Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35675 del 14/05/2015
Penale Sent. Sez. 6 Num. 35675 Anno 2015
Presidente: IPPOLITO FRANCESCO
Relatore: MOGINI STEFANO
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
Data Udienza: 14/05/2015
REGISTRe [
PARTINI GIANLUIGI ANTONINO, nato a Catania il 24.6.1986
avverso la sentenza emessa nei suoi confronti dalla Corte d’Appello di Catania il 26
novembre 2014;
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del consigliere Dott. Stefano Mogini;
udito il sostituto procuratore generale Francesco Mauro Iacoviello, che ha concluso
chiedendo il rigetto del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. Con la sentenza in epigrafe la Corte d’Appello di Catania ha, giudicando su rinvio di
questa Corte, confermato la sentenza pronunciata dal G.I.P. del Tribunale di Catania nei
confronti di Partini Gianluigi Antonino relativamente al delitto di cui agli artt. 12 quinquies,
comma 2, D.L. 306/1992, aggravato ai sensi dell’art. 7 L. 203/1991 dalla finalità di agevolare
GENERALE [
N. 4230/15 [
l’attività dell’associazione di stampo mafioso denominata “Mussi i ficurinia”, a lui contestato al
capo P1) dell’imputazione.
2. Partini Gianluigi Antonino ricorre tramite il suo difensore di fiducia avverso la sentenza in
epigrafe, deducendo con separati motivi di ricorso vizi di motivazione e erronea applicazione
della legge penale con riferimento agli artt. 12 quinquies, comma 2, D.L. 306/1992 e 629 c.p.,
per avere la Corte territoriale illogicamente ritenuto nella condotta accertata a carico del
ricorrente entrambe le fattispecie richiamate. Secondo la prospettazione del ricorrente, egli
capocosca Laudani Giuseppe – sottoposto all’applicazione della misura della sorveglianza
speciale e mosso dal fine di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione
– bensì come frutto dell’attività estorsiva da lui posta in essere, in concorso, tra gli altri, con lo
stesso Laudani, in danno di Pappalardo Antonio, condotta per la quale è stato definitivamente
condannato in questo stesso processo, sicché nello sviluppo di tale condotta non si rinvengono
i caratteri della sopra citata fattispecie di attribuzione fittizia.
Considerato in diritto
1. Entrambi i motivi di ricorso sono privi di pregio. La sentenza impugnata giustifica in
modo puntuale, esauriente ed immune da vizi logici e giuridici, con preciso riferimento alle
emergenze probatorie (tra le altre, le dichiarazioni dello stesso Laudani Giuseppe, che ha
confermato sia la riconducibilità a sé medesimo della proprietà delle automobili provento
dell’estorsione alla quale lui stesso aveva partecipato, sia la formale intestazione di quegli
automezzi ai sodali, tra i quali il ricorrente), che in definitiva il Partini si è volontariamente
intestato l’autovettura Smart di proprietà del Laudani, il quale l’aveva acquisita, con il concorso
dello stesso ricorrente, mediante condotta estorsiva in danno di Pappalardo Antonio, al fine di
eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione e di agevolare la cosca
“Mussi i firicunia” (diretta dal Laudani), che di quella vettura si avvaleva per la realizzazione
delle proprie attività criminali. Del tutto corretta appare dunque la ritenuta responsabilità del
ricorrente in ordine al reato di cui all’art. 12 quinquies, comma 2, D.L. 306/1992 a lui
contestato al capo P1) della rubrica. Al rigetto del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616
c.p.p., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 14 maggio 2015.
avrebbe ottenuto l’intestazione dell’autovettura di cui al capo P1) dell’imputazione non già dal