Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35680 del 30/05/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35680 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: SABEONE GERARDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
RASO FERDINANDO N. IL 12/04/1955
avverso la sentenza n. 49/2012 TRIBUNALE di CATANIA, del
31/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 30/05/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. GERARDO SABEONE
Udito il Procuratore Genrale in p9rsona del Dott.
che ha concluso per j
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Udito, per la parte civile, ‘Avv. AlAkO)W40 ()Zt1
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Data Udienza: 30/05/2014

RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Catania, con sentenza del 31 gennaio 2013, ha accolto
l’appello, proposto dalla parte civile Allegra Eugenia avverso la sentenza del
Giudice di pace di Catania del 16 marzo 2012 che lo aveva assolto ai sensi

sua volta condannato l’imputato Raso Ferdinando al risarcimento del danno e alla
rifusione delle spese processuali.
2. Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione l’imputato
Raso, a mezzo del proprio procuratore, lamentando, innanzitutto, una violazione
di legge in quanto l’appello doveva essere dichiarato inammissibile poiché non
era diretto all’ottenimento del risarcimento dei danni ma soltanto
all’affermazione della penale responsabilità dell’imputato, nonché una
motivazione illogica in merito all’affermazione della responsabilità.

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso è infondato.
2. Giova premettere, in punto di diritto, come in giurisprudenza fosse in
realtà controverso se, quando propone impugnazione contro una sentenza di
proscioglimento, la parte civile dovesse proporre “un espresso e diretto
riferimento agli effetti civili che vuol conseguire” (v. Cass. Sez. VI 22 ottobre
2009 n. 9072) ovvero tale riferimento potesse “anche desumersi implicitamente
dal motivi quando da essi emerga in modo inequivoco la richiesta formulata” (v.
Cass. Sez. V 23 settembre 2009 n. 42411 nonché Sez. V 8 giugno 2010 n.
27629).
Orbene, tale contrasto è stato, da ultimo, risolto dalle Sezioni Unite di
questa Suprema Corte che con la sentenza 20 dicembre 2012 n. 6509 hanno
affermato il principio che “allorchè la parte civile impugni una sentenza di
proscioglimento che non abbia accolto le sue conclusioni, chiedendo la riforma di
tale pronunzia, l’atto di impugnazione, ricorrendo le altre condizioni, è
ammissibile anche quando non contenga l’indicazione che l’atto è proposto ai soli
effetti civili, discendendo tale effetto direttamente dall’articolo 576
cod.proc.pen.”
1

dell’articolo 530, comma 2 cod.proc.pen. dai reati di ingiurie e minacce, ed ha a

Nella specie, questa volta in fatto, il mero esame dell’impugnata decisione
permette di acclarare come l’appello fosse stato proposto ai soli effetti civili e
come a fronte di analoga contestazione dell’odierno ricorrente circa
l’inammissibilità del gravame la Corte territoriale avesse ribadito l’effettuazione
dell’impugnazione ai soli effetti civili (v. pagina 1 della impugnata sentenza).
3. Quanto al secondo motivo, si osserva, anche in questo caso in punto di
diritto, come ribadito costantemente da questa Corte (v. a partire da Sez. VI 15

dopo la nuova formulazione del suddetto articolo 606 cod.proc.pen., lett. e),
novellato dalla L. 20 febbraio 2006, n. 46, articolo 8, che il sindacato del Giudice
di legittimità sul discorso giustificativo del provvedimento impugnato debba
essere volto a verificare che la motivazione della pronunzia:
a) sia “effettiva” e non meramente apparente, ossia realmente idonea a
rappresentare le ragioni che il giudicante ha posto a base della decisione
adottata;
b) non sia “manifestamente illogica”, in quanto risulti sorretta, nei suoi
punti essenziali, da argomentazioni non viziate da evidenti errori
nell’applicazione delle regole della logica;
c)

non sia internamente contraddittoria, ovvero sia esente da

insormontabili incongruenze tra le sue diverse parti o da inconciliabilità logiche
tra le affermazioni in essa contenute;
d) non risulti logicamente “incompatibile” con “altri atti del processo”
(indicati in termini specifici ed esaustivi dal ricorrente nei motivi posti a sostegno
del ricorso per Cassazione) in termini tali da risultarne vanificata o radicalmente
inficiata sotto il profilo logico.
Al Giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla
motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi parametri di
ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati dal Giudice di
merito, perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di una migliore capacità
esplicativa.
Queste operazioni trasformerebbero, infatti, la Corte nell’ennesimo
Giudice del fatto e le impedirebbero di svolgere la peculiare funzione assegnatale
dal legislatore di organo deputato a controllare che la motivazione dei
provvedimenti adottati dai Giudici di merito rispetti sempre uno standard di
intrinseca razionalità e di capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico
seguito dal Giudice per giungere alla decisione.
2

marzo 2006 n. 10951 fino di recente a Sez. V 6 ottobre 2009 n. 44914), pur

Nella specie, questa volta in fatto e nei limiti del presente giudizio di
legittimità di cui dianzi si è detto, deve osservarsi come l’impugnata sentenza
abbia logicamente motivato come all’odierno ricorrente debbano essere
concretamente ascritti i fatti contestati, sulla base della deposizione della parte
offesa, vieppiù corroborata dalle ulteriori deposizioni testimoniali (La Boria e
Campisi).
4. Il ricorso va, in conclusione, rigettato e il ricorrente condannato al

in favore della costituita parte civile, liquidate come da dispositivo.
P.T.M.
La Corte, rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle
spese processuali nonché alla rifusione delle spese di parte civile, liquidate in
euro 1.500,00 complessivi oltre accessori come per legge.

Così deciso in Roma, il 30 maggio 2014.

pagamento delle spese processuali nonché alla rifusione delle spese del giudizio

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