Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35670 del 07/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35670 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
TAME’ ENRICO N. IL 29/07/1946
avverso la sentenza n. 4544/2013 CORTE APPELLO di MILANO, del
14/11/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
Ud.
che ha concluso per

i_Jdite-rperla parte civile, l’Avv
Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 07/04/2014

udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Pietro Gaeta, che
ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore della ricorrente, avv. Andrea Bazzani, che ha
concluso per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1. La Corte d’Appello di Milano, con sentenza in data 14.11.2013,
confermava la sentenza del 9.1.2013 del G.u.p. del Tribunale di Milano
con la quale Tamè Enrico era stato riconosciuto colpevole, in concorso con

di ricettazione di carte di circolazione e di falsi documentali e condannato
alla pena di anni cinque e mesi dieci di reclusione ed € 800,00 di multa,
oltre alle pene accessorie.
2.Avverso tale sentenza l’imputato, a mezzo del proprio difensore, ha
proposto ricorso per Cassazione affidato ad un unico motivo, con il quale
lamenta il vizio di violazione di legge di cui all’art. 606, primo comma,
lett. b) c.p.p., in relazione al delitto di tentato furto contestato al capo G),
atteso che il ricorrente ha richiesto i duplicati delle chiavi e dei
radiocomandi di vetture che, tuttavia, non sono stati oggetto di furto,
sicchè la semplice richiesta non appare diretta in modo univoco al delitto
contestato; inoltre, non vi è prova che tali chiavi, non rinvenute
all’interno degli appartamenti, fossero destinate all’utilizzo in tempi
migliori; il ricorrente, invero, cambiò idea sui furti per una serie di ragioni
che non incidono sulla configurabilità, o meno, della fattispecie.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile, siccome manifestamente infondato.
1. L’imputato ha limitato l’impugnazione al solo capo G), ossia al
tentativo di furto di cinque autovetture BMW X 6 , adducendo che l’aver
ottenuto – attraverso l’esibizione ai concessionari di falsi documenti di
identità e di circolazione – i duplicati delle chiavi e dei radiocomandi per
l’apertura eg afravviamento delle predette auto, non costituisce atto
idoneo diretto in modo non equivoco ad impossessarsi di esse, avendo,
comunque, cambiato idea in proposito. Sul punto la sentenza impugnata
ha ribadito quanto evidenziato dal giudice di prime cure, ossia che l’aver
ottenuto il duplicato delle chiavi delle auto dai concessionari,
presentando carte di circolazione e carte di identità, i cui dati erano
riferibili all’imputato (oltre che al correo) costituisce, invece, atto idoneo
diretto in modo non equivoco ad impossessarsi dei veicoli in questione.
2. Specificamente il delitto in esame si innesta nell’ambito di una
serialità di condotte illecite poste in essere dall’imputato, riscontrata nei
1

Gaffuri Gianluca, di una serie di furti e tentativi di furto di autovetture,

I

delitti consumati, consistente nell’ottenimento, con uniformi modalità
operative, dalle concessionarie, tramite falsi documenti, del duplicato
delle chiavi di auto di grossa cilindrata, di elevato valore economico, e
quindi nel successivo impossessamento e conseguente riciclaggio di esse;
inoltre la circostanza che il furto non sia avvenuto nell’immediatezza del
rilascio delle chiavi non appare significativa di una desistenza volontaria
dal proposito criminoso, atteso che in altro caso di furto consumato
ascritto all’imputato, tra il rilascio del duplicato della chiave e

tale ragionamento l’imputato non svolge specifiche censure, limitandosi a
riproporre i temi già enunciati nell’atto di appello, non confrontandosi
appunto con la sentenza impugnata.
3. La Corte di merito ha correttamente applicato i principi che
regolano il delitto tentato, ritenendo che l’acquisizione del duplicato delle
chiavi delle autovetture di grossa cilindrata di riferimento, attraverso i
falsi indicati, è atto avente “capacità causale”, ossia suscettibile di
produrre l’evento che rende consumato il delitto di furto delle auto, così
come avvenuto negli altri episodi seriali per i quali l’imputato è stato
condannato. Nel tentativo, l’idoneità degli atti va considerata in
concreto, con riferimento, cioè, all’evento che effettivamente l’agente si
riprometteva di raggiungere, così come l’univocità va desunta dal modo
con cui gli atti sono stati compiuti, dal comportamento dell’agente, sicché
possa escludersi ogni dubbio che l’autore, superate le fasi dell’ideazione e
della preparazione, abbia dato inizio alla fase esecutiva senza, tuttavia,
riuscire a portarla a compimento per causa estranea alla sua volontà
(Sez 2,n. 10574 del 26/03/1987).
4. Nel caso di specie, invero, come detto, la metodica utilizzata, del
tutto sovrapponibile a quella di esecuzione dei molteplici furti consumati
dall’imputato, non fa sorgere dubbi sul fatto che le chiavi ottenute
fossero destinate all’impossessamento delle auto alle quali tali chiavi si
riferivano ed esclude nel contempo la ricorrenza della desistenza. In
tema di desistenza dal delitto, benché la volontarietà non igt„essere
intesa come spontaneità, la decisione di interrompere l’azione non deve
risultare necessitata (Sez. II, 05/04/2013, n. 18385) e la rinuncia a
portare a termine il furto deve dipendere dalla determinazione dell’agente
( Sez. V, 28/01/2013, n. 13293). Nella fattispecie in esame, invece, non
si ravvisano tali condizioni, condividendosi le argomentazioni del tutto
logiche della sentenza impugnata, non seriamente contestate, circa il
mancato impossessamento delle auto nell’immediatezza, ascrivibile

2

l’impossessamento è intercorso un periodo di quattro mesi. A fronte di

fisiologicamente alla “catena” nella quale si sono innestati i furti che
vedeva quale terminale necessario il riciclatore al quale vendere le auto e
che anche in altri furti consumati dall’imputato ha determinato un
rallentamento quanto ai tempi (4 mesi circa).
5.Alla declaratoria di inammissibilità segue per legge la condanna del
ricorrente al pagamento delle spese processuali, nonché, trattandosi di

causa di inammissibilità riconducibile a’ colpa del ricorrente, al
versamento, a favore della cassa delle ammende, di una somma che si

c.p.p..
p.q.m.
dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al
pagamento delle spese processuali e della somma di euro 1000,00 in
favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 7.4.2014

ritiene equo e congruo determinare in Euro 1000,00, ai sensi dell’art. 616

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