Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 3569 del 16/09/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 3569 Anno 2015
Presidente: MARASCA GENNARO
Relatore: BRUNO PAOLO ANTONIO

SENTENZA

Sul ricorso proposto da

AVESTI Adriano, nato a Roccastrada il 24/10/1967

avverso l’ordinanza del 13 febbraio 2014 emessa dal Tribunale di Arezzo in funzione
di giudice del riesame;

visti gli atti, l’ordinanza impugnata ed il ricorso;
udita la relazione del consigliere dr. Paolo Antonio BRUNO;
sentito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale Gabriele
Mazzotta, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.

RITENUTO IN FATTO

1.

Con decreto del 17 gennaio 2014 il Pm presso il Tribunale di Arezzo

disponeva il sequestro probatorio di documenti cartacei ed informatici nonché di
supporti informatici fissi e portatili, eventualmente rinvenuti in sede di perquisizione
della sede delle società fallite

E.T. s.r.l. e Second Italia s.r.l. nonché della società

Data Udienza: 16/09/2014

ET Engineering s.r.l. e del domicilio degli indagati, in riferimento al reato di cui agli
artt. 110 e 216 I.f.
In particolare, il provvedimento di sequestro era stato emesso nell’ambito
del procedimento penale ascritto ad Adriano Avesti e ad altri soggetti, inquisiti per
l’anzidetto reato fallimentare in riferimento a ritenute condotte distrattive in danno
delle società anzidette, dichiarate fallite con sentenza del 13 novembre 2013 del
Tribunale di Arezzo, utilizzando gli utili di esercizio in favore della società di nuova

L’Avesti, quale socio ed amministratore della società dì nuova costituzione, era
accusato a titolo di concorso nella condotta posta in essere dagli amministratori
delle società fallite, unitamente alla socia di maggioranza della ET Engineering s.r.l.
wosika Bilkísu Abiodun. Le fonti di prova erano rappresentate dagli esiti dell’attività
di polizia giudiziaria avviate a seguito di notizia confidenziale e segnatamente le
sommarie informazioni rese dal curatore del fallimento della Et s.r.I., da notizie di
reato redatte dalla Guardia di Finanza di Arezzo a seguito di attività ispettive poste
in essere nei confronti delle due società fallite. Si riteneva, inoltre, che la società di
nuova costituzione ricomprendesse nella sua compagine il maggior cliente di Et srl,
ossia la The Clhaír Centre; che la nuova società stava vendendo prodotti simili a
quelli della società fallita, in tempi troppo rapidi perché fosse ipotizzabile una nuova
ed autonoma attività produttiva; le società fallite e la nuova società avevano lo
stesso oggetto sociale (produzione di porte blindate di sicurezza, metal-detector e
altri dispositivi di controllo degli accessi e di sicurezza); una denominazione molto
simile a quella della Et srl, che, peraltro, era stata costituita 1’8 agosto 2011, ossia
pochi giorni prima del deposito in cancelleria del ricorso per la dichiarazione di
fallimento delle due società. Alla stregua di tali elementi indiziari si riteneva
configurabile la fattispecie fallimentare in questione, donde la legittimità della
misura cautelare volta all’acquisizione di elementi probatori a sostegno dell’ipotesi
accusatoria.

2. Avverso l’anzidetta pronuncia il difensore di Adriano Avesti, avv.
Alessandra Cacioli, ha proposto ricorso per cassazione affidato alle ragioni di
doglianza di seguito specificate.
Con unico, articolato, motivo il ricorrente denuncia inosservanza od erronea
applicazione della legge penale nonché erronea interpretazione delle norme sulla
funzione del giudice del riesame. Si duole, in particolare, del fatto che, eludendo
specifiche deduzioni difensive, il provvedimento impugnato sia venuto meno
all’obbligo di indicare le ragioni del ritenuto coinvolgimento dell’indagato, quale
extraneus, nel fallimento delle società in questione.

CONSIDERATO IN DIRITTO
2

costituzione ET Engineering s.r.I., avente il medesimo oggetto sociale delle fallite.

1. Il ricorso si colloca, decisamente, in area d’inammissibilità.
L’impugnativa si sostanzia, per vero, di questioni eminentemente di merito, che si
collocano ben al di fuori del perimetro di cognizione devoluto, in subiecta materia, a
questo Giudice di legittimità, notoriamente circoscritto alla delibazione della sola
violazione di legge, a mente dell’art. 325 del codice di rito. Né può dirsi che
l’ordinanza impugnata sia affetta da carenza o mera apparenza di motivazione,

della violazione di legge.
Ed infatti, il compendio giustificativo del provvedimento in esame dà adeguato
conto della ritenuta ipotizzabilità della fattispecie concorsuale oggetto
d’incolpazione provvisoria e delle esigenze probatorie al cui soddisfacimento è
intesa la reclamata misura cautelare.

2.

Per quanto precede, il ricorso va dichiarato inammissibile, con le

consequenziali statuizioni espresse in dispositivo.

P.Q.M.

Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali ed al versamento della somma di C 1.000,00, in favore della
Cassa delle ammende
Così deciso il 16/09/2014

costituenti vizi di patologia motivazionale riconducibili pur essi all’alveo concettuale

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