Sentenza Sentenza Cassazione Penale n. 35653 del 17/07/2013


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Penale Sent. Sez. 1 Num. 35653 Anno 2013
Presidente: BARDOVAGNI PAOLO
Relatore: CAVALLO ALDO

SENTENZA

sul ricorso proposto da:
PROCURATORE GENERALE PRESSO CORTE D’APPELLO DI
NAPOLI
nei confronti di:
SALVATI GUGLIELMO N. IL 22/10/1961
avverso l’ordinanza n. 2684/2009 CORTE APPELLO di NAPOLI, del
15/02/2012
sentita la relazione fatta dal Consigliere Dott. ALDO CAVALLO;
letteAseAgite le conclusioni del PG Dott. etu.”4.12, \[2f,
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Uditi difensor Avv.;

Data Udienza: 17/07/2013

Ritenuto in fatto

– che la Corte di Appello di Napoli, pronunciando in funzione di giudice
dell’esecuzione e per quanto ancora rileva nel presente giudizio di legittimità, con
l’ordinanza indicata in epigrafe, ha accolto l’istanza proposta nell’interesse di
Salvati Guglielmo diretta ad ottenere la rideterminazione, ai sensi dell’art. 671
cod. proc. pen. e per effetto della continuazione, della pena allo stesso inflitta in
relazione ai reati oggetto di plurime sentenze di condanna divenute definitive nei

– che avverso l’indicato provvedimento ha proposto ricorso per cassazione il
Procuratore Generale della Repubblica presso la Corte di Appello di Napoli,
deducendone l’illegittimità per vizio di motivazione (contraddittorietà e manifesta
illogicità), nella parte in cui il giudice dell’esecuzione ha ravvisato l’esistenza del
vincolo della continuazione anche tra il reato associativo di cui all’art. 416 bis
cod. pen. (giudicato con sentenza del 6 giugno 2006, divenuta irrevocabile il 7
novembre 2007) e delitti di spaccio di sostanze stupefacenti per i quali pure il
Salvati ha subito condanne irrevocabili, in quanto detto giudice, mentre, per un
verso, ha affermato di condividere il parere contrario espresso dal Pubblico
ministero sul punto, ha ciò non di meno accolto l’istanza, a ragione del rilievo
che il beneficio risultava essere stato già concesso ai coimputati del Salvati nel
medesimo procedimento, sicché l’esclusione dell’esistenza del vincolo della
continuazione nei confronti di quest’ultimo «finirebbe col diventare una
sostanziale disparità di trattamento rispetto a coloro che del beneficio si sono
avvantaggiati», obiettando che la richiesta di applicazione della disciplina del
reato continuato non può essere accolta solo per evitare disparità di trattamento,
«non potendosi perpetuare eventuali errori commessi da altri giudici»;

– che il condannato, resiste all’impugnazione del Pubblico ministero, chiedendo,
attraverso memoria depositata dal proprio difensore il 2 luglio 2013, che ne
venga dichiarata l’inammissibilità o comunque l’infondatezza, posto che il giudice
dell’esecuzione ha in realtà dichiarato di condividere alcuni principi di diritto
evocati dal PM nel suo parere circa la non automaticità del riconoscimento della
continuazione tra reato associativo e reati fine, ma non già l’applicabilità degli
stessi al caso di specie;

Considerato in diritto

– che l’impugnazione è fondata e merita quindi accoglimento;

mA

suoi confronti ivi compiutamente indicate;

- che fermo restando il principio ormai consolidato nella giurisprudenza di questa
Corte regolatrice, secondo cui il problema della configurabilità della
continuazione tra reato associativo e reato-fine non va impostato in termini di
compatibilità strutturale, in quanto nulla si oppone

“in rerum natura” alla

circostanza per cui, sin dall’inizio, nel programma criminoso dell’associazione, si
concepiscano uno o più reati-fine individuati nelle loro linee essenziali, così che
tra questi reati e quello associativo si possa ravvisare una identità di disegno
criminoso, trattandosi in effetti di una “quaestio facti” la cui soluzione è rimessa

02/04/1997 – dep. 14/05/1997, Giampà, Rv. 208916), il Collegio deve rilevare,
però, che l’unico argomento addotto dal giudice di merito per illustrare le ragioni
dell’accoglimento dell’istanza ex art. 671 cod. proc. pen. – il rilievo «che il
beneficio risulta essere stato già concesso ai coimputati del Salvati nel medesimo
procedimento, di talché escludere l’attuale ricorrente finirebbe col diventare una
sostanziale disparità di trattamento rispetto a coloro che di tale beneficio si sono
avvantaggiati» – si rivela del tutto incongruo ed eccentrico rispetto all’indagine
demandata al giudice dell’esecuzione, che imponeva di accertare se tra reati fine
e quello associativo si potesse ravvisare una identità di disegno criminoso, e non
già di uniformarsi pedissequamente a quanto deciso in altro caso più o meno
analogo, senza neppure specificare gli elementi concreti da cui desumere
l’effettiva sussistenza di un unico programma criminoso, relativamente alle
condotte per le quali il Salvati ha subito condanne;

– che in presenza di tale rilevante incongruità motivazionale, s’impone allora
l’annullamento dell’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo esame dell’istanza
alla Corte di Appello di Napoli;

P.Q.M.

annulla l’ordinanza impugnata e rinvia per nuovo esame alla Corte di Appello di
Napoli.
Così deciso in Roma, il 17 luglio 2013.

volta a volta all’apprezzamento del giudice (in termini, Sez. 6, n. 1474 del

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