Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35685 del 30/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35685 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
ANDRIANO ALDO N. IL 05/10/1973
avverso la sentenza n. 31/2012 TRIB.SEZ.DIST. di MASCALUCIA,
del 23/04/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.,* 141,41′ §,1″
che ha concluso per f Umsittatmi , 4271–_
v i,)/14,,) r

Udito, per la parte civile, l’Avv
UdipiNifensodAvv.

Data Udienza: 30/05/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Catania, Sezione Distaccata di Mascalucia, con sentenza
del 23 aprile 2013, ha confermato la sentenza del Giudice di pace di Mascalucia
del 27 luglio 2012 che aveva condannato Andriano Aldo per il delitto di lesioni

del danno al Giudice civile.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato, a
mezzo del proprio difensore, lamentandone:
a) la manifesta illogicità della motivazione e una violazione di legge sul
punto della affermazione della penale responsabilità e della mancata concessione
della scriminante della legittima difesa;
b) la mancanza di motivazione in relazione alla mancata applicazione
dell’eccesso colposo di legittima difesa;
c) la carenza di motivazione in merito alla condanna al risarcimento del
danno, al pagamento della provvisionale e delle spese processuali;
d) una motivazione mancate in merito alla quantificazione delle spese
processuali in favore della parte civile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile, in quanto manifestamente infondate le
relative doglianze.
2. Quanto al primo motivo del ricorso teso per l’appunto a contrastare
l’accertamento del fatto compiuto dal Giudice del merito, si osserva, come
ribadito costantemente da questa Corte, che pur dopo la nuova formulazione
dell’articolo 606 cod.proc.pen., lettera e), novellato dalla Legge 20 febbraio
2006, n. 46, articolo 8, il sindacato del Giudice di legittimità sul discorso
giustificativo del provvedimento impugnato debba essere volto a verificare che la
motivazione della pronunzia:
a) sia “effettiva” e non meramente apparente, ossia realmente idonea a
rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione
adottata;
b) non sia “manifestamente illogica”, in quanto risulti sorretta, nei suoi
punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori
nell’applicazione delle regole della logica;
1

personali in danno di Brunetto Marcello, rimettendo le parti per la liquidazione

c)

non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da

insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche
tra le affermazioni in essa contenute;
d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo”
(indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno
del ricorso per Cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente
inficiata sotto il profilo logico.

persistenza o meno di una motivazione effettiva, non manifestamente illogica e
internamente coerente, a seguito delle deduzioni del ricorrente concernenti “atti
del processo”.
Tale controllo, per sua natura, è destinato a tradursi – anche a fronte di
una pluralità di deduzioni connesse a diversi “atti del processo” e di una correlata
pluralità di motivi di ricorso – in una valutazione, di carattere necessariamente
unitario e globale, sulla reale “esistenza” della motivazione e sulla permanenza
della “resistenza” logica del ragionamento del Giudice.
Al Giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla
motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal Giudice di
merito, perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità
esplicativa.
Queste ,operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte nell’ennesimo
Giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale
dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei
provvedimenti adottati dai Giudici di merito rispetti sempre uno standard di
intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico
seguito dal Giudice per giungere alla decisione.
La doglianza si sostanzia in una indebita rivisitazione delle risultanze
probatorie sulla pretesa inaffidabilità delle dichiarazioni della parte offesa, perchè
non è possibile più svolgere tale attività avanti questa Corte di legittimità;
trattasi inoltre di doglianza che, per un verso, passa del tutto sotto silenzio la pur
esistente motivazione offerta sul punto dal Giudice del merito che ha corroborato
le suddette dichiarazioni con la prodotta certificazione medica, con la consulenza
tecnica di parte e la deposizione delle testi Leone e, per altro verso, non vale a
scalfire la granitica giurisprudenza di questa Corte in tema.

2

Il Giudice di legittimità è, pertanto, chiamato a svolgere un controllo sulla

Il giudicante ha correttamente applicato la costante giurisprudenza di
legittimità sul punto secondo la quale le regole, dettate dall’articolo 192, comma
terzo cod.proc.pen. non si applicano alle dichiarazioni della persona offesa, le
quali possono essere legittimamente poste da sole a fondamento
dell’affermazione di penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata
da idonea motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e
dell’attendibilità intrinseca del suo racconto, che peraltro deve in tal caso essere

di qualsiasi testimone (v. da ultimo, Cass. Sez. Un. 19 luglio 2012 n. 41461).
Ed ancora, il ricorrente ripropone la diversa ricostruzione del fatto a
sostegno della giustificazione ipotizzata di aver agito in situazione esimente di
legittima difesa.
Ma, come è evidente, in tal modo già finisce per postulare un sindacato
della decisione impugnata nel merito, inammissibile in questa sede di legittimità,
considerandosi anche che ogni questione correlativa è destituita di fondamento
apprezzabile dopo che il Giudice di merito, con supporto argomentativo diffuso,
puntuale ed immune da effettivi vizi logici o da errori giuridici, ha fornito
adeguata ragione della insussistenza della predetta causa di non punibilità nel
riferimento alle emergenze probatorie valorizzate dai Giudici di merito ed ai
riscontri sul comportamento della parte offesa di cui non viene evidenziata
alcuna “condotta aggressiva o provocatoria. .di natura tale da far ritenere
sussistente un’eventuale causa di giustificazione” (v. pagina 3 della motivazione).
Per modo che risulta ineccepibile la conclusione di esclusione della
invocata legittima difesa, ricollegata in questa sede ad una rilettura degli
elementi di fatto, la cui valutazione resta riservata, in via esclusiva, al Giudice di
merito.
3. Nè, come è noto (v. Cass. Sez. I, 19 marzo 1998 n.1685), la mera
prospettazione di una diversa valutazione delle risultanze processuali, che
costituisce concretamente il substrato del secondo motivo di gravame, può
integrare il rilevante vizio di legittimità della decisione, a tale conclusione
dovendosi pervenire anche in ordine alle pretese carenze motivazionali
sull’esclusione di situazione rilevante ex articolo 55 cod.pen. per eccesso colposo
nella reazione difensiva.
Sostiene, senza alcun appiglio logico-giuridico, il ricorrente di dover andar
assolto dall’imputazione ascritta, quantomeno, per l’affermata esistenza della
causa di giustificazione di cui all’articolo 55 cod.pen.

3

più penetrante e rigoroso rispetto a quello cui vengono sottoposte le dichiarazioni

Dimentica il ricorrente, però, come il suddetto articolo preveda, da un
lato, l’esistenza dei presupposti per l’applicabilità al fatto commesso di una delle
scriminanti di cui agli articoli 51, 52, 53 e 54 cod.pen. ma che, di converso,
l’agente debba aver colposamente superato i limiti previsti per tale applicabilità,
con ciò determinando non il completo venir meno della punibilità bensì
l’applicabilità al reato ascritto della pena e della disciplina di cui al corrispondente
delitto colposo.

sottintendere i presupposti della scriminante della legittima difesa nonché
concretarsi nel superamento dei limiti ad essa immanenti: ne deriva che, ove
non sia giuridicamente prospettabile l’esimente della legittima difesa, non sia
concettualmente ipotizzabile neppure l’eccesso colposo.
Ecco perchè il Giudice di primo grado non si è nemmeno premurato di
rispondere alla richiesta defensionale l stantes la sua manifesta infondatezza una
volta esclusa la scriminante della legittima difesa.
4. La condanna al risarcimento del danno e alla rifusione delle spese del
giudizio in favore della costituita parte civile deriva ipso iure dalla conferma della
sentenza impugnata.
Va, poi, tenuto fermo il principio che in tema di spese processuali possono
essere denunciate in sede di legittimità solo violazioni del criterio della
soccombenza o liquidazioni che non rispettino le tariffe professionali (v. da ultimo
Cass. Sez. I Civ. Sentenza n. 14542 depositata il 4 luglio 2011).
Nella specie, non è denunciata violazione del principio della soccombenza
ma la mancata riduzione per sovrabbondanza che non può, di conseguenza,
trovare ingresso nella presente sede di legittimità.
P.T.M.

La Corte, dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1.000,00 in favore
della Cassa delle Ammende.

Così deciso in Roma, il 30 maggio 2014.

Invero, quanto al caso di specie, la figura dell’eccesso colposo dovrebbe

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