Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35684 del 11/06/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 35684 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: FIANDANESE FRANCO

SENTENZA

sul ricorso proposto nell’interesse di
Esmeralda Patrizia,
avverso la

Demontis

nata Sassari il 25.11.1972,

sentenza della Corte di

Appello

di

Cagliari – Sezione distaccata di Sassari, in data
22 maggio 2012, di riforma della sentenza del
Tribunale di Sassari, in data 16 luglio 2009;
Visti gli atti, la sentenza denunziata e il
ricorso;
Udita in pubblica udienza la relazione svolta dal
consigliere dott. Franco Fiandanese;
Udito il pubblico ministero in persona del
sostituto
Delehaye,

procuratore

generale

dott.

Enrico

che ha concluso per l’annullamento senza

Data Udienza: 11/06/2013

rinvio ex art. 649 c.p., perché il fatto non è
punibile.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Il Tribunale di Sassari, con sentenza in data 16

dal delitto di estorsione consumata e tentata ai
danni della madre con la formula “perché il fatto
non sussiste”, non essendovi prova delle minacce.
Secondo l’imputazione la Demontis “in esecuzione di
un medesimo disegno criminoso e in tempi diversi,
dietro minaccia di distruggere le suppellettili di
casa ovvero di cagionarle lesioni, si faceva
consegnare dalla madre piccole somme di denaro. In
una occasione e con le stesse modalità esecutive
compiva atti idonei diretti in modo non equivoco a
farsi consegnare, dopo averne già ricevuto in
anticipo, altro denaro senza riuscire nell’intento
per la condotta della vittima che, costretta, si
allontanava di casa”.
In esito ad impugnazione del Procuratore Generale,
la

Corte

di Appello di Cagliari – Sezione

distaccata di Sassari, con sentenza in data 22
maggio 2012, in parziale accoglimento del gravame,
dichiarava l’imputata responsabile del delitto di
tentata estorsione continuata e la condannava alla

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luglio 2009, assolveva Demontis Esmeralda Patrizia

pena di anni uno mesi tre di reclusione ed euro 160
di multa.
Propone ricorso per cassazione il difensore
dell’imputata, deducendo erronea applicazione della

649 c.p.
Il ricorrente afferma che la persona offesa non ha
mai parlato di condotte né minacciose né violente,
riferendo soltanto che la figlia si comportava con
“un po’ di prepotenza”; ma anche a voler
considerare che le condotte dell’imputata abbiano
avuto carattere di violenza, si tratterebbe di
violenza sulle cose volte al tentativo di
coartazione della volontà della madre e, quindi,
avrebbero un sostanziale carattere di minaccia, con
la conseguenza dell’applicabilità della causa di
non punibilità ex art. 649 c.p.

moTrvI

DELLA DECISIONE

Il ricorso è fondato nella parte in cui invoca
l’applicazione del disposto dell’art. 649 c.p.
Infatti, l’imputata è stata ritenuta responsabile
soltanto dell’estorsione tentata, che,
nell’imputazione è, in modo inequivoco, contestata
con le modalità della “minaccia di distruggere le
suppellettili di casa ovvero di cagionare lesioni”,

3

legge penale con riferimento agli artt. 56, 629 e

escludendosi, quindi, espressamente l’ipotesi della
violenza. La giurisprudenza di questa Suprema Corte
ha chiarito che il tentativo di estorsione commesso
con minaccia in danno del genitore non è punibile

le ipotesi criminose che rimangono escluse
dall’operatività della disposizione concernono
solamente, da un lato, i delitti consumati di cui
agli artt. 628, 629 e 630 cod. pen., e, dall’altro,
tutti gli altri delitti contro il patrimonio, anche
se tentati, che siano commessi con violenza; ne
consegue che la predetta causa di non punibilità
opera con riguardo a tutti i delitti tentati contro
il patrimonio commessi con minaccia (da ultimo:
Sez. 2, n. 24643 del 21/03/2012, Errini, Rv.
252833) e che l’art. 649, comma 3, cod. pen., nella
parte in cui esclude l’operatività delle
disposizioni di favore contenute nei commi
precedenti in materia di reati contro il patrimonio
commessi in danno di prossimi congiunti quando
trattisi di delitti caratterizzati da “violenza
alle persone”, intende riferirsi, con detta ultima
espressione, alla sola violenza fisica e non anche
a quella psichica, estrinsecantesi nella minaccia.
(Sez. 2, n. 20110 del 05/04/2002, Bernini C, Rv.

4

ex art. 649, comma terzo, u.p. cod. pen., in quanto

221854).
La sentenza impugnata, pertanto, deve essere
annullata senza rinvio trattandosi di persona non
punibile.

Annulla senza rinvio la sentenza impugnata
trattandosi di persona non punibile ai sensi
dell’art. 649 c.p.
Così deciso in Roma 1’11 giugno 2013.

P.Q.M.

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