Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35676 del 07/05/2013


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Penale Sent. Sez. 2 Num. 35676 Anno 2013
Presidente: ESPOSITO ANTONIO
Relatore: DE CRESCIENZO UGO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
BRUNI FABIO N. IL 22/05/1974
avverso la sentenza n. 2136/2010 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 14/10/2011
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/05/2013 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. UGO DE CRESCIENZO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott. c_. –tiY”- Cc7. .2676-4,
che ha concluso per

Udito, per la parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv. A”
f

ie33 -62,

S /9

,

Data Udienza: 07/05/2013

MOTIVI DELLA DECISIONE

t.

BRUNI Fabio, tramite il difensore, ricorre per Cassazione avverso la
sentenza 14.10.2011 con la quale la Corte d’Appello di L’Aquila,
parzialmente riformando la decisione 12.3.2010 del Tribunale di Teramo, lo
ha condannato alla pena di anni due, mesi tre di reclusione e 600,00 € di
multa per la violazione degli ara. 648; 61 n. 2, 640 cp (fatti commessi il
30.10.2006), revocando nel contempo il beneficio della sospensione
condizionale della pena concesso con le sentenze del Tribunale di Teramo
del 23.3.2005, 24.3.2006, 7.7.2006.
La difesa richiede l’annullamento della sentenza deducendo:
§1.) ex art. 606 I^ comma lett. B) cpp, l’erronea applicazione degli artt. 42,
43, 640 e 640 cp, mancando la prova dell’elemento soggettivo dei reati
ascritti. In particolare la difesa dell’imputato sostiene che la mancanza
dell’elemento psicologico del delitto di ricettazione è provata dal fatto che il
prevenuto ha speso l’assegno ricettato facendo uso del proprio documento di
identità, così ponendosi nelle condizioni di poter essere facilmente
riconosciuto dal prenditore del titolo di credito. La circostanza di fatto
secondo la difesa, induce a ritenere che non sussiste neppure la prova di un
dolo eventuale di ricettazione che deve essere altrimenti provato. Con
riferimento al delitto di truffa, la difesa sostiene che manca la prova
dell’elemento materiale del reato, mancando la prova degli artifici e dei
raggiri, superati proprio dalla circostanza che il BRUNI, spendendo il titolo
di credito aveva mostrato i propri documenti, richiedendo di poter
“monetizzare” il titolo di credito, perchè le banche quel giorno erano chiuse.
La difesa sostiene inoltre che la mancanza della prova del delitto di
ricettazione elide anche la possibilità di rinvenire la volontà dell’imputato di
commettere la ulteriore truffa. La difesa sostiene infine che l’imputato non
poteva essere condannato per il delitto di truffa, mancando la querela della
persona offesa
§2.) ex art. 606 I^ comma lett. C) cpp, violazione delle norme relative alle
modalità di riconoscimento fotografico dell’imputato. In particolare la
difesa sostiene l’invalidità dell’atto di riconoscimento fotografico effettuato
dalla persona offesa, perchè a questa è stata esibita inizialmente la sola
fotografia che rappresentava le sembianze dell’imputato e solo
successivamente un album fotografico contenente altre fotografie.
§3.) ex art. 606 i^ comma lett. E) cpp, vizio di motivazione, perchè il
procedimento argomentativo seguito dal Tribunale e dalla Corte d’Appello è
palesemente illogico trascurando elementi di pacifica rilevanza in fatto.
La difesa conclusivamene richiede, in subordine che venga riconosciuta la
attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cp in considerazione della entità modesta
dell’importo degli assegni ricettati.

,
t.

RITENUTO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso può essere accolto solo parzialmente. La Corte
territoriale ha affermato che il possesso, il riempimento e la spendita dei due
assegni di provenienza delittuosa è pacifica, aggiungendo che l’imputato
non ha fornito alcuna giustificazione in ordine alla provenienza dei titoli. Ad
avviso della Corte d’Appello la circostanza suddetta è idonea a fornire la
prova della consapevolezza dell’imputato dell’illecita provenienza degli
assegni all’atto della loro ricezione, venendo così integrato in tutti i suoi
elementi il delitto di ricettazione. La Corte d’Appello ha affermato che la
mancata giustificazione della provenienza degli assegni, ai fini della prova
dell’elemento psicologico del delitto di ricettazione, non èloro superata dal
fatto della successiva spendita con contestuale uso del proprio documento
di identità.
La motivazione è adeguata sul piano della completezza e della logica. In
diritto va osservato che la prova dell’elemento psicologico del delitto di
ricettazione ben può essere desunta dalla circostanza che l’imputato non
fornisca chiarimenti in ordine alle modalità attraverso alle quali è entrato in
possesso del bene di illecita provenienza. Tale atteggiamento, lungi dal
costituire un rovesciamento dell’onere della prova, costituisce mezzo
utilizzabile ai fini della dimostrazione del dolo del delitto in esame,
apparendo evidente che l’imputato non chiarendo la circostanza
(potenzialmente utile per giustificare la propria estraneità al delitto
contestato), non consente di valutare altrimenti la propria condotta. Non
possono trovare accoglimento le censure formulate in ordine alla
insussistenza del delitto di truffa. La difesa nella specie si limita a formulare
delle mere considerazioni di fatto che esulano dal solco tracciato dall’art.
606 I^ comma lett. E) cpp e nel contempo non dimostrano che la Corte
d’Appello sia incorsa in un’erronea interpretazione dell’art. 640 cp.
Va per contro accolta la doglianza relativa alla improcedibilità del delitto di
truffa per mancanza di querela, essendo erronea in diritto l’affermazione che
nella specie si tratterebbe di un reato perseguibile a querela di ufficio
essendo stata contestata una circostanza aggravante.
A tal proposito va osservato che l’ultimo comma dell’art. 640 cp, rende il
delitto di truffa perseguibile di ufficio qualora l’azione delittuosa sia
caratterizzato da una circostanza aggravante che, nella specie è
rappresentata dall’art. 61 n. 2 cp, avendo l’accusa ravvisato un nesso
teleologico tra il delitto di truffa e l’antecedente delitto di ricettazione.
Dalla lettura del capo di imputazione si evince che il delitto di truffa sarebbe
stato strumentale al conseguimento del profitto del delitto di ricettazione.
La costruzione giuridica formulata nel capo di imputazione non può essere
condivisa. Il delitto di ricettazione si perfeziona in tutti i suoi elementi
attraverso la consapevole ricezione di un bene di illecita provenienza con
conseguente realizzo di un profitto (che può essere sia di natura
patrimoniale che di semplice soddisfazione morale) per l’autore del reato o
di terzi, proprio attraverso l’atto materiale della ricezione del bene.
Pertanto per la realizzazione del profitto della ricettazione non è necessario
il compimento di ulteriori azioni (lecite o illecite) una volta che l’autore
abbia conseguito la disponibilità del bene di illecita provenienza.
Di qui discende che la contestazione dell’aggravante comune di cui all’art.
61 n. 2 cp correlata al successivo delitto di truffa, lega eziologicamente
quest’ultimo al reato di ricettazione in modo errato, essendo per contro

,

Per le suddette considerazioni va parzialmente accolto il primo motivo di
ricorso e conseguentemente la sentenza va annullata senza rinvio
limitatamente al solo delitto di truffa così come contestato, perchè, esclusa
l’aggravante di cui all’art. 61 n. 2 cp, l’azione penale non poteva essere
iniziata per mancanza di querela; va quindi eliminata la relativa pena inflitta
in continuazione per tale reato nella misura di mesi tre di reclusione e € 150
di multa.
I restanti motivi vanno invece dichiarati inammissibili.

P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata limitatamente al reato così come
contestato di truffa aggravata perchè l’azione penale non poteva essere
iniziata per mancanza di querela, ed elimina la relativa pena inflitta in
continuazione per tale reato di mesi tre di reclusione ed € 150,00 di multa.
Dichiara inammissibile nel resto il ricorso
Così deciso in Roma i 7.5.2013

evidente la strumentalità della ricettazione ai fini della commissione della
truffa susseguente.
Pertanto l’aggravante di cui all’art. 61 n. 2 cp avrebbe dovuto essere
contestata con riferimento alla condotta di ricettazione che è stata realizzata
con il fine della commissione del successivo reato di truffa.
L’erronea contestazione dell’aggravante nel capo B) dell’imputazione ne
impone la sua esclusione così da ricondurre il delitto di truffa all’ipotesi
della sua perseguibilità a querela della persona offesa, che appare
mancante.
Sotto questo profilo il primo motivo va quindi parzialmente accolto con gli
effetti di cui infra.
Il secondo motivo di ricorso è inammissibile. L’individuazione fotografica
di un soggetto effettuata dalla Polizia giudiziaria costituisce una prova
atipica la cui affidabilità non deriva dal riconoscimento in sè, ma dalla
credibilità della deposizione di chi, avendo esaminato la fotografia, si dica
certo della sua identificazione [Cass. Sez VI 27.11.2012 n. 49758]. Nella
specie è pertanto ininfluente l’ordine con il quale sono state mostrate le
fotografie al testimone di cui non è stata posta in discussione la sua
credibilità e attendibilità, posto che il testimone DI GIULIO (come si evince
dalla sentenza del tribunale) già conosceva l’imputato essendo un suo
cliente.
Va infine osservato che la richiesta di riconoscimento dell’attenuante di cui
all’art. 62 n. 4 cp è inammissibile involgendo un giudizio di merito, peraltro
specificamente esaurito dalla stessa Corte territoriale che ha escluso che il
danno patrimoniale cagionato alle persone offese potesse essere ritenuto di
speciale tenutità: si tratta di una valutazione di merito, che, atteso l’importo
degli assegni illecitamente negoziati, è insuscettibile di sindacato in sede di
legittimità.

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