Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35681 del 14/05/2015


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Penale Sent. Sez. 6 Num. 35681 Anno 2015
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: MOGINI STEFANO

SENTENZA
Sul ricorso proposto da

Data Udienza: 14/05/2015

REGISTRO
BRUZZISE ANTONIO, nato a Seminara il 17.5.1967
avverso l’ordinanza emessa dal Tribunale di Reggio Calabria – Sezione del Riesame il 29
dicembre 2014;
visti gli atti, l’ordinanza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Dott. Stefano Mogini;
udito il sostituto procuratore generale Francesco Mauro Iacoviello, che ha concluso
chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata;
udito l’avvocato Eleonora Masseo, difensore di fiducia del ricorrente, che ha concluso
chiedendo l’accoglimento del ricorso e l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
Ritenuto in fatto

1. Con l’ordinanza in epigrafe il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria ha rigettato

GENERAL& E
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N. 493420 I

l’appello presentato nell’interesse di Antonio Bruzzise avverso l’ordinanza della Corte d’Assise
di Reggio Calabria in data 2.7.2014 con cui è stata respinta la richiesta volta ad ottenere
declaratoria di perdita di efficacia della custodia cautelare in carcere applicata al Bruzzise per
scadenza del termine di durata massima di fase ex artt. 303, comma 1, lett. b) n. 2 c.p.p. e
304, comma 6, c.p.p..

2. Antonio Bruzzise ricorre tramite il suo difensore di fiducia avverso l’ordinanza in epigrafe,
deducendo col primo motivo di ricorso erronea applicazione degli artt. 303, comma 1, lett. b) e

ricorrente – imputato di partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso
aggravata dal ruolo di organizzatore e dall’essere l’organizzazione armata, ricettazione
aggravata dall’art. 7 L. 203/91 e violazione disciplina sulle armi di cui all’art. 2 L. 895/67
aggravata dal citato art. 7 – dal delitto di ricettazione ed aveva escluso l’aggravante di cui al
secondo comma dell’art. 416 bis c.p.. Tale decisione avrebbe quindi determinando la parziale
inefficacia della misura ed impedito di ragguagliare il termine massimo della custodia per la
fase del giudizio alla pena edittale del più grave reato associativo come originariamente
contestato, con conseguente immediata operatività dei più brevi termini riferibili ai reati per i
quali era intervenuta condanna.
In particolare, l’esclusione dell’aggravante di cui all’art. 416 bis, comma 2, c.p. doveva
ritenersi rilevante secondo i parametri di cui all’art. 278 c.p.p., trattandosi di aggravante ad
effetto speciale, sicché la pena edittale massima prevista per la semplice partecipazione
all’associazione rientrava nel limite di cui all’art. 303, comma 1, lett. b) n. 2 c.p.p.. Dato il
provvedimento di sospensione dei termini di custodia cautelare, il termine massimo di fase,
pari a due anni, doveva dunque ritenersi decorso alla data della sentenza di primo grado,
pronunciata il 30.7.2013, essendo il decreto che dispone il giudizio stato emesso in data
16.7.2011.

3. Col secondo motivo il ricorrente lamenta inosservanza ed erronea applicazione degli artt.
303, comma 1, lett. b), 299 c.p.p. e 13 Cost. con riferimento ai principi di proporzionalità e
tassatività dei termini di custodia cautelare, poiché qualunque mutamento in melius delle
condizioni di applicabilità della misura cautelare – sia nell’ipotesi di modifica della norma
sostanziale presupposta o della norma processuale, sia per la mutata qualificazione giuridica
operata in sentenza – ha immediata incidenza sulla misura in atto e non può consentire la
continuazione della sua esecuzione in violazione delle condizioni previste per la fase del
giudizio, non esaurita, dovendosi la sentenza di primo grado considerare parte integrante di
tale fase.

2

278 c.p.p. e conseguenti vizi di motivazione. La Corte d’Assise di Palmi aveva assolto il

Considerato in diritto

1. Entrambi i motivi di ricorso sono infondati.
Ritiene il Collegio che il mutamento della qualificazione giuridica del fatto non possa influire
“ora per allora” sul termine massimo di custodia cautelare di fase di cui si pretende
l’applicazione. Pertanto, qualora con la sentenza di primo grado venga esclusa l’esistenza di
un’aggravante (nel caso, quella contemplata dal secondo comma dell’art. 416 bis cod. pen.) i
termini di custodia cautelare per la fase di primo grado vanno commisurati in relazione alla

contenuto dispositivo della sentenza che conclude la fase di primo grado ha rilevanza ai fini
della commisurazione della custodia cautelare per quel che attiene alla fase successiva (Sez. 6,
n. 3507 del 03/11/1999, Rv. 214898; Sez. 4, n. 15429 del 10/01/2002, Rv. 221710; Sez. 5,
n. 46835 del 04/12/2007, Rv. 238890).
Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 c.p.p., la condanna del ricorrente al
pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.

Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Manda alla
cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 94-1/ter disp. att. c.p.p.

Così deciso il 14 maggio 2015.

qualificazione giuridica del fatto contenuta nel provvedimento che dispone il giudizio; mentre il

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