Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35685 del 01/07/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 35685 Anno 2015
Presidente: AGRO’ ANTONIO
Relatore: PETRUZZELLIS ANNA

SENTENZA
sul ricorso proposto da
1. Lopez Stefano, nato a Roma il 31/07/1980
avverso l’ordinanza del 00/05/2015 del Tribunale di Roma
visti gli atti, il provvedimento denunziato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal componente Anna Petruzzellis;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale Roberto
Aniello, che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Roma, con ordinanza del OR/0572015, ha respinto
l’appello proposto nell’interesse di Lopez Stefano avverso il provvedimento con il
quale il Tribunale di quella città non aveva accolto l’istanza di revoca o
sostituzione degli arresti domiciliari a lui applicati in relazione al reato di cui
all’art. 73 comma 5 d.P.R. 9 ottobre 1990 n. 309.
2. La difesa di Lopez nel suo ricorso deduce violazione di cui all’art. 606
comma 1 lett. c) ed e) cod. proc. pen., per avere il giudice omesso di valutare il
presupposto di fatto su cui era fondata la richiesta di modifica, costituita dalla
necessità di differenziare la cautela applicata nei suoi confronti ed al coimputato,
già avvertita dal Gip che aveva applicato a quest’ultimo la custodia in carcere in
ragione dei precedenti specifici, situazione che non caratterizza l’esponente. A
seguito del giudizio al coimputato era stata riconosciuta la misura degli arresti
domiciliari, situazione che, allo stato, ingiustamente parificava la valutazione di
pericolosità tra ì due imputati, annullando le differenze già rimarcate.

Data Udienza: 01/07/2015

Si deduce inoltre la mancata considerazione della difforme gravità del reato
ascritto ai due imputati, riconosciuta a seguito della pronuncia di primo grado,
che aveva riqualificato i fatti ai sensi del comma 5 della disposizione
incriminatrice.
Si rileva da ultimo che non era stata effettuata una corretta applicazione
della novella normativa di cui alla I. 16/04/2015 n.47, nella parte in cui è stato

gravità del reato, come risulta avvenuto nella specie, ove nessun ulteriore
precedente specifico grava sul ricorrente.
3. Si deduce inoltre vizio di motivazione sulla mancata valutazione delle
difficoltà economiche del Lopez, che secondo l’esponente risultano ingiustamente
non riconosciute, poiché discendevano dalla qualità di imputato ammesso al
patrocinio a spese dello Stato.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile per genericità ed in quanto proposto per motivi
non consentiti.
2. L’impugnazione preliminarmente si fonda sulla pretesa di una indefettibile
differenziazione tra le posizioni del ricorrente e del coimputato, in realtà
insussistente, posto che la valutazione delle esigenze cautelari va
necessariamente parametrata alle condizioni soggettive del singolo, e non può
mutare ove si operi una diversa più favorevole analisi delle esigenze del
coimputato, in relazione alla cui condizione ha inciso la sopravvenienza della
qualificazione del fatto nella fattispecie di lieve entità, che non consentiva il
permanere della misura più grave, mentre nessun elemento sopraggiunto risulta
aver permesso una valutazione più favorevole nei confronti del Lopez. Per
contro, come già evidenziato nell’ordinanza impugnata, proprio l’intervento di
una pronuncia di condanna che ha determinato una sanzione di analoga entità
nei confronti degli interessati denota una parificazione della gravità dei fatti, che
non giustifica alcuna differenziazione del trattamento cautelare.
Rispetto alla posizione processuale del ricorrente non si rivendica
l’intervento di alcun fatto nuovo, mentre non risulta fondata la deduzione di
illegittimità dell’ordinanza impugnata, con riferimento ai nuovi parametri di
valutazione delle esigenze cautelari, introdotti dalla I. n. 47 del 2005, citata in
narrativa, in quanto, diversamente da quanto osservato, il Tribunale ha fatto
riferimento a fondamento di tale prognosi sfavorevole, ai numerosi precedenti
penali, oltre che alle pendenze giudiziarie risultanti a carico del Lopez, traendone
elementi indicatori sulla reiterazione del reato, e non ha tenuto in alcun conto, in

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Cassazione VI sez. pen 23549/2015

escluso che possano trarsi elementi di concreta pericolosità esclusivamente dalla

senso opposto a quanto espresso in ricorso, la gravità dell’illecito, considerato
esclusivamente quale fatto storico accertato, sulla base della qualificazione
riconosciuta dal giudicante che è pervenuto all’affermazione di responsabilità.
Deve inoltre sottolinearsi che si richiama la possibilità di svolgimento di
un’attività di lavoro a fondamento della sollecitazione all’applicazione di misura
più gradata, che il provvedimento impugnato dà conto non essere stata

analisi a tal fine della qualità di persona ammessa al patrocinio a spese dello
Stato rivestita dall’interessato, quale elemento idoneo a far desumere la sua
condizione di indigenza.
In realtà gli elementi evidenziati sono richiamati a sostegno di una ridotta
pericolosità e la loro concretezza, proprio al fine indicato, avrebbe richiesto una
specifica attestazione, non una mera constatazione dì una condizione di
indigenza, da sola scarsamente significativa della riduzione della pericolosità,
sicché sotto tale profilo le deduzioni difensive risultano scarsamente pertinenti al
tema di indagine.
3. La mancanza di nuovi elementi di valutazione sopraggiunti, suscettibili di
giustificare l’applicazione di una misura più gradata, esclude la fondatezza della
domanda dì merito, ìn relazione al cui provvedimento di rigetto non sì
denunciano vizi di cui all’art. 606 comma 1 lett. e) cod. proc. pen., ma si
propongono osservazioni di merito, sollecitando in questa fase una non
consentita difforme valutazione dì fatto, estranea all’ambito del giudizio dì
legittimità.
4. All’accertamento di inammissibilità del ricorso consegue la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma indicata in
dispositivo, e ritenuta equa, in favore della Cassa delle ammende, in applicazione
dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali e della somma di euro 1.000 in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 01/07/2015

documentata, condizione non contestata in ricorso, ove si censura la mancata

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