverso una valutazione globale di quelle deduzioni

d’urgenza. E nel motivo in esame, il ricorrente si è limitato a reiterare la

e risultanze, spieghi – in modo logico ed adeguato – le ragioni che hanno
determinato il suo convincimento, dimostrato di aver tenuto presente ogni
fatto decisivo; nel qual caso devono considerarsi implicitamente disattese le
deduzioni difensive che, anche se non espressamente confutate, siano
logicamente incompatibili con la decisione adottata (v. Cass.Sez.IV,
sent.n.1149/ 2005 Rv .233187).

Tanto premesso, rileva il Collegio che il Tribunale ha diffusamente e
logicamente illustrato i molteplici e gravi indizi di reità, così come emersi
dalle conversazioni captate e dalle investigazioni della polizia giudiziaria,
evidenziando la certa identificazione dell’indagato, e la rilevanza delle
conversazioni per ricostruire la fase di ideazione, organizzazione,
pedinamento, e quindi di tutte le attività preliminari all’esecuzione
dell’agguato. I giudici di merito hanno quindi evidenziato che gli ultimi
dettagli dell’omicidio di Vona Giuseppe sono stati definiti nel corso di un
incontro al frantoio Manfreda, e che proprio il Lechiara Luigi unitamente al
Pace è la persona incaricata di eseguire l’agguato e che si preoccupa di avere
tutte le notizie utili in relazione agli spostamenti della vittima il giorno dopo.
Il ricorso va pertanto rigettato.
Ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
rigetta il ricorso, la parte privata che lo ha proposto deve essere condannata
al pagamento delle spese del procedimento.
Inoltre, poiché dalla presente decisione non consegue la rimessione in
libertà del ricorrente, deve disporsi – ai sensi dell’articolo 94, comma 1 ter,
delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale – che copia
della stessa sia trasmessa al direttore dell’istituto penitenziario in cui
l’indagato trovasi ristretto perché provveda a quanto stabilito dal comma 1
bis del citato articolo 94.
P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.

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Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’articolo 94, comma 1
ter, delle disposizioni di attuazione del codice di procedura penale.
Così e – i eerato, in camera di consiglio il 17.4.2013

/al(

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