Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35679 del 15/05/2013


Clicca qui per richiedere la rimozione dei dati personali dalla sentenza

Penale Sent. Sez. 2 Num. 35679 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: TADDEI MARGHERITA

SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Verdone Demetrio nato a Palermo il 29.6.1966
Macchi Antonino nato a Termini Imerese il 8. 1. 1972
Catalano Antonio nato a Palermo il 23.10.1988
avverso la sentenza n. 3345/2012 , datata 19.7.2012 , della Corte
d’appello di Palermo, la sezione penale;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere Margherita B. Taddei;
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore generale,
Roberto Aniello , che ha concluso per l’inammissibilità dei ricorsi;
udito per l’imputato Verdone, in sostituzione dell’avv. Domenico
Trinceri, l’avv.

Marilena

Riggirello, che ha concluso per

1

Data Udienza: 15/05/2013

RITENUTO IN FATTO

1. Con la sentenza indicata in epigrafe, pronunciata ai sensi dell’ art.599
cod.proc.pen. in data 19.7.2012, la Corte di appello di Palermo ,in
parziale riforma della sentenza del GUP del Tribunale della stessa città,
datata 18.7.2011 ,riqualificato il reato ascritto al capo a) a Verdone

art.74 c. VI dpr 309/90 in relazione all’art.416 c. 2 cod. pen. , escluso
l’aumento per la recidiva per Verdone Demetrio e Macchi Antonino
,esclusa l’aggravante di cui al c. 3 dell’art. 74 dpr 309/90 contestata al
capo a) agli imputati Verdone Demetrio, Macchi Antonino, Catalano
Antonio, riconosciuta a Macchi Antonino l’attenuante di cui all’art. 73 c.V
dpr 309/90 in relazione al delitto di cui al capo bb), riduceva la pena
inflitta a Verdone Demetrio ad anni sei, mesi otto di reclusione ed euro
19.400,00 di multa, considerato più grave, ai fini della ritenuta
continuazione, il delitto sub capo c) dell’epigrafe; a Macchi Antonino ad
anni cinque, mesi quattro di reclusione ed euro 14.800,00 di multa,
considerato più grave ai fini della ritenuta continuazione il delitto sub
capo bb) ; a Catalano Antonio ad anni quattro e mesi quattro di
reclusione ed euro 10.000,00 di multa, ritenuto più grave il delitto sub
capo x) .
1.2 Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso gli imputati , Catalano
e Verdone per mezzo dei loro difensori di fiducia e Macchi
personalmente, chiedendo tutti l’annullamento della sentenza e
deducendo a motivo:
Verdone
Con il primo motivo censura la motivazione del provvedimento impugnato
perché desume l’esistenza della associazione a delinquere dall’attività
ripetuta di spaccio la quale,tuttavia, lungi dall’essere attuata in forma
corale, si sostanzia in rapide cessione di stupefacente effettuate al
massimo da due persone, come è avvenuto negli episodi contestati agli
imputati.Tuttavia il ripetersi degli episodi di cessione con regolarità non
comprova una stabilità e permanenza di un vincolo associativo che deve

2

Demetrio, Macchi Antonino, Catalano Antonio come violazione dell’

essere dimostrato aliunde e secondo elementi che caratterizzano il patto
associativo.Non sono stati dimostrati né una comune volontà
dell’attuazione della condotta,nè l’esistenza di un’unica cassa dei
proventi, né lo spirito di mutuo aiuto tra i concorrenti e la comunanza di
intenti tra i due gruppi di spacciatori individuati dagli investigatori non va
oltre degli accordi di cartello di non concorrenza.Del pari le singole
spiegazioni date dalla Corte ad elementi dell’attività criminosa possono

gli imputati.
Viziata da illogicità è anche la motivazione del trattamento sanzionatorio
nella parte in cui fissa al massimo edittale la pena base sulla quale
effettuare gli aumenti per la continuazione,posto che l’episodio si è
sostanziato nella cessione di una singola dose di eroina, dal principio
attivo modesto, ad un soggetto già tossicodipendente.
Macchi
La impugnata sentenza si appalesa nulla, poiché essa non apporta
motivazione sufficiente e logica sia in ordine alla mancata assoluzione
dal reato associativo, ex articolo 74 D.P.R. 309/90 (seppure riqualificato
ai sensi del sesto comma del medesimo articolo) e dai singoli reati ex
articolo 73 d.p.r. 309/90 e sia in ordine alla gravosità della pena inflitta.
Assoluzione dal reato di cui all’articolo 74 D.P.R. 309/90, perché il fatto
non sussiste.Denuncia il ricorrente la brevità delle investigazioni che
rende labile la ricostruzione dell’associazione:in particolare il ricorrente
contrasta la tesi accusatoria che ha visto il fenomeno dello spaccio su
strada da ricondurre a due gruppi delinquenziali , espressione di
un’unica organizzazione criminale ,deputata al traffico di stupefacenti nel
quartiere Zisa di Palermo.A parere della difesa invece l’attività degli
spacciatori era espressione di intraprendenza criminale individuale;
anche il materiale probatorio delle videoregistrazioni dei momenti delle
cessioni andavano avvalorati con la verifica della effettiva cessione di
sostanza stupefacente, perché non sempre il materiale virtuale è chiaro
ed indiscussa dimostrazione della presenza in luogo del Macchi.L’accusaa
di partecipazione all’associazione comporta l’esistenza di un patto

3

essere letti in modo innocente ed assolutamente non pregiudizievole per

aggregativo e l’apporto di un contributo sostanziale all’attività
dell’associazione,non potendosi quest’ultimo inferire solo dalla ripetuta
attività di spaccio; l’attività investigativa tuttavia ha delineato la realtà di
due gruppi di spacciatori niente affatto coesi, nell’ambito dei quali non è
agevole individuare le funzioni di organizzatoiri, capi e gragari.II
materiale probatorio utilizzato non é idoneo a provare la coesione
struttirale tra i soggetti rimandando immagini di persona che collaborano

volontà di scambiarsi merici e denaro, sicchè non può parlarsi di
associazione.Anche i singoli episodi di spaccio ascritti al Macchi, per le
medesime ragioni, non sono state adeguatamente provate sicchè si
imponeva l’assoluzione dello stesso.
La pena,infine, è eccessiva perché non è rapportata, sia pure in termini di
contivazione, alla reale incidenza dei singoli episodi come vuole la
giurisprudenza di legittimità e l’aumento non è sostenuto da specifica
motivazionee finisce per stravolgere anche la scelta processuale del rito
abbreviato.

Catalano:
a). Erronea applicazione della legge penale in relazione alla ritenuta
sussistenza della fattispecie penale di cui all’art.74 co. VI D.P.R. 309/90
riferito all’art. 416 c.2 c.p.Lamenta il ricorrente che la Corte di Appello di
Palermo , pur riconoscendo che Catalano “non era tra i materiali esecutori
delle cessioni”, lo ha considerato partecipe di tutti gli incontri e
accadimenti dell’organizzazione criminale, desumendo il suo ruolo attivo
nell’organizzazione da alcune “funzioni essenziali” per l’associazione
quali il “pattugliamento sul territorio” e “l’assistenza nella tenuta della
contabilità “.A parere del ricorrente ,tuttavia, il materiale probatorio
raccolto , quali le immagini captate con strumenti di videosorveglianza,
che riprendevano l’imputato lontano dai soggetti accusati delle cessioni e
che mai lo hanno ripreso nell’atto di cedere una sola dose, la mera
conoscenza con gli altri imputati, in assenza di dichiarazioni a suo
carico da parte degli acquirenti della droga che mai hanno indicato il suo
nome, non è idoneo a provare la partecipazione all’associazione
4

in singole e disarticolati episodi , così come episodica si dimostra la

criminale ., tenuto conto che solo due sono gli episodi circostanziati nel
tempo, (19/06/2009 e 06/07/2009), nei quali Catalano, secondo la Corte
territoriale, avrebbe svolto il ruolo di “palo”, senza alcun sequestro delle
dosi di droga nè della presunta documentazione attestante la “contabilità
dell ‘organizzazione “, ed in assenza di elementi a carico desunti da
conversazioni telefoniche o chiamate in correità di altri imputati.
Essi,pertanto, non sono idonei a provare la partecipazione alla

dovendosi,invece, accertare l’esistenza di una stabile realtà organizzata
e la consapevolezza di chi opera di aderire ad essa (Cass. Pen.N.
2358/2005).Lamenta,pertanto ,il ricorrente che l’intero supporto
probatorio, anche alla luce dei principi individuati dalla Corte di legittimità
in materia, non consente di ritenere provata l’esistenza
dell’associazione criminale ipotizzata , della quale avrebbe fatto parte
l’imputato e comunque un ruolo stabile dell’imputato all’interno e dunque
la piena condivisione del programma criminale.
b).

Contraddittorietà e illogicità della motivazione in ordine alla

sussistenza a carico dell’imputato dell’art. 73 D.P.R. 309/90 e
travisamento della prova in merito al valore probatorio delle immagini di
videosorveglianza. Deduce il ricorrente che la Corte di Appello di Palermo
ha errato nel ritenere responsabile il Catalano dei delitti contestati
sebbene le risultanze processuali e il materiale probatorio presentassero
elementi a discarico non valutati, quali la mancata chiamata in correità di
altri imputati o l’assenza di dichiarazioni accusatorie da parte dei presunti
acquirenti, cosi come la mancata ripresa delle cessioni contestate. Con
specifico riferimento alle immagini di videosorveglianza, il ricorrente
deduce che nei filmati non compare Catalano nell’atto di cedere dosi di
droga e che costui veniva sempre ripreso a distanza ragguardevole dalle
presunte cessioni, elemento questo, che in assenza di sequestro dello
stupefacente, di denaro o di documentazione contabile, cosi come di
specifiche indicazioni degli acquirenti, non doveva e non poteva
consentire di ritenere provata la responsabilità del Catalano quale autore
delle cessioni di stupefacente,.
c). Manifesta contraddittorietà della motivazione in tema di concessione
5

organizzazione e la volontà di partecipare al programma criminale,

delle circostanze attenuanti generiche ex art. 62 bis c.p.La Corte
territoriale ha motivato , in modo contraddittorio, il diniego delle
circostanze attenuanti generiche, desumendo la presunta pericolosità
sociale dell’imputato dal suo “ruolo determinante per la vita associativa”
pur dando rilievo della “mera incensuratezza dell’imputato”.
d). Erronea applicazione della legge penale riguardo ai criteri utilizzati per

aumenti per la disciplina del reato continuato , essendo stata la pena
determinata in valori prossimi alla pena massima prevista dalla norma di
legge.,
CONSIDERATO IN DIRITTO

2.1 ricorsi sono manifestamente infondati e devono essere dichiarati
inammissibili perché basati su motivi non consentiti nel giudizio di
legittimità.
2.2 I motivi , avendo caratteristiche comuni ,possono essere trattati
unitariamente, espungendo quelle argomentazioni che riguardano
censure in fatto , sicuramente inammissibili in questa sede.
Le censure che riguardano l’associazione a delinquere, si articolano
principalmente su tre elementi comuni : a) la brevità delle
investigazioni che non può dar ragione di una comprovata attività
associativa; b) l’aver ritenuto di poter provare la condotta illecita
associativa attraverso i fotogrammi , che però attestano soltanto singole
cessioni di droga; c) l’aver desunto l’esistenza dell’associazione dalla
ripetitività degli episodi di spaccio.
2.3 Orbene, anche a voler prescindere dal carattere di assoluta genericità
delle argomentazioni addotte per giustificare le impugnazioni, che
rendono i motivi inammissibili perché, secondo il disposto dell’art.581
cod.proc.pen., i motivi devono contenere l’indicazione specifica delle
ragioni di diritto e degli elementi di fatto che sorreggono ogni richiesta, le
censure di illogicità non trovano alcun fondamento reale nel testo della
motivazione della sentenza.II provvedimento ,infatti, affronta tutte le
questioni

dedotte dagli

imputati
6

in

ordine

alla

sussistenza

l’applicazione della pena finale e a quelli inerenti la determinazione degli

dell’associazione e le risolve

fornendo dell’associazione un quadro

esaustivo, ricondotto ai principi giurisprudenziali fissati da questa Corte ,
logicamente motivato. La sentenza impugnata,da pag. 36 in poi, dopo
aver richiamato i passi principali della sentenza di primo grado che si
condividevano , motiva sull’esistenza dell ‘ associazione , collocandola in
un preciso ambito spaziale, il quartiere Ziza di Palermo ,nel
quadrilatelatero costituito dalle vie Regina Bianca,Cabrera, De Perche Re

e permanente base logistica e di copertura per lo smercio illegale,
perchè gli adepti utilizzavano tutte le risorse
occasionali

rudimentali ed

,assai efficaci, offerte dalla strada per ottimizzare il

commercio e una dotazione strutturale , minima ma efficace, quale i
ciclomotori in uso alle “vedette” ed ad alcuni spacciatori. In tal modo era
stato organizzato nel quadrilatero un mercatino dello stupefacente
all’aperto ,quest’ultimo attestato dalla pletora di sequestri di stupefacenti
sequestrati (vedi pag.39), dalla conoscenza del mercatino e delle sue
regole da parte di numerosi tossicodipendenti esaminati,dai reiterati
arresti in flagranza operati dalla Polizia in loco.
2.4 E’ stata, inoltre, ben documentata , attraverso le videoriprese ,
l’alternanza di due gruppi di spacciatori ,nelle vie Regina Bianca
( Verdone,Fernandez, Catalano, Macchi,La Corte) e Re Tancredi ( i due
Galgano e Chiovaro) ,che operavano nello spaccio con una sincronica
metodicità, secondo giorni ed orari prestabiliti, senza mai accavallarsi nei
turni di lavoro.I giudici ne hanno tratto la convinzione, logica e razionale,
che a monte di tale attività vi fosse una regia organizzativa, rispettata e
condivisa,non potendosi attribuire tale sistematicità al caso e che
necessariamente la suddivisione dei compiti nell’illecita attività e la non
belligeranza tra i gruppi coordinati dovesse essere necessariamente da
attribuire ad un unico vertice organizzativo, deduzione riscontrata anche
dall’osservazione sul campo che , nel momento del bisogno, quando si
verificavano gli interventi della Polizia, ciascuno dei due gruppi sconfinava
nella zona di influenza dell’altro , con utilizzo in via esclusiva dello stesso
territorio a giorni alterni.
2.5 Dalle pagine 42 e seguenti la Corte da atto dell’affectio societatis

7

Tancredi, che nella ricostruzione fattane dalla Corte costituisce l’esclusiva

che anima i diversi adepti all’organizzazione, fornendo un quadro assai
dettagliato delle modalità di azione che caratterizzano i singoli momenti
topici dell’illecita attività, quale i rapporti con i tossicodipendenti e la
raccolta del denaro, con la specifica confutazioni ,quantomai convincente,
che la tesi difensiva che i comportamenti videoregistati potessero riferirsi
ad una riffa organizzata da Verdone ,non era coerente con quanto
documentato dalle telecamere.
la

complessiva disamina delle emergenze probatorie, documenta lo stabile
sfruttamento di una porzione di terrotorio cittadino, al fine di predisporre
una serie indefinita di cessioni di droga, e quindi al fine dell’installazione
ivi di un mercato permanente,da parte di un gruppo organizzato di
soggetti, che agivano in modo coordinato e sotto una direzione
verticistica , sfruttando il fatto di risiedere ivi stabilmente i correi
agivano ,infatti, in piena sintonia tra loro,nella consapevolezza l’uno
dell’altro delle loro illegali attività, cementata dall’affectio societatis,
innestata a sua volta sulla diuturna frequentazione, sulla personale
amicizia derivata dalla comune e risalente nel tempo residenza nei luoghi
e sulla consolidata reiterazione di affari criminali.”
2.7 A fronte delle ben argomentate conclusioni, di non equivoco
significato, le censure si dimostrano assai poco efficaci perché tentano di
svilire la portata probatoria delle acquisizioni visive ,dimenticando,
peraltro, che le stesse sono supportate dalle relazioni di osservazione
predisposte dagli investigatori , anch’essi contestualmente presenti nei
luoghi dello spaccio, che formulano una ricostruzione immediata e
ragionata di quanto la videoripresa cattura solo in parte.Rileva
,comunque, che i tre ricorsi, sono unanimemente diretti ad avvalorare
una lettura alternativa del materiale probatorio acquisito e che tale tipo si
impugnazione è generica ed inammissibile perchè non tiene conto dei
limiti del giudizio di legittimità.E’ stato,infatti, già evidenziato che

“AI

giudice di legittimità resta, infatti, preclusa, in sede di controllo sulla
motivazione, la pura e semplice rilettura degli elementi di fatto posti a
fondamento della decisione o l’autonoma adozione di nuovi e diversi
parametri di ricostruzione e valutazione dei fatti, preferiti a quelli adottati

8

2.6 La Corte conclude la convicente disamina affermando che ”

dal giudice di merito, perché ritenuti maggiormente plausibili o dotati di
una migliore capacità esplicativa. Queste operazioni trasformerebbero,
infatti, la corte nell’ennesimo giudice del fatto e le impedirebbero di
svolgere la peculiare funzione assegnatale dal legislatore di organo
deputato a controllare che la motivazione dei provvedimenti adottati dai
giudici di merito (a cui le parti non prestino autonomamente
acquiescenza) rispetti sempre uno standard di intrinseca razionalità e di

giungere alla decisione”.
2.8 Manifestamente infondato è il motivo di ricorso sull’entità della pena
formulato da Verdone che àncora la censura alla tenuità dell’imputazione
sub c): la Corte,infatti, ha parametrato la pericolosità dell’imputato in
ragione del dell’autorevole ruolo di coordinatore del sodalizio svolto da
Verdone , della continuità nell’attività illecita e nelle plurime condanne
già subbite per fatti analoghi.
2.9 Manifestamente infondata è anche la censura di Macchi circa l’
omessa motivazione sulla quantificazione della continuazione. La Corte
ha specificamente richiamato, a motivo della dosimetria della pena per la
continuazione la complessa ed esaustiva motivazione formulata per
stabilire la pena base.
2.10 Inammssibile è ,infine, la censura di Catalano circa il mancato
riconoscimento delle attenuanti generiche: la Corte ha infatti motivato
tale mancato riconoscimento con il ruolo di rilievo assunto da Catalano
nell’ambito dell’associazione ,tale da compensare l’assenza di pregiudizi
penali . Quanto alla pena edittale é noto che nessuna censura può
muoversi all’esercizio del potere discrezionale di commisurazione se
adeguatamente motivato e l’ampia e congrua motivazione in punto di
pericolosità del Catalano, quale attestata dai molteplici elementi che non
si esauriscono nel solo ruolo assunto nell’organizzazione criminale, già di
per sé stigmatizzante, non merita censure.
3. ai sensi dell’articolo 616 cod. proc. pen., con il provvedimento che
dichiara inammissibile il ricorso, l’imputato che lo ha proposto deve
essere condannato al pagamento delle spese del procedimento, nonché ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa di

9

capacità di rappresentare e spiegare l’iter logico seguito dal giudice per

inammissibilità – al versamento a favore della Cassa delle ammende di
una somma che, alla luce del dictum della Corte costituzionale nella
sentenza n. 186 del 2000, sussistendo profili di colpa, si stima equo
determinare in euro 1.000,00 (mille/00).

P.Q.M.

ricorsi e condanna i

ricorrenti

al

pagamento delle spese processuali e al versamento della somma di
euro mille , ciascuno, alla Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 15 maggio 2013

Il Cons

or›.—

Il Pr idente

i
Dichiara inammissibile i

Sostieni LaLeggepertutti.it

La pandemia ha colpito duramente anche il settore giornalistico. La pubblicità, di cui si nutre l’informazione online, è in forte calo, con perdite di oltre il 70%. Ma, a differenza degli altri comparti, i giornali online non ricevuto alcun sostegno da parte dello Stato. Per salvare l'informazione libera e gratuita, ti chiediamo un sostegno, una piccola donazione che ci consenta di mantenere in vita il nostro giornale. Questo ci permetterà di esistere anche dopo la pandemia, per offrirti un servizio sempre aggiornato e professionale. Diventa sostenitore clicca qui

LEGGI ANCHE



NEWSLETTER

Iscriviti per rimanere sempre informato e aggiornato.

CERCA CODICI ANNOTATI

CERCA SENTENZA