Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35666 del 07/04/2014


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Penale Sent. Sez. 5 Num. 35666 Anno 2014
Presidente: OLDI PAOLO
Relatore: PEZZULLO ROSA

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
SARCHIOPANE CAMILLO N. IL 11/11/1950
avverso la sentenza n. 2585/2007 CORTE APPELLO di L’AQUILA,
del 07/01/2013
visti gli atti, la sentenza e il ricorso
udita in PUBBLICA UDIENZA del 07/04/2014 la relazione fatta dal
Consigliere Dott. ROSA PEZZULLO
Udito il Procuratore Generale in persona del Dott.

Udit i difensor Avv.

Data Udienza: 07/04/2014

udito il Procuratore Generale, in persona del Dott. Pietro Gaeta, che ha
concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore della ricorrente, avv. Pierluigi De Virgiliis, che ha concluso
per l’accoglimento del ricorso
RITENUTO IN FATTO
1.

Il Tribunale di Pescara, con sentenza del 16.6.2006 dichiarava

Sarchiopane Camillo colpevole del reato di cui agli artt. 582, 583 e 585 c.p.,
perché colpendo con uno strumento da taglio Recchia Modestino cagionava allo

viso, condannandolo alla pena di anni otto e mesi sei di reclusione, oltre alle
pene accessorie ed al risarcimento danni in favore della parte civile, da
liquidarsi in separata sede, con una provvisionale di C 6000,00.
2. La Corte d’Appello di L’Aquila, con sentenza in data 7.1.2013, in parziale
riforma della sentenza di primo grado, rideterminava la pena nei confronti del
Sarchiopane, esclusa la continuazione, in anni sei e mesi sei di reclusione,
confermando nel resto la sentenza impugnata.
3. Avverso tale sentenza l’imputato, a mezzo del suo difensore, ha proposto
ricorso per Cassazione, affidato ad un unico motivo, con il quale lamenta la
violazione dell’art. 192 c.p.p. e la manifesta illogicità della sentenza impugnata,
atteso che: la Corte di merito non ha specificamente argomentato in merito
alla valenza del materiale probatorio raccolto, poggiando tutto l’impianto
accusatorio sulle sole dichiarazioni della persona offesa, costituita parte civile,
che prestano il fianco a varie critiche, specie sotto il profilo della credibilità;
che i riscontri alla versione dei fatti della persona offesa, costituiti dalle
dichiarazioni dei due testi, non appaiono significativi posto che tali testi in
realtà non hanno neppure assistito ai fatti; che l’ordinanza di revoca della
perizia è illegittima, atteso che

è stata pronunciata sulla base del

comportamento censurabile della persona offesa, che non si recava nel luogo e
nell’ora dove il perito aveva stabilito di eseguire le operazioni peritali; che la
perizia disposta dalla Corte territoriale rivestiva, invece, importanza
fondamentale, posto che lo sfregio permanente andava ad incidere sulla pena
da irrogare, che nel caso di specie è stata particolarmente elevata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso non merita accoglimento.
1.11 motivo di ricorso nella parte in cui mette in discussione il giudizio di
responsabilità dell’imputato per l’inattendibilità della persona offesa, costituitasi
parte civile, è inammissibile. Ed invero, la deduzione in questione si presenta
del tutto generica, non risultando ancorata a precisi elementi a sostegno
dell’assunto, in violazione del principio, secondo cui la valutazione della
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stesso lesioni personali multiple, gravissime quanto allo sfregio permanente al

credibilità della persona offesa rappresenta una questione di fatto, che non può
essere rivalutata in sede di legittimità, salvo che il giudice sia incorso in
manifeste contraddizioni (Sez. I, n. 33267 del 11.6.2013). Orbene, nel caso in
esame, le sentenze di merito hanno fornito logica, congrua ed adeguata
motivazione in ordine alle ragioni per le quali le dichiarazioni della persona
offesa, in uno alle dichiarazioni dei testi escussi hanno determinato il giudizio
di responsabilità dell’imputato. Il giudice a quo, in linea con i principi affermati
da questa Corte – secondo i quali le dichiarazioni della persona offesa possono

penale responsabilità dell’imputato, previa verifica, corredata da idonea
motivazione, della credibilità soggettiva del dichiarante e dell’attendibilità
intrinseca del suo racconto, che, peraltro, deve, in tal caso, essere più
penetrante e rigorosa rispetto a quella cui vengono sottoposte le dichiarazioni
di qualsiasi testimone (Sez. U., n. 41461 del 19.7.2012)- ha adempiuto
all’onere di valutazione, senza incorrere in vizi, considerando specificamente la
coerenza delle dichiarazioni della persona offesa, precise e lineari e, dunque,
intrinsecamente credibili, che hanno trovato validi riscontri nelle dichiarazioni
degli altri testi escussi.
In particolare, la sentenza impugnata ha dato atto, senza che ciò risulti
contraddetto dall’imputato nel ricorso in esame: che la colluttazione avvenuta
tra il Sarchiopane e la p.o. Recchia Modestino, avvenuta con le modalità di
tempo e di luogo indicate da quest’ultimo, ha trovato conferma nelle
dichiarazioni dei testi Giangiacomo, Ferrarini, Balzano e Navelli; che la
circostanza relativa alle gravi ferite al volto ricevute dal Recchia, ad opera del
Sarchiopane, ha trovato conferma nelle dichiarazioni del teste Giangiacomo
particolarmente attendibile in quanto presente all’accaduto, il quale notava che
dopo la colluttazione il Recchia sanguinava dal viso, nelle dichiarazioni del teste
Ferrarini, pure presente al fatto, nelle dichiarazioni degli ispettori Balzano e
Navelli della P.S., stante le tracce di sangue rinvenute sul lato guida
dell’autovettura, con il quale il Recchia si allontanò dal distributore di
carburante dopo la colluttazione, per recarsi a casa, oltre a quelle rinvenute in
strada e sui gradini dell’abitazione del predetto.
2. Infondata si presenta la doglianza contenuta nella seconda parte del
motivo di ricorso, relativa alli illegittima revoca dell’ordinanza, con la quale era
stata disposta la perizia medica sulla persona del Recchia.
Giova innanzitutto richiamare i principi espressi da questa Corte secondo i
quali la perizia è mezzo di prova neutro ed è sottratta al potere dispositivo
delle parti, che possono attuare il diritto alla prova anche attraverso proprie
consulenze. La sua assunzione è, pertanto, rimessa al potere discrezionale del
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anche da sole essere poste legittimamente a fondamento dell’affermazione di

giudice e non è riconducibile al concetto di prova decisiva, con la conseguenza
che il relativo diniego- così come la revoca di essa- in quanto giudizio di fatto,
è insindacabile in sede di legittimità, anche ai sensi dell’art. 606 c.p.p., lett. e)
c.p.p. (Sez. 4, n. 14130/2007, ced 236191; Sez. 6, n. 37033/2003 ced
228406; Sez. 5, n. 12027/1999, ced 214873; Sez. 3, n. 13086/1998 ced
212187; Sez. VI 25/11/2008 n. 48379). Inoltre, qualora il giudice dichiari
chiusa la fase istruttoria, senza che sia stata assunta una prova in precedenza
ammessa e le parti, procedono alla discussione senza nulla rilevare in ordine

implicitamente revocata con l’acquiescenza delle parti medesime (Sez. V, n.
19262 del 06/03/2012).
Nel caso di specie la Corte territoriale aveva disposto perizia medica che
sino all’udienza del 30.6.2012 non era stata depositata; all’udienza del 7
gennaio 2013, la Corte di merito, in diversa composizione collegiale – senza
disporre alcunchè in merito alla perizia e senza che il difensore dell’imputato
nulla deducesse in proposito, limitandosi a riportare ai motivi di appello,
chiedendone l’accoglimento -decideva l’impugnazione. In tale contesto, deve
senz’altro ritenersi che l’imputato, che nulla ha dedotto in sede di conclusioni,
abbia prestato acquiescenza alla decisione della Corte di soprassedere sulla
perizia, per cui, a fronte di tale atteggiamento non può dolersi in questa sede
della decisione assunta dalla Corte di merito.
3.11 ricorso, pertanto, va rigettato ed il ricorrente va condannato al
pagamento delle spese processuali
p.q.m.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese
processuali.
Così deciso il 7.4.2014

alla incompletezza dell’istruzione, la prova in questione deve ritenersi

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