Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35660 del 27/06/2018

Penale Sent. Sez. 2 Num. 35660 Anno 2018
Presidente: DIOTALLEVI GIOVANNI
Relatore: DI PISA FABIO

SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
A.A.
G.G.
B.B.

avverso l’ordinanza del 23/03/2018 del TRIB. LIBERTA’ di RIMINI
udita la relazione svolta dal Consigliere FABIO DI PISA;
sentite le conclusioni del PG LUIGI CUOMO il quale ha concluso per l’annullamento con rinvio
limitatamente alla specificazione del quantum;
udito il difensore Avvocato CANCELLIERE GIUSEPPE il quale ha concluso per l’accoglimento
dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO

1. Il Giudice per le indagini preliminari di Rimini, con decreto in data 03/02/2018, disponeva:
– il sequestro preventivo funzionale alla confisca per equivalente sino alli ammontare di euro
2.197.440,00 nei confronti di A.A. indagato per avere utilizzato fatture per operazioni
inesistenti, emesse nell’anno 2011 dalla ditta Lugo Montaggi, per una somma totale pari ad C.
4.159.000,00 ed IVA indetraibile pari ad C. 415.900,00, al fine di evadere le imposte sui redditi
per C. 1.781.540.00 e sull’ IVA per C 415.900,00 per il periodo di imposta 2011 con termine
per la dichiarazione dei redditi al 26/09/2012 (capo a) nonché per intestazione fittizia di quote
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Data Udienza: 27/06/2018

societarie per un valore nominale di euro 20.000,00  in concorso con G.G. (capo b); – il
sequestro preventivo ex art. 321 comma 1 cod. proc. pen. del 100% delle quote societarie
della XX Investimenti s.r.l. nonché della Gruppo XX Holding s.r.l. intestate alla predetta
G.G. coindagata per il menzionato reato di cui al capo b); – il sequestro preventivo
diretto o per equivalente pari ad euro 176.000,00 nei confronti di F.F. indagato
per il reato di riciclaggio di denaro per una somma pari ad C. 176.000.00 accreditata da XX

1.1. Il Tribunale di Rimini, in parziale accoglimento dell’ istanza di riesame proposta dagli
indagati, con ordinanza in data 23/03/2018 annullava il decreto impugnato nella parte relativa
al sequestro disposto per il capo a) dell’ imputazione “limitatamente agli importi corrispondenti
alle imposte evase (IVA indebitamente detratta ed imposte dirette) mediante l’ indicazione
nelle apposite dichiarazioni della fattura n. 39 del 31.12.2001 emessa dalla Lugo Montaggi di
Ragusa Calogera Angela”, confermando nel resto il provvedimento impugnato.
I giudici del riesame ritenevano parzialmente fondata la contestazione di ne bis in idem
formulata da A.A. già rinviato a giudizio dinanzi al Tribunale di Rimini per avere
utilizzato nella dichiarazione dei redditi relativa all’ anno 2011 una fattura per operazioni
ritenute oggettivamente inesistenti della ditta individuale Lugo Montaggi di Ragusa Calogera
Angela per un imponibile di euro 2.200.000,00 con evasione dell’ IVA per euro 220.000,00,
ritenendo che in relazione alle ulteriori imposte evase ed agli altri reati contestati non poteva
escludersi la sussistenza del

fumus commissi delicti e che le complessive emergenze

processuali rendevano evidente l’ esistenza di un disegno volto ad occultare un patrimonio
accumulato illecitamente sicchè era anche configurabile il requisito del

periculum in mora,

contrariamente a quanto lamentato dai ricorrenti.

2. Contro detta ordinanza A.A., G.G. e F.F. propongono, a
mezzo del medesimo difensore e con un unico atto, ricorsi per cassazione deducendo tre
motivi:
a. Violazione di legge in relazione all’ art. 321 cod. proc. pen.; violazione del principio del “ne
bis in idem”.
La difesa dei ricorrenti assume che A.A., per il medesimo fatto di cui al capo a), era
stato sottoposto ad indagini e, successivamente, rinviato a giudizio dinanzi al Tribunale di
Rimini (Proc. R.G. 4552/2014), poichè nella dichiarazione annuale dei redditi presentata nel
2012 e relativa al periodo d imposta 2011, ai fine di evadere le imposte sui redditi e sul valore
aggiunto, aveva indicato elementi passivi fittizi (costi indeducibili) per euro 6.931.000,00 parte
dei quali generavano un IVA indetraibile per 266.100,00 (imposte evase IRPEF per euro
2.973.500,00 ed IVA per euro 266.100,00), “fatti commessi in Rimini il 26/09/2012”.
Rilevavano che il Giudice per le indagini preliminari con decreto del 30/05/2015 aveva rigettato
istanza di decreto di sequestro preventivo nei confronti del XX fino alla concorrenza di euro
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Erminio sui suoi conti (capo c).

3.239.600,00 e che il predetto era stato rinviato a giudizio specificatamente per il delitto di cui
all’ art. 2 D. Lgs n. 74/2000, perché, “quale titolare della ditta individuale NEG DI A.A.” …al fine di evadere le imposte sui redditi o sul valore aggiunto, indicava elementi
passivi fittizi nella dichiarazione dei redditi annuale Mod. Unico PF 2012, inerente il periodo
d’imposta 2011, avvalendosi di una fattura per operazioni oggettivamente inesistenti emesse
dalla ditta individuale “LUGO MONTAGGI” con sede … per un importo pari ad euro
2.200.000,00, evadendo l’imposta Iva per euro 220,000 ; 00, di cui alla fattura n. 39 del

per l’anno d’imposta 2011″.
Assumono che quanto sopra dimostrava, con estrema evidenza, che nei confronti di A.A.
esisteva una palese duplicazione di procedimenti per i medesimi fatti in violazione del
divieto del “ne bis in idem” stante “praticamente” la stessa imputazione e che il Tribunale del
Riesame di Rimini, in parziale accoglimento delle doglianze lamentate, aveva solo ritenuto di
poter accogliere la tesi difensiva, limitatamente alfa fattura n. 39 del 31.12.2011 dell’importo
di C. 2.200.000,00, già soggetta a giudizio penale nel capo d’imputazione relativo al
procedimento penale n. 4552/14, non considerando che tutto il periodo d’imposta relativo
all’anno 2011 era già stato oggetto di indagini nel precedente procedimento, il quale seppure
partiva da presunte violazioni per importi ben più elevati, si concludeva, sulla scorta della
documentazione acquisita dall’Agenzia delle Entrate, nella sola contestazione relativa alla
fattura n. 39 del 2011 emessa dalla ditta Lugo Montaggi.
Ne discendeva, pertanto, che l’odierno procedimento penale quanto al capo A) relativo a A.A. – reato presupposto – verteva sugli stessi fatti: “delitto di cui all’art. 2 D. Lgs 74/00” a
carico del medesimo imputato, per il medesimo periodo d’imposta “anno 2011”, con la stessa
scadenza: “in Rimini alla data di presentazione della dichiarazione dei redditi, 26/09/2012”
mentre ciò che variava nei due procedimenti penali era l’importo delle contestazioni poiché nel
procedimento n. 4552/14 RGNR Tribunale di Rimini, il rinvio a giudizio, dopo le indagini
preliminari, aveva riguardato solo la fattura n. 39 del 2011 di C. 2.200.000,00, mentre nel
procedimento odierno n. 718/2016 RGNR Tribunale di Rimini, in fase di indagini preliminari, la
contestazione riguardava diverse fatture (n. 5 fatture già ampiamente esaminate e ritenute
“valide” nelle indagini relative al primo procedimento penale) oltre alla fattura n. 39 del 2011.
Ad avviso della difesa, quindi il provvedimento di sequestro doveva essere interamente
annullato per violazione del divieto del ne bis in idem;
b. violazione di legge in relazione all’ art. 321 cod. proc. pen.
Il difensore dei ricorrenti evidenzia che il Tribunale aveva errato nel confermare “nel resto” il
provvedimento impugnato pur riconoscendo una duplicazione dei procedimenti penali, peraltro,
non comprendendosi quale sarebbe stata la somma delle imposte evase e contestate, con la
conseguenza a prescindere dalla somma “in concreto” evasa tutti i beni del A.A. erano
sottoposti a sequestro preventivo finalizzato alla confisca;
c. violazione di legge per insussistenza del periculum in mora.
3

31/12/2011, in Rimini in data 26/09/2012, data di presentazione della dichiarazione dei redditi

Lamentano che il tribunale non aveva considerato che tale requisito era del tutto insussistente
tenuto conto della corretta condotta posta in essere dal A.A. e della circostanza che i beni
oggetto di sequestro preventivo erano già stati sottoposti a vincoli da parte dell’
Amministrazione Finanziaria;
d. violazione di legge per incompetenza del giudice adito.
Assumono che il giudice eventualmente competente ad emettere un provvedimento cautelare
era il giudice del procedimento penale pendente (R.G. 4552/2014) vale a dire Tribunale di

e. violazione di legge in relazione all’ art. 321 cod. proc. pen.
Il difensore dei ricorrenti assume che escluso il reato “presupposto”, per le ragioni anzi
cennate, non poteva operare il disposto sequestro in relazione ai reati “conseguenti” a carico di
G.G. e F.F..

CONSIDERATO IN DIRITTO

1. Il ricorso deve essere rigettato per le ragioni appresso specificate.

2. Occorre evidenziare che il ricorso avverso i provvedimenti cautelari reali è consentito ex art.
325, comma 1, cod. proc. pen. solo per “violazione di legge” .
Infatti, in tema di riesame delle misure cautelari reali, nella nozione di “violazione di legge” per
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cui soltanto può essere proposto ricorso per cassazioneMorma dell’art. 325, comma 1, cod.
proc. pen., rientrano la mancanza assoluta di motivazione o la presenza di motivazione
meramente apparente, in quanto correlate all’inosservanza di precise norme processuali, ma
non l’illogicità manifesta, la quale può denunciarsi nel giudizio di legittimità soltanto tramite lo
specifico e autonomo motivo di ricorso di cui alla lett. e) dell’art. 606 stesso codice (Cass. Sez.
un., sent. n. 5876 del 28/01/2004, dep. 13/02/2004, Rv. 226710). Al riguardo, la Corte di
legittimità ha, infatti, precisato che può dirsi ormai pacifico l’indirizzo giurisprudenziale che,
con riguardo a tutti i casi nei quali il ricorso per Cassazione è limitato alla sola “violazione di
legge”, esclude la sindacabilità dell’illogicità manifesta della motivazione, ai sensi dell’art.
606.1 lett. e) c.p.p., siccome vizio non riconducibile alla tipologia della violazione di legge. Si
ritiene infatti che, in queste ipotesi, il controllo di legittimità non si estenda all’adeguatezza
delle linee argonnentative ed alla congruenza logica del discorso giustificativo della decisione,
potendosi esclusivamente denunciare con il ricorso il caso di motivazione inesistente o
meramente apparente (cfr. anche Cass., Sez. Un., 28/5/2003 n. 12): quando essa manchi
assolutamente o sia, altresì, del tutto priva dei requisiti minimi di coerenza e completezza, al
punto da risultare inidonea a rendere comprensibile l’iter logico seguito dal giudice di merito,
ovvero le linee argomentative del provvedimento siano talmente scoordinate da rendere oscure
le ragioni che hanno giustificato il provvedimento.
2.1. Va anche rilevato che in tema di sequestro preventivo, non è necessario valutare la
4

Rimini e non già il Giudice per le indagini preliminari;

sussistenza dei gravi indizi di colpevolezza a carico della persona nei cui confronti è operato il
sequestro, essendo sufficiente che sussista il “fumus commissi delicti”, vale a dire la astratta
sussumibilità in una determinata ipotesi di reato del fatto contestato (Sez. 2, n. 5656 del
28/01/2014 – dep. 05/02/2014, P.M. in proc. Zagarrio, Rv. 25827901).

3. Ciò premesso ritiene il Collegio che il Tribunale ha correttamente motivato in ordine alla
insussistenza della violazione del divieto del “ne bis in idem” con riferimento all’ intera

Va evidenziato che la giurisprudenza di legittimità ha costantemente affermato, che “ai fini
della preclusione connessa al principio ne bis in idem, l’ identità del fatto sussiste quando vi sia
corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi
elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo,
di luogo e di persona” (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005 – dep. 28/09/2005, P.G. in proc.
Donati ed altro, Rv. 23179901); per medesimo fatto deve peraltro intendersi l’ identità degli
elementi costitutivi del reato e cioè condotta, evento e nesso di causalità, considerati non solo
nella loro dimensione storico-naturalistica, ma anche in quella giuridica, potendo una
medesima condotta violare contemporaneamente diverse disposizioni di legge (Sez. 1, n.
19787 del 21/04/2006 – dep. 09/06/2006, Marchesini, Rv. 23417601).
Orbene il Tribunale del riesame ha affermato che l’ eccezione di improcedibilità per asserita
ricorrenza del ne bis in idem doveva essere accolta “limitatamente agli importi corrispondenti
alle imposte evase (IVA indebitamente detratta ed imposte dirette) mediante l’ indicazione
nelle apposite dichiarazioni della fattura n. 39 del 31.12.2001 emessa dalla Lugo Montaggi di
Ragusa Calogera Angela”, precisando che era sufficiente “gettare un rapido sguardo al capo di
incolpazione sub A) del procedimento 718/2016 per rendersi conto che fra le fatture indicate
dal A.A. nella dichiarazione relativa all’ anno di imposta 2011 figura sì anche la fattura n. 39
del 31.12.2011 dell’importo di euro 2.200,00 ma non soltanto quella”.
Tale motivazione non può ritenersi né del tutto carente nè meramente apparqinte in quanto è
stato evidenziato che nell’ ambito del procedimento n. 4552/2014 il A.A. era stato rinviato a
giudizio relativamente ad “altra” fattura emesse dalla ditta Lugo Montaggi, sicchè l’ ulteriore
eccezione doveva essere respinta.

4. Anche il secondo motivo non coglie nel segno in quanto la questione prospettata attiene a
profili di tipo esecutivo laddove il Tribunale, rispetto alle operazioni contestate, ha escluso l’
ammontare di una fattura indicata nel suo esatto ammontare con la conseguenza che, rispetto
alle residue contestazioni, il

quantum

oggetto del disposto sequestro appare di facile

individuazione.

5. Non potendosi parlare di una motivazione totalmente carente ovvero contraria a principi di
diritto in quanto meramente apparente in proposito si appalesa del tutto privo di fondamento il
5

condotta contestata.

terzo motivo avendo il Tribunale adeguatamente motivato in punto di sussistenza del
periculum in mora, facendo riferimento alle complessive emergenze processuali idonee a
comprovare un disegno volto ad occultare un patrimonio accumulato illecitamente (v. f.2.)

6. Del tutto infondato è il quarto motivo relativo alla asserita incompetenza del Giudice per le
indagini preliminari per essere territorialmente competente il Tribunale di ordinario del
procedimento penale sopra indicato R.G. (R.G. 4552/2014) in ragione della sopra evidenziata

dinanzi al Tribunale ordinario di Rimini.

7. Va infine osservato che dal rigetto dei superiori motivi discende, automaticamente, il rigetto
dell’ ultimo motivo di impugnazione afferente i reati contestati a G.G e F.F..

8. Per le considerazioni esposte, dunque, i ricorsi devono essere rigettati con condanna dei
ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

P.Q.M.
rigetta i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali.

Così deciso in Roma, il 27 Giugno 2018

DEPOSITATO IN CANCELLERIA

diversità dei fatti contestati rispetto a quelli oggetto del richiamato procedimento pendente

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